il confine tra noi e la nostra fame di gratificazioni
(Todd Buchholz Rush)
Negli Stati Uniti Todd Buchholz, economista ed ex consigliere della Casa Bianca, ha appena pubblicato un libro che teorizza il superlavoro: i molti impegni, le tensioni sarebbero un’ottima cura alla moderna ansia di vita. Rush: Why you need and love the rat race. Io ho cominciato un paio d’anni fa. Prima il Pilates due mattine a settimana; per recuperare il lavoro salto la pausa pranzo, ma il beneficio di un’ora trascorsa a scoprire muscoli che mai avevo sospettato di avere vale il sacrificio. Poi è stata la volta del corso di spagnolo, l’azienda ne propone uno ed è dal liceo che vorrei rileggere Cent’anni di solitudine in lingua originale. Leggere è una mania che ho da sempre, e così è arrivata anche l’idea di questo blog sui libri che ho amato di più; quando mi scrivete per discutere di un romanzo di cui ho parlato e la pagina web si trasforma in un salotto fra amici, sono felice delle ore di sonno sacrificate. Ero arrivata a un punto morto, di quelli in cui ti sembra di fare solo quello che devi e mai quello che vuoi, uno di quei punti in cui l’insoddisfazione manda in negativo la bilancia; allora ho pensato che se non potevo togliere gli impegni frustranti, potevo aggiungerne di piacevoli. Ho iniziato a correre di più, a dormire di meno, a usare meglio l’agenda, a non sprecare i ritagli di tempo. È stato come passare al livello due di un videogioco: più impegnativo, più elettrizzante, più divertente. La stanchezza è peggiorata e lo stress di conseguenza, ma era come se avesse un colore diverso, meno cupo. Uno stress allegro. Ogni giorno raccoglievo punti soddisfazione sufficienti a bilanciare i punti necessità-dovere-noia.
Ovviamente in America la teoria di Buchholz ha suscitato discussioni. Poiché una prolungata esposizione allo stress produce malattie (ne sono convinta, ma vale allo stesso modo in caso di “stress felice”?), si è posto un problema: quando è necessario mettere un limite? Il videogioco al livello due prende la mano, inizi a pensare che le ore del giorno siano infinite come i punti di una retta e che tra due attività possa sempre entrarne una terza. Si innesca un pericoloso senso di onnipotenza, il motore si surriscalda e le priorità iniziano a confondersi: continui a fare troppe cose. Non sai più dove fermarti.
La risposta mi è arrivata il pomeriggio in cui era fissata la riunione per un nuovo incarico di lavoro, in contemporanea al torneo di scherma di mio figlio. La riunione è stata interessante, ho presentato un progetto a cui avevo lavorato con gusto, una aggiunta di stress positivo. Però è andata per le lunghe e io ho lasciato che accadesse. Bruciando i semafori sono entrata in palestra mentre mio figlio scendeva dalla pedana. «Sono arrivato secondo e tu non c’eri», ha detto con un soffio che ha tirato giù il castello di carte costruito in due anni, il nuovo incarico, il blog, il corso di spagnolo, il Pilates, ogni piacere strappato nell’aria compressa dei ritagli di tempo. Non era semplice senso di colpa materno, quello che provavo, non era solamente la delusione di un bimbo di nove anni lasciato solo durante una gara. Non era lui: ero io, un dolore totalmente mio. Come quando strappi un legamento del ginocchio o sloghi una spalla. Qualcosa si era disarticolato dentro di me.
Il limite, come in tutte le cose della vita, è quello oltre il quale sentiamo di perdere noi stessi. Ce l’abbiamo tutti, una linea invalicabile, un luogo sacro che vale per noi e che nessuno può sindacare perché non è soggetto a scale di valore assolute; per me sono i miei figli e le cose da fare con loro. Ma potrebbe essere una passione, gli amici, una madre anziana, uno sport, un momento spirituale, un luogo di relax, un animale, un’abitudine. C’è uno spazio intoccabile, dentro di noi, che ci permette di essere noi. Un confine oltre il quale è giusto non ammettere niente e nessuno, nemmeno la nostra stessa fame di soddisfazioni.
Adesso sto risettando il videogioco.
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Scritto da: Francesca Magni
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Tags: Rush: why you need and love the rat race, stress, Todd Buchholz
Non puoi sapere come mi sono riconosciuta in ogni parola che hai scritto.
