l’abbandonologa e l’arte di non darla vinta al tempo (Carmen Pellegrino Cade la terra)
Carmen Pellegrino Cade la terra (Giunti, 2015, €14, pp. 220).
C’è un paese abbandonato nel Cilento o giù di lì, uno dei tanti che vedi aggrappati alle montagne quando attraversi l’Italia – Fresa Grandinara, mi viene in mente, fra l’Abruzzo e il Molise (che forse abbandonato non è ma lo immagino così), e ognuno di noi potrebbe dire un nome diverso, visto e rivisto in corsa dall’autostrada. E in questo paese Estella, l’ultima caparbia abitante, ha scelto di restare.
Sola fra i muri cadenti, dove ogni cosa si immagina arrugginita e lisa, racconta dei compaesani di un tempo, ricostruendo un puzzle dell’Italia nella prima metà del ’900, con figure semplici ma indimenticabili, donne sul cammino acerbo verso l’emancipazione, uomini crudeli o utopisti, gente come quella che popolava le chiacchiere dei nostri nonni. Il romanzo procede come una raccolta di racconti, tutti nelle mani di Estella che li custodisce come chi presta le proprie lacrime alle tombe, anche a quelle che non conosce.
Ho spesso pensato, da bambina, quando seguivo la nonna al cimitero, che qualcuno avrebbe dovuto occuparsi in qualche modo di quelle vite andate, ci sarebbe voluta una voce a ricostruirne i passi, benché semplici o forse insignificanti, una voce di altoparlante che onorasse l’umanità raccontando vite che sono la maggioranza.
Estella è un personaggio meraviglioso perché, senza traccia di retorica, ha capito che amare i luoghi abbandonati e chi li ha vissuti è un modo per non darla vinta al tempo. Amare per ripopolare, per “ripopolarci del nostro passato”. È ciò che fa anche Carmen Pellegrino, ‘abbandonologa’ per vocazione: da mesi colleziona storie di paesi e case in rovina, segue funerali di sconosciuti per raccogliere ceneri di esistenze, e li racconta su Facebook con la stessa dolcezza struggente con cui ha scritto Cade la terra, che è il suo romanzo d’esordio.
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Scritto da: Francesca Magni
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Tags: abbandonologa, Cade la terra, Carmen Pellegrino, Giunti
In tutta sincerità, non leggo molti libri di autori italiani (un po’ per sfiducia verso “grandi nomi” che mi hanno delusa, un po’ perché non saprei davvero cosa scegliere), ma leggendo la tua recensione, mi hai fatto venire voglia di cambiare questa mia brutta abitudine!
Non ho letto il libro, ma chiunque (come me) condivide lo spirito ‘abbandonologico’ dell’autrice (e della recensione), non può perdersi il racconto di Danilo Kiš, Enciclopedia dei Morti (Adelphi 1988). Raramente in vita mia ho letto qualcosa di così commovente.
Sono contenta di aver convinto The Books Blender, di cui aspetto commenti! E grazie a Paolo, per il suggerimento che subito raccolgo (già ordinato il libro!)