lo sguardo di Elizabeth Strout
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Elizabeth Strout, Olive Kitteridge (Fazi, 2009, € 18,50). «[…] in me c’è qualcosa che a volte si gonfia come la testa di una seppia e spara un liquido nero dentro di me. Non ho mai voluto essere così, ma lo giuro, ho amato mio figlio» (pag. 105). Il giorno del matrimonio di suo figlio Christopher, Olive Kitteridge sente per caso la nuora dire a un’amica che Christopher ha avuto un’infanzia difficile. Olive trasecola: davvero suo figlio si descrive così? Cerca di ripensare al passato e sa – come ogni madre – di avere commesso errori con lui. Sa di essere stata, in certi momenti, preda di quell’inchiostro nero che spruzza nella testa di ogni madre. Il romanzo coglie molte sottili verità sulle relazioni fra genitori e figli, mariti e mogli, amanti, vicini di casa. La Strout si insinua nelle pieghe dell’essere e ha l’abilità di farti sentire meno solo e strano.
(Pubblicato su Donna Moderna n. 10, 2011)
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Tags: citazione, Elizabeth Strout, Fazi, Olive Kitteridge
Io ricordo che mentre lo leggevo mi pervadeva un senso di tristezza e malinconia. I protagonisti mi sembravano così soli e distanti l’uno dall’altro.
Curiosa queste due impressioni una opposta dell’altro, non trovi?
Forse io l’ho letto in un periodo in cui io mi sentivo così e l’ho proiettato nel libro…
Questo è anche il bello di condividere le letture: sentire opinioni diverse.
Sì, è bello scoprire l’effetto che fanno agli altri le nostre letture. Per questo chi ama leggere non può resistere dal consigliare i libri che ha letto e dal cercare altri lettori.
Non si può dire che sia Olive Kitteridge sia allegro, su questo concordo con te. Però trovo che la Strout sappia cogliere l’essenza profonda delle vite comuni, le nostre. La malinconia che ne esce è la stessa con la quale conviviamo; ma lei non ne fa un dramma, la raccoglie e la accoglie, la accetta come parte dell’essere. Io trovo tutto questo rasserenante, in fondo.
In finale è realistico, ha un tono amarognolo ma è anche “dolce”, come immagino possa accadere davvero in una storia che nasce fra due persone anziane…
Ma soprattutto adoro il modo che ha la Strout di far sgorgare le storie da piccoli tratti e di raccontare vite singole e minime che, messe una accanto all’altra, formano l’affresco di un’epoca e di un Paese.
L’ho appena finito, a me è piaciuto. E sì che finora pensando al Maine mi veniva in mente solo “La Signora in Giallo”, serie televisiva che ha come protagonista la signora Jessica Fletcher (una vera menagramo, ovunque lei vada qualcuno muore!).
Invece grazie ad Elizabeth Strouth ho intravisto paesaggi marini travolti dal vento, una comunità piccola che si raduna nell’unico piano bar dove una pianista autodidatta conosce la canzone preferita di tutti, una farmacia di paese dove ognuno ha bisogno di raccontare i suoi malanni ma soprattutto una professoressa di matematca temutissima -Olive Kitteridge- che certo simpatica non è, ma è tanto tanto “essere umano” a tutto tondo. Come siamo tutti noi (magari qualcuno è pure più “tondo degli altri”