Proprio per bilanciare impegni frustranti con incombenze piacevoli, per anni ho accumulato un’incredibile mole di doveri. Finché un giorno mi sono trovata in una situazione simile alla tua dove i limiti erano stati più che superati.
Per prima cosa ho iniziato a fare un repulisti mentale. Poi, prese le decisioni su ciò che era essenziale e ciò che non lo era, ho dato il via alla potatura. Sì, proprio come in una pianta cui sono cresciuti troppi rami, ho sacrificato le cose che avevano meno senso per me.
Ho scelto, ho tagliato e non me ne pento.
Ora la pianta sta crescendo di nuovo a dismisura. Fra un to’ toccherà riprendere le forbici!
Non è affatto facile prendere quelle forbici. Potare è un po’ morire, in questo caso! Ma so di doverlo fare, e anche di volerlo. Anche se il passo successivo e la vera crescita secondo me consisterebbe nel riuscire a potare un po’ anche i doveri. Soprattutto perché non tutti i doveri sono veramente “doverosi”… Il problema è che i doveri non dipendono mai del tutto da noi, e che la mediazione con altri spesso è più difficile di quella con noi stessi.
Mi fa piacere, però, non essere la sola che si scontra con queste piccole “crisi di coscienza”, che forse non sono nemmeno tanto piccole… Sai, tutte le mie amiche della mia età hanno più o meno consapevolmente messo in atto la tecnica della moltiplicazione delle soddisfazioni extra, però le vedo ancora navigare a gofie vele, come se il punto limite per loro non fosse ancora raggiunto…
Hai pienamente ragione,Francesca. Quanti impegni ci sembrano indispensabili e assolutamente necessari. La ginnastica, il corso di lingue, il lavoro stesso che,inesorabilmente, ci cattura nei suoi ingranaggi. Tutto ci sembra irrinunciabile e non procrastinabile. Per fortuna ,il nostro corpo é più saggio di noi. Lui sì che capisce quando il limite é stato travalicato. E ,attraverso piccoli e grandi malesseri fisici, ci ricorda il nostro essere finito e limitato. In quei frangenti,finalmente, siamo costretti a fermarci e a riflettere .
L’immobilità forzata ci aiuta a soffermarci su tanti particolari che non vedevamo più. Può essere l’atteggiamento più riservato di nostro figlio che sta diventando grande. il cagnolone di famiglia che ,invecchiando, ha più bisogno di coccole. L’amica di una vita che non ci chiama più come una volta.Sensazioni sottovalutate, ignorate,sepolte dalla frenesia della vita quotidiana. Una vita che non ha tempo per le sfumature e che bada al sodo. Salvo poi capire che tanto di quello che ci sembra indispensabile é molto meno importante di ciò che non si potrà più ripetere.
Bello tutto questo,come ogni riflessione che francesca mette in campo.
Eppure io lo so che potare è un passaggio essenziale nella cura dei giardini.
E’ sicuro che dopo due settimane l’energia si rinnova e non viene sprecata in rami deboli.
Allora perchè è così difficile potare dalla nostra vita?..Non parlo solo di eliminare rapporti,ma soprattutto impegni di poca importanza che ci legano e non ci lasciano piu spazio per noi..
sono d’accordo con tutti i commenti…scritti molto bene…
In particolare con il discorso dei doveri…per anni ho dimenticato me stessa per i doveri: soprattutto la cura dei figli(importante naturalmente..),del lavoro(ero insegnante)..un lavoro che mi aveva sempre appossionata..
anche questi sono limiti se non dosati in modo giusto..e po ci si scopre più vecchi e cob ancora tanti sogni …..
Forse ogni mamma che lavora si riconosce in questa descrizione. Se poi il lavoro che fai ti piace da impazzire, ancora meglio (o peggio?!). Alcuni giorni le ore passano e passano veloci e quando vedi le tue bimbe a fine giornata dopo cena il senso di colpa incombe come una nuvola scura sul tuo cuore. Io però ho anche imparato a perdonarmi. Sono un essere umano, a volte sbaglio e le mie bimbe sanno perdonare perchè hanno un cuore puro e alla base del nostro rapporto c’è tanto amore, rispetto e complicità. Lo stress positivo mi aiuta ad essere una donna ed una mamma migliore, forse un po’ più stanca ma sicuramente molto felice!