la “storia d’amore” di una bimba e un pedofilo
(Margaux Fragoso Tigre, tigre )

21 marzo 2011
Tempo di lettura: 7 minuti

Leggendo Tigre, tigre, il romanzo/testimonianza in cui Margaux Fragoso racconta la propria storia di vittima di un pedofilo (Mondadori, 2011, traduzione di Valeria Galassi, € 20,00), riflettevo sull’opportunità di trattare il tema. Sono sempre dubbiosa sul parlare di pedofilia, mi chiedo se farlo in termini cronachistici non rischi di scatenare un effetto sdoganamento, se non addirittura emulazione. Immagino che chi prova pulsioni pedofile possa sentirsi confortato, legittimato, persino incoraggiato a considerarsi non un criminale, quale è, ma una persona di gusti particolari, un uomo con una particolare inclinazione. D’altra parte credo fermamente che chiunque abbia subito come vittima i gesti di un pedofilo, in qualunque forma e grado, abbia il dovere di raccontare. Perché la pedofilia, il più odioso dei crimini contro l’umanità, possiede specifiche ambigue, passibili di interpretazioni capziose, e dal potere radioattivo. Uso questo aggettivo peché è il solo in grado di restituire il senso di un influsso velenoso e patogeno che non decade se non in tempi lunghissimi, anzi si propaga di generazione in generazione come una deformazione genetica. Ma deformazione genetica non è; e smette di essere onda radioattiva nel momento in cui il crimine è svelato, la vittima accettata come vittima, il colpevole condannato come colpevole, senza ambiguità.
Margaux Fragoso oggi ha 34 anni, è cresciuta a Union City, New Jersey, madre psichicamente instabile, padre portoricano incline all’alcolismo e incapace di sostenere quella situzione familiare non facile. Margaux ha sette anni quando incontra Peter Curran, un uomo di 44 più vecchio di lei. Da quel momento comincia la sua “storia d’amore” con lui: se pur tra virgolette, non esito a definirla tale perché tra il pedofilo e la vittima il più delle volte è di questo che si tratta: una storia d’amore. Illecita, certo, perché illecito è connotare sensualmente e sessualmente il rapporto con un bambino, emotivamente immaturo per affrontare questo tipo di relazione. Tuttavia bisogna sapere che il pedofilo è capace di «conferire al mondo del bambino una specie di estasi. E quando è finita, per chi ci è passato è come smettere di farsi di eroina: per anni non può fare a meno di inseguire il fantasma di quelle sensazioni», scrive Margaux. Ma l’eroina non dà piacere: l’eroina placa il dolore, è una droga che si prende per smettere temporaneamente di soffrire. Per questo, nel caso del rapporto con il pedofilo, offre una metafora particolarmente calzante: sono i bambini infelici, soli, male amati, trascurati, non capiti, rifiutati, maltrattati, sono i bambini insicuri di sé e dell’amore degli adulti quelli che diventano vittime dei pedofili. Nessun bambino bene amato e circondato da adulti che lo fanno sentire accolto e protetto finirà facilmente preda di un pedofilo.
Margaux racconta coraggiosamente e con i dettagli necessari la propria storia, e il libro non è morboso – benché leggerlo, specie per chi conosce il crimine sulla propria pelle, sia doloroso – ma prezioso perché riesce a far emergere in modo paradigmatico tutte le speciosità di questo crimine; è giusto snocciolarle come un rosario dell’orrore che raramente si ha il coraggio di guardare a occhi aperti.
1) La vittima è “consenziente”. Dal momento in cui incontra Peter e inizia a frequentare la sua casa speciale, piena di strani animali e di bambini che Peter e la moglie prendono in affido, Margaux non riesce a desiderare altro che la sua compagnia. Tanto che quando il padre intuisce qualcosa di morboso nell’uomo divenuto amico di sua figlia e le impedisce di frequentarlo, lei cade in uno stato depressivo e rabbioso, smette di mangiare e di fare i compiti finché non ottiene di tornare a frequentare Peter.
2) La vittima si sente oggetto di un amore speciale, assoluto, unico. Ama il suo aguzzino, è gelosissima di lui. Margaux sogna che Peter prima o poi possa sposarla, come lui stesso ama dirle. Né sua madre né suo padre riescono a dare a Margaux la sensazione di essere amata e scaldata come sa fare Peter. Margaux è gelosa della moglie di Peter, ed è ossessionata da Karen, una bimba come lei di cui Peter tiene una foto sul comodino.
3) La vittima trae da questo rapporto “speciale” una percezione ambigua di sé. Da un lato il pedofilo fa sentire il bambino assolutamente speciale, dall’altro, poiché lo usa come oggetto sessuale, gli trasmette la consapevolezza di non avere alcun valore se non in quella funzione di oggetto. Questa ambivalenza – sentirsi speciale e sapersi oggetto – si radica nella psiche del bambino e germoglia sotto forma di disistima, odio di sé, autolesionismo, inclinazione perpetua a concederai, a vendersi. Non perché si ami vendersi, ma perché si è deformati a farlo come unica possibilità per ottenere amore.
