Primo Levi La tregua

5 ottobre 2012
Scritto da: Elisa

Primo Levi La tregua (Einaudi, 2005). “Dove avremmo attinto la forza per riprendere a vivere, per abbattere le barriere, le siepi che crescono spontanee, durante tutte le assenze, intorno ad ogni casa deserta, ad ogni covile vuoto? Presto, domani stesso, avremmo dovuto dare battaglia, contro nemici ancora ignoti, dentro e fuori di noi: con quali armi, con quali energie, con quale volontà? Ci sentivamo vecchi di secoli, oppressi da un anno di ricordi feroci, svuotati e inermi. I mesi or ora trascorsi, pur duri, di vagabondaggio ai margini delle civiltà, ci apparivano adesso come una tregua, una parentesi di illimitata disponibilità, un dono provvidenziale ma irripetibile del destino”. Ci si aspetterebbe un racconto di gioia, di ritrovata libertà, di voglia di tornare alle proprie case, di dimenticare. Ci si ritrova nei panni di chi non potrà mai più dimenticare, di chi vivrà tutta la vita con gli incubi di ciò che ha vissuto, di chi non si sveglierà mai più con lo stesso volto. Eccola la tregua, un limbo in cui ancora si può evitare di dire, di pensare, di ricordare, di guardare in faccia chi non ha provato e non sa.

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