il dramma della famiglia “storta”
(Mariapia Veladiano La vita accanto)

5 febbraio 2011
Tempo di lettura: 4 minuti

Mariapia Veladiano è un’esordiente, il che oggi, grazie a una nuova moda che ha contagiato le maggiori case editrici, equivale a essere il nome di punta tra gli scrittori dell’anno. In genere l’esordiente “da spingere” è una ragazza giovane e carina, col che ovviamente non intendo dare pregiudizi di merito sul talento, ma un po’ di fastidio nei confronti degli uffici stampa che chiamano chiedendo di intervistare l’esoerdiente perché “è molto carina” è difficile da nascondere. È un sollievo quindi che Mariapia Veladiano abbia 50 anni: laurea in filosofia e in teologia, insegna lettere in un liceo di Vicenza e lo scorso aprile il suo manoscritto inedito ha vinto il Premio Calvino, diventando poi il romanzo di punta della collana Stile Libero. La vita accanto (€ 16,00) per chi ha leggiucchiato qualcosa sui giornali  è un romanzo che parla di una bambina molto brutta. Così lo hanno sintetizzato tutti, e mi lascia sempre attonita la banalità “pelosa” di certe sintesi, fatte ad hoc per attirare l’attenzione. Questo romanzo ha sì per protagonista una bambina molto brutta – anche un po’ troppo, accidenti, non si riesce nemmeno a figurarsela! – ma parla soprattutto di famiglie storte e contorte, di drammi consumati dietro le tende delle finestre e che da quelle finestre filtrano, non capiti, all’esterno, dove la gente di provincia crudele e affamata di perversioni altrui li distorce rendendoli persino più mostruosi di quanto non siano. Secondo me La vita accanto è il dramma del pettegolezzo malevolo, della pagliuzza nell’occhio altrui per ignorare la trave nel proprio, ed è il dramma della famiglia dove volersi bene non significa sapersi aiutare. Un romanzo molto femminile, non nel senso che a un lettore maschio non debba interessare, ma perché lungo le pagine corre uno sguardo capace di cogliere le donne nelle loro infinite sfaccettature mentre si percepisce una vena di incredulità disarmata verso gli uomini, spesso deboli, poco incisivi, molto capaci nei loro ruoli sociali e pochissimo nell’intimità delle relazioni più delicate.
Per chi volesse la trama: Rebecca, figlia di un medico, nasce bruttissima. La madre la rifiuta – e siamo indotti a credere sia a causa del ripugnante aspetto della bambina – e consuma i suoi giorni chiusa in una stanza e in se stessa, mentre nella casa si aggira la zia Erminia, sorella gemella del marito, sensuale e turbinosa, innamoratissima del fratello e della musica: è lei che sembra salvare Rebecca da una vita di reclusione insegnandole a suonare il pianoforte. In realtà Erminia nasconde una sua personale perversione, e solo Maddalena, la governante dal passato tragico, e Lucilla, la grassa e vitalissima compagna di scuola, sanno amare veramente Rebecca. Solo loro la amano, e la vecchia signora De Lellis, ex pianista e madre dell’insegnante di pianoforte di Rebecca, che compare sulla scena simile a un narratore interno al romanzo: è lei, nelle ultime pagine, a spiegare il dolore della madre di Rebecca, ed è lei a fornire un piccolo colpo di scena in virtù del quale il lettore chiude il libro con discreta disperazione sullo stato di “normalità” della famiglia. Ma il romanzo si fa leggere con piacere, e salvo qualche ingenuità nella prosa e una poco credibile insistenza sulla bruttezza della protagonista (tema interessante ma non veramente sviscerato, eccetto qualche elenco di cose che una bambina brutta non si aspetta dalla vita) è costellato di discrete osservazioni sulla natura umana e di un certo ottimismo verso la vita, che «non è un oggetto prezioso da custodire nel corso degli anni. Spesso ci arriva tra le mani già sbrecciata e non sempre ci vengono forniti i pezzi con cui ripararla. Qualche volta bisogna tenersela rotta. Qualche volta invece si può costruire insieme quello che manca. Ma la vita sta davanti, dietro, sopra e dentro di noi. C’è anche se ti scansi e chiudi gli occhi e stringi i pugni» (pag. 127).
Mariapia Veladiano ha altri romanzi nel cassetto, la aspettiamo alla prossima prova.

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(Mariapia Veladiano La vita accanto)”


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