un avatar chiamato cliente
ovvero: vita quotidiana di una cassiera

19 novembre 2010
Un racconto di: Giusy Mastronardi

Domenica pomeriggio piovosa… Cosa si può fare? Mah provare a buttar giù qualche riga sul tema dell’ultimo concorso indetto dall’azienda: I NOSTRI CLIENTI… dai sì, ci provo… ma da dove comincio??? non vorrei essere troppo didattica, precisa e pedante, insomma è un gioco! ed eccomi a cercare, tra le mille pagine di internet dove trovo molti link sulle frasi strane dette dai clienti, ma fa capolino nella mente una notizia che avevo sentito, confusamente e distrattamente, tra tante… una cassiera francese autrice di un vero è proprio best seller, pubblicato in varie nazioni e in procinto di diventare un film. E sì, ricordavo bene, un vero successo dal titolo Tribolazioni di una cassiera di Anna Sam un libro in cui, in modo divertente e simpatico si analizzano le situazioni che sono capitate negli anni all’autrice. Mi piace l’idea, e come poteva essere differente, è ciò che ogni giorno si palesa davanti ai miei occhi, è la mia STORIA!

Professoressa di storia mancata, cassiera per necessità, da nove anni mi passano davanti agli occhi una miriade di tipologie di clienti e ancora non smettono di sorprendermi le umane intemperanze. In questi anni ho elaborato una teoria: la maggior parte degli esseri umani, anche i più pazienti di questo mondo, appena entrano in un negozio, si trasformano in avatar chiamati CLIENTI; niente a che fare con il fantasioso mondo di Pandora, anzi! Le tipologie si mescolano e talvolta si accoppiano creando nuovi avatar con caratteristiche sempre più variegate. La cassa è come una poltrona in prima fila al cinema, dove tutti i giorni trasmettono un film, mai noioso e mai ripetitivo. La gente, strano ma vero, non ti vede, mi capita ancora che i clienti arrivino vicino a me e mi chiedano: «Scusi, la cassa?»… peccato che poco più di un metro sopra la mia testa, ben visibile anche ad un ipovedente, c’è una scritta bianca su sfondo rosso con scritto PAGAMENTI & SERVIZI, ovvero Cassa… «Signore/a, la cassa è qui!»,  ci manca solo una parrucca bionda, l’intonazione di voce alla Raffaella Carrà, la musichetta e potrebbe quasi sembrare CARRAMBA CHE SORPRESA… ma non è solo questa la frase preferita, i più arguti ti dicono «È lei la cassa?» e tu che pensi, cavoli devo essere proprio parecchio ingrassata se sono diventata della stessa forma. Certo può sembrare un po’ irriverente questa descrizione, ma non è così, almeno una decina di volte al giorno, ad essere buoni, ancora  capita di sentire queste frasi. Appena trovata la cassa, i clienti cercano di mettersi in coda ed ecco il secondo atto del film… sembra che tutti si siano dimenticati di quando a scuola t’insegnano a fare la fila indiana. Abbassi gli occhi per cercare il codice del prodotto che ti porge il cliente, pochi secondi dopo li rialzi, e davanti a te c’è un piccolo gregge che già rumoreggia per cercare di capire chi c’è prima, tu pensi che magari si potrebbe mettere il percorso transennato come a Gardaland. Qualche secondo per mettersi d’accordo e già si passa al terzo atto… «Scusi, ma c’è qualche problema?»,  dice una voce lontana: per forza è l’ultimo cliente della famigerata fila che ha già perso la pazienza… «No, la signorina non trova il codice», gli risponde il cliente vicino alla cassa. Appurato questo si passa all’atto successivo, il cliente paga il prodotto appena acquistato e porge la domanda più gettonata dell’intera giornata «Ma per la garanzia?» e la cassiera: «La garanzia è lo scontrino, signore deve tenerlo per due anni»… ecco da adesso in poi, tutti i clienti della fila che hanno seguito con interesse tutti gli atti precedenti riformuleranno la stessa identica domanda, come se nei pochi secondi o minuti che sono passati sia cambiata la famigerata “garanzia”. Certo il pagamento è quasi sempre l’ultimo atto del grande film di cui stiamo simpaticamente raccontando, ma talvolta non è così. Ricordo ancora una scenetta veramente buffa accaduta qualche anno fa, una signora si è presentata in negozio per acquistare un elettrodomestico, è stata seguita da uno dei colleghi storici del negozio, le ha mostrato e illustrato le caratteristiche di diverse lavatrici e alla fine la signora ha pagato in cassa il prodotto e la consegna a domicilio, soddisfatta della scelta e lodando il collega veramente molto preparato. Passa poco più di un’ora e la signora telefona per dirci che…aveva sbagliato elettrodomestico, voleva una cucina non una lavatrice…ora, non so dirvi se il collega è stato talmente bravo da vendere qualcosa che non serviva o la cliente non sapeva bene cosa le servisse realmente, comunque con il placito della signora, ci siamo fatti tutti una bella risata, e fortunatamente anche la cliente che non sapeva più come scusarsi.

Tra le tante tipologie esistenti, c’è poi il cliente che fa del negozio la sua seconda casa, quella delle vacanze o se volete quella per evadere dalla monotona routine casalinga. Così trovi il pensionato che giornalmente passa un paio d’ore seduto sul divanetto nella casetta Sony, guardando la programmazione televisiva che propone il negozio. Tutti lo conoscono, tutti ci scambiano qualche parola, tutti ne sanno la storia… lui non lesina un saluto a nessuno ed è diventato, in questi anni, una presenza costante della giornata lavorativa.

Ma la tipologia più esilarante è quella del cliente telefonico. E sì, l’anonimato ci permette di lasciarci andare, non essendoci il contatto visivo si riescono ad esprimere concetti, problemi o dubbi senza il filtro mentale: è in queste situazioni che registri frasi epocali che sono talmente paradossali da non sembrare vere! E così che negli anni abbiamo sentito i vari: «Signorina, da stamattina la tv non mi parla» oppure «Sì, il frigo va bene… solo che mi si è staccata la porta»; o la voce allarmata dall’altra parte della cornetta che afferma «C’è qualcuno che bussa dall’oblò della lavatrice» oppure «Quali sono i termini di ritorno per un telefonino?».

Qualcuno potrebbe obiettare che il cliente ha sempre ragione, che ci porta soldi e lavoro… e certo questo non lo nego, ma le simpatiche e divertenti scenette di cui giornalmente sono protagonisti i nostri clienti contribuiscono a farci amare questo lavoro che altrimenti sarebbe logorante. E soprattutto questo capita anche a noi commessi appena svestiamo gli abiti lavorativi e indossiamo quelli con la C sul petto… ovviamente la C di Cliente!

Post letto 107 volte
Tags:

1 commento a “un avatar chiamato cliente
ovvero: vita quotidiana di una cassiera”


Scrivi un commento



*




Segui questo link per ricevere nuovi post dal blog!