Jordi Punti Valigie smarrite
Scritto da: Susy
Jordi Punti Valigie smarrite (Mondadori , 2012, pagg 442 € 18,50). La prima cosa che mi ha incuriosita prima di sfogliare questo libro è stata la copertina. Ci sono delle foto in bianco e nero di un tizio: probabilmente una sequenza di fototessere scattate chissà dove. In una stazione? Un aeroporto? Sarebbe plausibile visto che il titolo del romanzo è, appunto, “Valigie smarrite”.
Se poi sfogliate le prime pagine del libro, scoprirete che la casa editrice ha cercato con ogni mezzo il proprietario dei diritti di immagine di quelle foto, senza successo. Ergo non sappiamo chi sia il signore fotografato con quell’improbabile taglio di capelli, il sorriso buffo, poi serio, la cravatta, la giacca.
Tutto questo potrebbe sembrare un indizio circa il contenuto del romanzo!
“Crediamo di conoscere le persone che abbiamo vicino e di poter prevedere le loro emozioni, ma è solo un miraggio. La vita interiore di una persona è il segreto più impenetrabile del mondo, una camera blindata. […] Nonostante si possa vivere solo in avanti, l’esistenza, qualsiasi esistenza, acquista senso soltanto quando guardi indietro e provi a capirla nel suo complesso.”
I personaggi principali di questo romanzo sono 4 fratelli, anzi quattro fratellastri, con un unico padre “itinerante” e 4 madri diverse sparse in giro per l’Europa: Francia, Germania, Spagna ed Inghilterra. Ognuno di loro ignora l’esistenza degli altri.
Christof, Christophe, Christopher e Cristofol, questi i loro nomi, o meglio, 4 declinazioni dello stesso nome. Si tratta di una mancanza di fantasia? O questa scelta a dir poco singolare nasconde un significato profondo?
E’ la stessa domanda che anima questi quattro fratelli dal momento in cui vengono informati della morte presunta del loro padre e, nel contempo, ognuno di loro viene a conoscenza dell’esistenza degli altri.
I “quattro Cristofori” così hanno battezzato il loro singolare “team”, si incontrano per la prima volta, si conoscono, si osservano, cercano somiglianze tra di loro, uniscono ricordi del loro padre, piccole tessere di un grande mosaico che cercano con costanza e pazienza di ricomporre nel tentativo di conoscere quell’uomo sfuggente, indipendente, girovago, senza radici, che ha abbandonato i suoi figli e le loro madri.
Un uomo che per gran parte della sua vita ha vissuto in una pensione, un soggiorno di per sé temporaneo, oppure nella cabina del camion della ditta di traslochi per cui lavorava.
Gabriel Delacruz, abbandonato alla nascita, nudo, senza alcun lascito se non il suo nome; cresciuto in un orfanotrofio con l’amico inseparabile Bundò.
“I Cristofori” si metteranno sulle tracce del padre, cercando di apprendere qualcosa di lui ricostruendo la sua vita attraverso i racconti delle loro madri, delle persone che Gabriel ha incontrato , e soprattutto attraverso gli oggetti lasciati nel suo percorso. Ogni oggetto ha una storia e per loro rappresenta un pezzo della biografia del padre del quale hanno solo istantanee sbiadite conservate nei loro ricordi di bambini.
Il titolo “Valigie smarrite” nasconde un significato che verrà svelato nel corso del romanzo e che costituisce un po’ il filo conduttore di tutta la storia.
Il libro è interessante, attraversa diversi periodi storici in diverse parti d’Europa, racconta la storia di un uomo attraverso il suo passato, gli oggetti, i luoghi in cui ha vissuto, le persone che ha incontrato.
L’unica critica che mi sento di muovere alla storia è la scarsa analisi dei sentimenti dei 4 Cristofori. Li ho trovati forse troppo benevoli nei confonti di un padre che ha abbandonato loro e le loro madri, che non si è curato di loro e che ad un tratto è scomparso senza lasciare evidenti tracce.
Sembra che l’unico sentimento che li anima sia la curiosità di conoscere questo uomo sfuggente, senza radici, senza apparenti legami affettivi fatta eccezione per l’amico di infanzia Bundò. Mi sarei aspettata da parte loro risentimento, rabbia, delusione, forse odio nei confronti di un uomo che dopo tutto si è deliberatamente disinteressato di loro. Invece questi 4 fratelli, 4 figli intraprendono essi stessi un viaggio nel passato, attraverso oggetti e persone, luoghi e città alla ricerca di un padre che per loro è un perfetto estraneo.
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In parte sono d’accordo con te, ma quello che ho notato io di questo libro è il modus scrivendi (e mi si perdoni questa specie di latino) dell’autore; è stato troppo prolisso nel descrivere i particolari, tanto che arrivata a metà m’era quasi venuta voglia di abbandonare tutto, ma ho coraggiosamente proseguito non fosse altro perchè ero curiosa di sapere che fine aveva fatto questo padre a suo modo anomalo. La storia in sè non è stata malvagia e i fratelli li ho trovati anch’io abbastanza benevoli nei confronti di Gabriel e compagni ma io li ho giustificati perchè ormai tutti avevano un età in cui i rancori dell’adolescenza erano ormai passati, ed inoltre tutti quanti fortunati nell’avere delle madri forti ed indipendenti che non hanno fatto pesare loro l’assenza del padre. E se non fosse successa la tragedia siamo sicure che Gabriel avrebbe continuato così? O non avrebbe trovato un modo per risolvere il tutto? Ma questo è stato e in fin dei conti la trama si è sviluppata bene anche così.