Storia di una dislessia – cap. 4
LA MALEDIZIONE DEI NOMI PROPRI
di Francesca Magni
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«Oggi volevo parlare a Zoe di un poeta e non mi veniva il nome…», ci racconta una sera Filippo, «e le ho detto il poeta Tigri… Lei ha risposto “Tigri? Non lo conosco”… e io ho detto “ma sì, quello del buio oltre la siepe…”, allora lei ha capito: “ah, Leopardi!”»… Il poeta Tigri viene dallo stesso paese di Goffredo, che era di Bosone, di Badone, di Bogliolo ma mai di Buglione e della sua contemporanea Matilde di Canossa, che in prima media, in una celebre verifica di storia, si era trasformata, senza parvenze di assonanza, in Marta di Trieste.
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Abbiamo riso (e pianto), poi abbiamo letto Diario di scuola di Daniel Pennac, dislessico grave con un passato da somaro impenitente. Detestava le maiuscole. «Mi sembrava che si ergessero tra i nomi propri e me per impedirmene la frequentazione» scrive. «Qualsiasi parola su cui era impressa una maiuscola era destinata all’oblio istantaneo: città, fiumi, battaglie, eroi, trattati, poeti, galassie, teoremi espulsi dalla memoria causa maiuscola paralizzante. […] le parole in inglese erano altrettanto volatili dei nomi propri».
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I nomi sono etichette, studiare significa in larga misura mandarle a memoria. L’incubo è servito. Per molti dislessici questo è uno dei punti dolenti; lo è per Filippo. Prendi la geometria, cerchio, circonferenza, sa perfettamente cosa sono, come si calcolano, ma scambia i nomi, “sono quasi uguali” mi dice, e allora lì a disegnare e a scrivere con colori diversi, foglietti-stampella per infilare nel cervello i nomi astrusi delle cose astratte. Sperando che attecchiscano. Ma ci vuole tempo. Ecco, un altro punto dolente. Impara velocissimo concetti complessi, e impiega tempi interminabili per un solo, stupidissimo nome!
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Ma anche il tempo sembra essergli diverso, ‘dilatato’; minuti, ore, giorni, mesi, tutto nella sua testa si mescola in un flusso indistinto, ad aprile esulta con i compagni perché la scuola sta per finire e loro lo guardano perplessi, alle 16 chiama per dire che il suo amico non è ancora passato a prenderlo per scherma; viene alle sei, gli spiego e forse ha afferrato, ma forse no. E non mi capacito di come possa interessarsi a concetti come le onde gravitazionali o spiegarmi come ruotano la terra e la luna ma non sapersi presentare a un appuntamento fra un quarto d’ora. Poi leggo che più del 50% degli impiegati della Nasa sono dislessici, e torno a sorridere…
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E qui tutti i capitoli della storia:
Storia di una dislessia – cap. 1 EPIFANIA
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Storia di una dislessia – cap. 2 CREDEVO DI ESSERE SCEMO
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Storia di una dislessia – cap. 3 È QUALCOSA
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Storia di una dislessia – cap. 4 LA MALEDIZIONE DEI NOMI PROPRI
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Storia di una dislessia – cap. 5 SIAMO TUTTI DISLESSICI?
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Storia di una dislessia – cap. 6 COSA PROVA UN DISLESSICO A SCUOLA
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Storia di una dislessia – cap. 7 LA CERTIFICAZIONE: OGGI È UN MALE NECESSARIO
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Storia di una dislessia – cap. 8 GRAMMATICA DRAMMATICA
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