Giovanni Andreoli Il fuoco dentro

19 novembre 2012
Scritto da: Berta Corvi

Giovanni Andreoli, Il fuoco dentro (Lupetti, 2010, € 14,00, pp. 270). È un romanzo intensamente ardito, disinvolto e “osé”. Il perno centrale (dopo quello dell’affetto paterno) è l’amore carnale, incentrato sul sottile gioco di dominazioni e sfide mentali, in un confronto continuo sulla lama del rasoio.
L’autore l’ha scritto con una penna che scorreva morbidamente sulla carta, vergando parole di fuoco.
Federico, il protagonista, sempre spinto dal vento irrequieto del suo animo, ammalia, strega, incanta. Questo personaggio maliardo, in carne e ossa, esce dalle pagine e si impone prepotentemente all’attenzione del lettore, vibrante, forte e risoluto, combattivo e impavido, affascinante in tutta la sua prorompente contraddittorietà e nel suo invano tentativo di conquistare un equilibrio.
È impossibile non accostare il protagonista all’autore. Svela i suoi sogni più intimi, le sue ambizioni anche più nascoste, le speranze più segrete. Ma non solo, con lucidità e onestà, rievoca le sue paure, i suoi errori, le sue debolezze e le lezioni imparate a caro prezzo sulla propria pelle. Insomma, dipinge la sua vita in tutte le sue sfumature. In questa maniera, si mette a nudo raccontando pagine della sua esistenza che, forse, non ha mai condiviso con nessuno. È come se, sopraffatto dalle emozioni, avesse deciso di prendere carta e penna per scrivere un racconto in cui potessero trovare sfogo tutte le parole che gli affollavano la mente.
Quando descrive la sua prima giovinezza, i suoi amori, le sue passioni, i suoi genitori e, addirittura, la terra e l’ambiente che hanno plasmato profondamente i suoi anni adolescenziali, traspare lui. Dalla riproduzione minuziosa, reale e viva dello spaccato sociale abruzzese, compare ancora lui.
Per tornare al seducente Federico, il dono, indubitabilmente più prezioso, che la vita gli abbia regalato rimane il figlio. Gli permetterà di rendersi conto delle straordinarie implicazioni della paternità e lo spingerà ad una dura lotta, giocata all’ultimo sangue, in uno scontro sempre più ostinato.
Alfine, inizierà con lui il viaggio più importante, quello verso la felicità. Senza dimenticare l’unico bagaglio indispensabile per questo viaggio: ottimismo, coraggio e tanta voglia di libertà sconfiggendo così i diabolici tranelli di Marta.
Dapprima, l’autore dà di lei l’immagine di una donna di grande fascino e immensa avvenenza. Dipoi, la fa risultare  spietata e agguerrita, con la sua perfida malvagità, e, addirittura, squilibrata. Sembra affetta da una patologia che le ha ridotto consistentemente le capacità intellettuali e il controllo dell’emotività. Alla fine, appare sulla strada dell’alienazione e del non ritorno.
Facendo il punto e ripensando ai personaggi, tutti si sono macchiati di qualche colpa cadendo in una trappola o essendo traditi dalla propria sicumera, un peccato simile all’orgoglio, o rivelandosi meno puri di quel che sembravano ma si consegnano al lettore in tutta la loro fragile umanità, non tanto per farsi condannare o giudicare, quanto piuttosto per lasciarsi comprendere.

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