Odore di neve ghiacciata e pietra focaia…
(Paolo Cognetti Le otto montagne)

19 dicembre 2016

Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi

Paolo Cognetti Le otto montagne (Einaudi €18,50, pp. 208).
Pietro è nato a Milano da genitori montanari che d’estate curano la nostalgia delle origini in un paesino sotto il Monte Rosa; lì Pietro diventa amico di Bruno, montanaro per nascita e per destino. È la storia di due amici e una montagna, ha detto Paolo Cognetti. Indubitabile. Poi, a leggerlo, esce molto di più.  
L’amicizia è al maschile ed è un triangolo: Pietro, Bruno e il padre di Pietro; c’è anche il rapporto padre-figlio, quello biologico e quello d’elezione. Ma soprattutto ci sono i non detti che contraddistinguono i legami al maschili. Si parla poco, al più si cammina, ci si arrampica, si fa qualcosa insieme. Finché i sogni spezzati (o che il destino ha sapientemente lasciato a metà, perché trovassero un compimento diverso), si ricostruiscono sotto forma di una casa: Bruno, che è diventato muratore, la costruisce con Pietro per esaudire il sogno del padre di quest’ultimo, che ha fatto un po’ da padre anche a lui. Scalare e costruire diventano, senza banalità, emblema di ogni cammino esistenziale. È un romanzo di formazione, in cui si ha la lucidità di distinguere fra desideri e necessità, fra capacità e talenti: «È una cosa che sono capace di fare, ma non è quella per cui sono nato», dice Bruno a proposito del proprie mestiere di muratore.
Le parole che Cognetti usa sono poche e precise, come quelle dei suoi personaggi. Parlano le azioni, le scelte, gli omissis. Parla la montagna. E parla la madre di Pietro, custode delle memorie di famiglia: è lei la sola a saper usare le parole, mentre gli uomini usano le gambe per scalare, le mani per arrampicarsi, il silenzio per starsi vicini.
Ho amato, in questo romanzo, il saper restituire verità senza stereotipi, l’inoltrarsi in un genere di amicizia di cui si parla poco, quella al maschile. E la presenza di un che di ‘sensoriale’: mentre leggi ti senti addosso l’aria frizzante, la vertigine delle vette e «odore di neve ghiacciata e pietra focaia».


scritto da: Francesca Magni

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