quel buco che risucchia tutto il resto
(a Torino appuntamento con
Antonella Lattanzi autrice di Devozione)
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Sabato prossimo, 13 novembre, se siete a Torino o potete arrivarci, c’è una cosa da non perdere: il reading di Devozione, il romanzo di esordio di Antonella Lattanzi (di cui fra poco vi dirò), con musiche di una band strumentale fuori dal comune a cominciare dal nome, Gatto Ciliegia contro il grande freddo. Dove e quando: alle 17 alla libreria La Gang del Pensiero, corso Telesio 99, Torino; e poi alle 22 al circolo Arci Casseta Popular, via Tripoli 56, Grugliasco. Perché: perché Antonella Lattanzi è una persona che vale la pena conoscere e Devozione (Einaudi, 2010, € 18,50) è un libro che tutti dovrebbero leggere. È la storia di Nikita e Pablo, due 26enni che vivono a Roma per studiare ma si fanno di eroina. Non cocaina, non ecstasy: eroina, la droga di cui nessuno più parla, ma che i ragazzi continuano a consumare, in genere sniffandola, per contrastare gli effetti eccitanti delle sostanze di moda oggi. Nikita e Pablo vivono le giornate col solo obiettivo di farsi una pera, in alternativa vanno al sert a prendere il metadone, spacciato legalmente in teoria solo a chi entra in un programma di recupero. Pensiero fisso sono i soldi. Per quelli sono disposti a tutto, anche a sequestrare Annette, una ricca francese di passaggio a Roma, e questo incasina le cose perché quando sei un tossico non fai piani sensati, non sai dominare le emozioni né reagire a ciò che accade nella realtà, sei solo dipendente dalla tua dipendenza, col terrore della “rota”, si chiama così l’astinenza perché sembra la tortura medievale della ruota, che strappa gambe e braccia. Dilania. È questo che si prova, e Antonella Lattanzi lo descrive così bene che te lo senti addosso, ti sembra di essere tu il tossico e ti chiedi se lei non lo sia mai stata. «No, mai», mi ha detto quando le ho parlato: volevo che mi raccontasse come è nato Devozione che è un romanzo bellissimo, ed è anche molto di più di un romanzo. Antonella ha trascorso cinque anni in mezzo ai tossici, fingendosi una di loro, seguendoli ai sert, imparando le loro parole, la spada non siringa, un pezzo di roba non eroina. È salita con loro sull’autobus della morte, l’R5, a Napoli per Secondigliano, e mentre me lo raccontava pensavo che dovessero saperlo tutti come lavora una scrittrice “con le palle”, una che è nata nel 1979, è cresciuta a Bari, ha il dono della scrittura e l’intelligenza di applicarlo a storie come questa. Le ho chiesto di scrivere un pezzo per Donna Moderna, lo ha fatto, bellissimo, e vorrei leggeste almeno l’ultima parte: racconta di quando, con una ragazza tossica incontrata a San Lorenzo, è partita per Napoli, Secondigliano, a vedere com’è la quotidiana “caccia” di chi vive nella devozione all’eroina. «Abbiamo aspettato per ore. Lo vedevo che per la ragazza era da impazzire. Quando il pusher è arrivato è stato un attimo. Mi sono fatta fregare come niente: lei si è presa quasi tutta la roba, a me ha lasciato poche briciole. Le ho guardate: volevo tenerle, per ricordo. Ho avuto paura, le ho buttate. Di nascosto. La ragazza è scomparsa. Via, verso le spade. E io, col tempo, ho imparato a capire cosa succede nella testa di una persona che aspetta l’eroina: c’è solo il buco. E, se sei eroinomane, aspetti sempre l’eroina. E io, col tempo, mi sono accorta con terrore che capivo così bene cosa c’è nella testa di un eroinomane perché anche a me, a noi, spesso succede: che nella nostra testa ci sia solo una cosa, quella cosa, che risucchia tutto il resto. Il nostro buco».