4) La vittima cresce con un distorto senso di sé e delle relazioni al punto che può non accorgersi se attorno a lei o addirittura sulle persone che ama di più, come i figli, si ripetono gli abusi che ha subito. Dove c’è una vittima di pedofilia basta risalire le generazioni per trovare tracce dello stesso crimine con certezza tragicamente matematica. La madre di Margaux da piccola subì uno stupro che la famiglia la costrinse a “dimenticare”, condannandola a non rielaborare le sofferenza. Peter da piccolo era stato sodomizzato e picchiato. Margaux trascrive sul diario di scuola questi versi di Lord Byron: «La vendetta è come il balzo della tigre / letale, fulminea e devastante; eppure è altrettanto reale / la loro tortura, ciò che infliggono hanno nel cuore» (pag. 327).
5) Il pedofilo è “simpatico”. «Dopo la morte di Peter intervistai l’agente di custodia di un carcere […] Le chiesi se avesse conosciuto qualche pedofilo, nel suo lavor. “Certo. Sono i detenuti più simpatici, gentili, non causano mai problemi”» (pag. 11). Spesso il pedofilo è l’insospettabile uomo pieno di fascino. «I pedofili sono maestri dell’inganno perché abilissimi a ingannare prima di tutto se stessi, convincendosi che i loro comportamenti non nuocciono a nessuno» (pag. 361).
6) La vittima spesso ricorre alla fantasia per poter tollerare gli aspetti osceni della relazione con il pedofilo: Margaux si era inventata Nina, una ragazzina sensuale e procace che è felice di soddisfare le voglie di Peter. È una forma di difesa che però, a lungo andare, si trasforma in dolorosa scissione. Quello che il pedofilo fa, in ultima analisi, è scollare il bambino dalla sua stessa anima.
7) Il pedofilo ha il terrore dei rapporti sessuali con adulti, e poiché ogni bambino cresce, va in cerca di una nuova vittima. Prima di arrendersi, però, cerca di impedire che il piccolo amato cresca. Peter costringeva Margaux a rasarsi i primi peli sul pube.
8 ) La vittima cade solo parzialmente nell’inganno di essere oggetto di un amore supremo e speciale; capisce ben presto di essere lei a dare, ma di ricevere ben poco in cambio. Per questo spesso chiede compensi alternativi, per Margaux erano un gelato, due giri in moto, mangiare hot dog, andare sulle montagne russe. Questo meccanismo tende a riprodursi nella vita adulta, quando l’ex bambino abusato finisce per comportarsi nel solo modo che ha appreso: si concede in cambio di amore e non ricevendolo chiede altri compensi, a volte anche denaro. (Tra le intercettazioni sui festini di Arcore mi aveva colpito quella in cui una ragazza diceva Se non ci paga gli rubiamo i soprammobili. So che il sentimento dei più, nei confronti di queste ragazze, è di accusa. Io credo invece che siano vittime, che siano state vittime e si comportino come le vittime, una volta cresciute).
9) La vittima, il giorno che dovesse portare davanti a un giudice il “suo” pedofilo, troverà sempre qualcuno pronto a dire Ma tu eri consenziente. E non potrà dire di no, ma dovrà dirlo: perché no, non era consenziente. Nemmeno Margaux, che pure credeva di non poter vivere senza Peter. Semplicemente non aveva alternativa. O non sapeva di averla.
10) È possibile che la vittima, alla fine di tutto, non provi nemmeno odio per il “suo” pedofilo. Ma è fondamentale che riesca a raccontare. «Sono stati i segreti a permettere al mondo di Peter di prosperare. Silenzio e negazione sono le forze su cui contano tutti i pedofili, in modo che le loro vere motivazioni rimangano nascote. Passare in rassegna le vecchie carte e riflettere con attenzione sulle mie esperienze ha messo a nudo i molti modi in cui Peter manipolava me e la mia famiglia» (pag. 360). Aggiunge Margaux nel prologo: «Le cellule umane si rigenerano ogni sette anni, dopo ognuno di questi cicli emerge una persona nuova dal vecchio agglomerato di atomi» (pag. 11). Abbiamo più vite da vivere, nel corso della nostra. Possiamo superare molti dolori.

Il legame fra Margaux e Peter è durato da quando lei ne aveva 7 fino ai 22. Peter ne aveva 44 più di lei. A 66 anni, malato, si è suicidato buttandosi in un precipizio. Oggi Margaux è sposata e ha una bambina.
Forse questa non è una normale recensione, ma Tigre, Tigre non è un normale libro. È qualcosa per cui all’autrice dobbiamo dire grazie.

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