vizi da lettore
(Carlos M. Domínguez La casa di carta)
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Carlos Maria Domínguez La casa di carta (Sellerio, 2011, traduzione di Maria Nicola, €10,00). «Nella primavera del 1998 Bluma Lennon comprò in una libreria di Soho una vecchia edizione delle poesie di Emily Dickinson e, arrivata alla seconda poesia, al primo incrocio, fu investita da un’automobile. I libri cambiano il destino delle persone»: potete smettere di leggere un libro che comincia così? Ovvio che no. Finirete per berlo in una sera, come è capitato a me, anche perché più che un romanzo è un racconto, e dei più originali. A narrare la storia è un docento argentino di ispanistica all’università di Cambridge che riceve un pacco destinato alla collega Bluma, deceduta appunto a causa di Emily Dickinson. Il pacco contiene una copia de La linea d’ombra di Joseph Conrad coperto di cemento e con una dedica della stessa Bluma a un uomo. Perché quelcemento? Il professore indaga e va fino in Uruguay a raccogliere la storia di tale Carlos Brauer, bibliofilo accanito, collezionista e proprietario di una biblioteca di 20mila libri che finiscono per diventare – letteralmente – la sua casa… Non vi dico come, perché vale la pena di leggerlo. Ma vi dico che qui si parla dell’amore per la lettura nella forma ossessiva che talora ci prende, e qui ognuno di noi bibliofili ha le sue storielle da raccontare; io ho il solaio di mia nonna dove mi nascondevo a leggere perché non era gradito che lo facessi con tanta dedizione: a un certo punto mi dicevano che lo facevo in modo compulsivo e l’aggettivo stava al confine tra il rimprovero d’un vizio e la diagnosi di una patologia. Certo è che i libri possono indurre forme di feticismo e di ossessione e quando, come Carlos Brauer, si pensa di poterli dominare dominando con essi il pensiero letterario e filosofico di cui sono frutto, allora sì che si può anche impazzire.
D’altra parte, però, i romanzi che abbiamo letto (o che abbiamo mangiato, perché ci nutrono al pari degli altri cibi) ricostruiscono la nostra storia interiore, pertanto non possono essere considerati oggetti come gli altri. «Spesso è più difficile disfarsi di un libro che procurarselo. I libri restano con noi in virtù di un patto di necessità e di oblio, come testimoni di un momento delle nostre vite al quale non ritorneremo. […] Preferiamo perdere un anello, un orologio, l’ombrello, anziché il libro che non rileggeremo, ma che serba, nella sonorità del titolo, un’antica e forse perduta emozioni. E succede che alla fine la biblioteca si impone per le sue dimensioni. La lasciamo esposta come un gran cervello aperto» (pag. 20)… Ecco, a pagina 20 ho piegato l’angolo per ritrovare la citazione. E poi a pagina 36 e 41 e 51 e 53, dove mi sono di nuovo ritrovata: se una frase mi piace faccio un piccolo orecchio, alla fine ci torno, rileggo, lascio un segno a matita, e se conserverò il libro scrivo il mio nome e il mese e l’anno in cui l’ho letto. E voi?
Scritto da: Francesca Magni
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Tags: Carlos Maria Dominguez, citazioni, La casa di carta, Sellerio
Anch’io volevo scrivere un post sui vizi di noi lettori, perchè secondo me sappiamo essere dei propri e veri feticisti, eheheh!
Una cosa che faccio appena finisco di leggere un libro? Lo timbro… Da ragazzina mi hanno regalato un timbro con la mia iniziale. Ho iniziato a timbrare i miei libri per distinguerli da quelli dei miei fratelli; quanti litigi per decidere il legittimo proprietario! Adesso invece lo faccio perché solo dopo che ho finito di leggerlo il libro è davvero “diventato mio”.
E sicuramente non potrò non “impossessarmi” di La casa di carta, mi ha davvero incuriosita.
Questa del timbro è bellissima! In “La casa di carta” c’è un’altra citazione che ho trovato non lontana dal mio modo di “usare” i libri: “io con ogni libro ci scopo, e se non ci sono segni, non c’è orgfasmo” (pag. 41)….
Leggendo la tua recensione de”La casa di carta” ho provato una grande curiosità . Mi ha colpito profondamente soprattutto una frase che hai citato .
E’ vero,é più difficile disfarsi di un libro che si é amato piuttosto che procurarselo. Ricordo ancora quando, da ragazzina, su suggerimento della professoressa di italiano,avevo letto la “Storia” di Elsa Morante.Sulle prime,vedendo quel tomo sostanzioso,mi ero preoccupata. Poi,man mano che le pagine scorrevano ,inaspettatamente lievi e veloci, mi appassionavo sempre di più alle vicende di Ida e di Useppe . Quando ho finito di leggerlo ho provato una sorta di “piccolo lutto”. Per mesi e mesi il libro é rimasto sul mio comodino. Non riuscivo a staccarmene,neanche fisicamente. Era come se ,spostandolo sugli scaffali della libreria di casa, potessi perderlo.
Alla fine mi sono decisa. L’ho sistemato sulla mensola più in vista, in un posto “d’onore”. Ancora oggi,ingiallito e provato dal tempo e da tanti traslochi,mi fa compagnia, insieme a tanti altri amici cartacei.
Che bello questo post! Mi ci ficco dentro come un tarlo nel libro.
Io sto imparando ora a disfarmi dei libri, soprattutto quelli che non mi sono piaciuti o che ho trovato indifferenti. In fondo, avere una libreria con doppio o triplo strato e non sapere più dove si trova un libro non è la stessa cosa che non averlo?
Però, mai e poi mi staccherei dai miei preferiti, che sono lì, a imperitura memoria delle bellissime sensazioni che mi hanno lasciato.
Sui libri di solito metto la data di acquisto ed il mio nome e nulla più.
Solo da poco ho iniziato a sottolineare le frasi dei libri perchè per me il libro era qualcosa di sacro ed intoccabile, da non rovinare assolutamente. spesso perchè si trattava di libri in prestito da amici o in biblioteca.
A me ha colpito del tuo post quando ricordi la tua ricerca di un posticino tranquillo per leggere; anche per me era così, la mia passione esagerata era considerata un peccato e mia madre mi veniva a scovare ovunque. Allora mi rintanavo in giardino, sotto l’albero più lontano o addirittura in cantina. L’importante era essere lasciata in pace.
Purtroppo anche ora mi capita la stessa cosa ma nelle case milanesi, dove lo spazio non è certo molto, non è facile mimetizzarsi.
Il “lutto” da libro finito è una cosa che ho provato moltissime volte. E che spesso mi ha spinta a leggere l’opera omnia di molti autori, sempre in cerca della prima emozione avuta grazie a loro. Qualche volta è stato prezioso, altre meno: ci sono scrittori che danno tutti se stessi in un romanzo ma poi non ripetono la magia; o forse è la magia dell’incontro che non si ripete.
Spesso ho pensato di creare una libreria con i libri che ho amato di più, quelli che mi hanno segnata, metterli in fila per raccontare un percorso interiore…
quanti libri che aspettano di essere riletti, ma la voglia e il desiderio di leggerne di nuovi è sempre più forte…x questo lascio, oltre alla mia firma e alla data di inizio e fine della lettura, un mio commento o una citazione presa dal libro.
[…] si deve soprattutto l’appassionata difesa del vizio impunito per eccellenza, a cavallo tra mania di possesso e insaziabile fame di lettura, dove procurarsi un libro e lasciarlo coincidere con la propria esistenza è assai meno faticoso […]