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Tags: Antonella Lattanzi, Devozione, droga, Einaudi, eroina
E’ un libro cre rende appieno la tragedia della tossicodipendenza, e lo dice chi tossico è stato. La centralità assoluta dello “sbattimento” per “apparare” i soldi, la tregua di quando la roba ce l’hai e poi così forsennatamente di nuovo tutto daccapo. Sneza più affetti, senza più interesse, senza più emozioni, senza più valori….
questa ragazza non dice tutta la verità secondo me. nel senso che lei non dev’essere stata così osservatrice e soprattutto non partecipante.
è uno strano comportamento. forse suggerito dalla casa editrice. il libro era gia uscito un po’ di anni fa con il titolo “con il culo scomodo” ed aveva avuto un ottimo successo. forse con la riedizione ha dovuto aggiustare qualcosa per essere più vendibile.
Ho conosciuto telefonicamente Antonella Lattanzi e l’ho trovata una persona preparata, seria, affidabile. Che possa esserci, dietro al suo libro, una certa misura di coinvolgimento personale non mi stupirebbe, ma non mi interessa. Non lo chiedo, non lo trovo rilevante.
Rispetto Antonella e il mio giudizio su di lei, la stima che ho per il suo lavoro, l’importanza che attribuisco a “Devozione” non cambierebbero di una virgola, o semmai addirittura crescerebbero.
Mi infastidiscono le dietrologie un po’ pettegole e poco rispettose dei vissuti personali, quali che siano. “Devozione” è un romanzo/inchiesta prezioso, una denuncia forte e importante, dovrebbero leggerlo tutti, anche a scuola. Abbiamo solo da dire grazie ad Antonella per averlo scritto.
Caro Nicola,
Devozione non è mai uscito prima di oggi.
Col culo scomodo è una raccolta di racconti, uscita nel 2004 con Coniglio. Consta di 64 pagine, e presenta una decina di racconti, tutti su personaggi femminili alle prese con diverse “problematiche”.
Uno di questi racconti parla di eroina. Ed è stato proprio grazie a Col culo scomodo, come ho detto in molte interviste, che ho pensato di poter scrivere Devozione.
L’eroina è infatti un tema che mi affascina e di cui volevo scrivere da sempre, perchè sono stata adolescente a metà degli anni Novanta, quando c’è stato il ritorno dell’eroina, e soprattutto quando l’eroina ha cambiato faccia. Io, come molti adolescenti, ho visto questo cambiamento, non perchè mi sia drogata ma perchè di teenager che di colpo sono diventati eroinomani ne ho visti tantissimi, purtroppo.
Li ho visti io, come li hanno visti tante persone della mia età.
Quando sono cresciuta, ho notato che nessuno parlava dell’eroina, ma che l’eroina, di contro, era ancora molto presente.
E allora ho pensato di raccontarla.
Ma temevo che a nessuno interessasse, e soprattutto temevo di scrivere un romanzo settoriale – cioè solo per persone interessate all’argomento.
Quando, però, ho pubblicato Col culo scomodo, è successo che il racconto che parlava di eroina è stato quello più apprezzato da tutti. Finchè una lettrice mi ha detto: io non ho mai consumato droghe, non ho mai fumato neanche uno spinello, ma tu in quel racconto hai parlato di me, delle mie dipendenze, in particolare dalla mia dipendenza dall’amore.
Allora ho capito: dovevo parlare di dipendenza, non di eroina.
E da questo è nato Devozione.
Ecco la storia di Devozione, che peraltro ho raccontato molte volte. Mi spiace quando si parla di qualcosa senza conoscerlo (per esempio quando dici: Devozione è già stato pubblicato con un altro titolo). E’ una cosa che getta discredito non su di me, ma su chi la dice.
Fermo restando che Devozione può piacere o non piacere – e se è bello o meno non devo essere io a dirlo, ma i lettori – è un peccato quando si dicono cose non vere…
E inoltre, Nicola, Devozione sarebbe stato molto più vendibile se avessimo aggiunto il sottotitolo “una storia vera”, come sempre succede.
E, per ultimo: l’importante non è se quella che si racconta è una storia vera o meno, ma se il libro arriva o meno al lettore, secondo me.
Senza rancore, davvero, ma solo per dovere di spiegazione.
Antonella