“Pereira sostiene che quel pomeriggio il tempo cambiò”: in morte di Antonio Tabucchi

25 marzo 2012

Muore Antonio Tabucchi in un pomeriggio di primavera, a Lisbona, città che aveva adottato come casa, il Portogallo paese di cui amava ogni cosa, grande traduttore, insieme alla moglie, di Fernando Pessoa. Corro alla mia libreria, ci sono Notturno indiano, La testa perduta di Damasceno Monteiro e Sostiene Pereira, è questo, fra i suoi, il romanzo che come tanti ho amato di più. Prendo il Feltrinelli ingiallito, finito di stampare nel 1994, e quella curiosa magia che si produce all’apertura a caso di un libro mi fa cadere a pagina 22. Proprio lì racconta qualcosa che oggi, 25 marzo 2012, mentre Tabucchi se n’è andato per un cancro a 68 anni, suona come un curioso auto-necrologio. Lo saluto così, rileggendolo.

Pereira disse: ho letto il suo articolo sulla morte, mi è parso molto interessante. Ho fatto una tesi sulla morte, rispose Monteiro Rossi, ma lasci che le dica che non è tutta farina del mio sacco, quel pezzo che la rivista ha pubblicato l’ho copiato, glielo confesso […]. Pereira sostiene che ci pensò due volte a fare la domanda che si era preparato per tutta la sera, ma alla fine si decise […]: ma a lei, scusi, ecco, vorrei chiedere questo, a lei interessa la morte?
Monteiro Rossi fece un largo sorriso, e questo lo imbarazzò, sostiene Pereira. Ma che dice dottor Pereira, esclamò Monteiro Rossi a voce alta, a me interessa la vita. E poi continuò a voce più bassa: senta, dottor Pereira, di morte sono stufo, due anni fa è morta mia madre, che era portoghese e che faceva l’insegnante, è morta dall’oggi al domani per un aneurisma al cervello, parola complicata per dire che scoppia una vena, insomma, di un colpo, l’anno scorso è morto mio padre che era italiano e che lavorava come ingegnere navale nei bacini del porto di Lisbona, mi ha lasciato qualcosa, ma questo qualcosa è già finito, ho ancora una nonna che vive in Italia ma non la vedo da quando avevo dodici anni e non ho voglia di andare in Italia, mi pare che la situazione sia ancora peggio della nostra, di morte sono stufo, dottor Pereira, scusi se sono franco con lei, ma poi perché questa domanda?
Pereira bevve un sorso della sua limonata, si asciugò le labbra col dorso della mano e disse: semplicemente perché in un giornale bisogna fare gli elogi funebri degli scrittori o un necrologio ogni volta che muore uno scrittore importante, e il necrologio non si può fare da un momento all’altro, bisogna averlo già preparato, e io cerco qualcuno che scriva necrologi anticipati per i grandi scrittori della nostra epoca, immagini se domani morisse Mauriac, io come me la caverei?

Scritto da: Francesca Magni

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