日本 dillo con un cartello

30 dicembre 2010

I Giapponesi hanno l’illustrazione nel sangue. Nelle stazioni, in metropolitana, per la strada, nei parchi pubblici, ovunque vedi disegni come questi, che io ho fotografato a Tokyo. Piccole vignette per insegnare regole di cortesia o per esplicitare divieti. Immagini semplici e dirette, didascaliche, molto dettagliate. Con un che di infantile, verrebbe da dire, ma penso sia ingiusto e impreciso. Questo è il Paese che ha inventato i manga, in cui Hello Kitty è quasi un’eroina nazionale, c’è addirittura una parola, otaku, per chiamare chi è appassionato in modo quasi ossessivo di manga, anime, videogiochi. Moltissimi cartelli pubblicitari hanno per protagonisti persone di cui è fotografata solo la faccia, mentre il corpo è un disegno. Illustrare è qualcosa di più che raccontare ai bambini: qui è uno dei modi principali per comunicare. Del resto un disegno parla a tutti, mentre per decifrare una scritta giapponese bisogna conoscere almeno 3.000 dei circa 50.000 kanji (ideogrammi di origine cinese) che compongono la scrittura di questo popolo – senza contare gli alfabeti hiragana, con forme arrotondate tipo corsivo, e katakana, con forme squadrate e sintetiche, in cui ogni segno rappresenta un sillaba, e i caratteri occidentali. La necessità (di semplificare) aguzza l’ingegno (comunicativo)?

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