a letto con… il Reader

26 dicembre 2010
Tempo di lettura: 4 minuti

Ho ricevuto in regalo un Reader della Sony e dopo un pomeriggio ad aprire account su librerie on line e a scaricare ebook (qualcuno gratis, qualcuno a pagamento), me lo sono portato a letto. È lì che amo leggere. Piego in due il cuscino e mi stendo, la posizione è collaudata. Il Reader è grande come un tascabile, anche se l’area leggibile è un po’ più piccola; però puoi settarla delle dimensioni che preferisci e quella giusta per te la trovi senz’altro. La prima cosa che noto è che lui è un po’ freddo; metto un lembo di coperta tra il suo bordo metallico e la mia mano, ma immagino che in estate mi piacerà così. La lampada sul comodino deve essere accesa, il Reader non ha illuminazione, se c’è luce lo leggi, se è buio no, come un libro, e penso che questo risparmierà i miei occhi provati da troppe ore al computer. Ho scaricato gratis da feedbooks.com Wuthering Heigths, ovvero Cime tempestose di Emily Bronte, uno dei miei romanzi preferiti, sono secoli che vorrei rileggerlo in inglese. E qui scopro il primo vero grandioso vantaggio di un reader: bastano due colpetti sulla parola che non conosci perché compaia a piè pagina la traduzione tratta dal dizionario che, tra i 12 contenuti nel Reader, hai scelto di installare. I colpi puoi darli col dito o se preferisci con una specie di bacchetta magica che sguscia fuori dallo spigolo del Reader e che serve anche per evidenziare o per sottolineare a mano, proprio come una matita – quella che dal mio comodino sparisce sempre. Quando hai finito di leggere, con un paio di tocchi semplicissimi metti un segnalibro,  quando riaprirai l’ebook ti ritroverai al punto in cui eri arrivato.

Con il Reader si può anche ascoltare musica e si possono scrivere o disegnare delle piccole note. Non naviga, però, non è un iPad né uno smartphone: è una scatoletta che contiene tutti i libri che vuoi, migliaia, in formato digitale. Certo, non puoi sfogliarli, niente copertina (vado sempre a vedere di chi è l’immagine, e qualche volta cerco di indovinare), niente quarta di copertina né note sull’autore, non hanno pagine che frusciano, non li vedi sgocciolare sotto le mani misurando a occhio se hai superato il giro di boa di metà libro – anche se in basso è scritto a che pagina sei, per esempio 37/280: però quanto è grosso o quanto pesa un libro di 280 pagine non lo sai più, qui è tutto 217 grammi, il peso del Reader. Se penso ai quintali che peseranno le librerie di casa mia, be’, è una rivoluzione. Penso anche al futuro, alla casa dei miei pronipoti senza i libri sugli scaffali che sono così colorati, così vivi, così (anche) oggetto d’arredo. Non le vedrò, quelle case, e di certo avranno una nuova bellezza. Alcuni dubitano che accadrà mai, ma io credo che sì, un giorno i libri di oggi saranno l’equivalente dei manoscritti medievali o degli incunaboli cinquecenteschi, ne avremo di altre forme, altri materiali, altre dimensioni e anche altre funzioni. Nel frattempo viviamo in una terra di mezzo, come quei due anni dall’arrivo dell’euro in cui ho continuato a eseguire faticose conversioni di prezzi finché un giorno mi sono accorta di avere smesso di farlo; come quando per scrivere la tesi di laurea mi regalarono il primo pc (un 386, ve lo ricordate?) e la prof mi disse scrivi direttamente con la tastiera, mi raccomando, ma io un po’ scrivevo a mano e un po’ copiavo finché un giorno la tastiera mi è entrata nei polpastrelli, ora riesco a battere con dieci dita a occhi chiusi, il pensiero si è regolato sull’andamento dei tasti e non sa più scorrere dal cervello alla penna, che oltretutto la mia mano ha disimparato a usare. Non sono nostalgica per natura, ho sempre l’impressione che quello che ho oggi sia meglio di quello che avevo ieri. Un giorno dirò lo stesso del reader, immagino, e per un po’ passerò da lui ai libri di carta e viceversa – sto per partire per un lungo viaggio in aereo, e il Reader è senz’altro un ottimo alleato. Però ieri sera, dopo aver letto un po’ di Educazione siberiana di Nicolai Lilin (Einaudi, 2010, ebook € 9,99), non sono riuscita a spegnere la luce senza aver  scorso qualche riga di un altro libro. Di carta.

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