lunga vita al punto e virgola

21 settembre 2010
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Ho sempre amato il punto e virgola. Detesto la “d” eufonica quando la e precede una parola con vocale – preferisco Abelardo e Eloisa a Abelardo ed Eloisa. Però amo il punto e virgola. Ci sono vecchi arnesi della grammatica che l’italiano dei tempi moderni ha pensionato, e perché no? Ma il punto e virgola no! È una pausa sottile nel respiro di una frase non finita: se usi il punto frammenti il pensiero; se usi la virgola sforzi il fiato. Che bello trovarlo difeso pubblicamente da Silvia Avallone, sul Corriere della sera di oggi. Il suo articolo inizia così: «Dostoevskij racconta così l’attimo seguente a quello in cui Raskolnikov cala l’accetta sulla nuca della vecchia strozzina: “Egli si scorsò, la lasciò cadere e subito si chinò verso il suo viso; era già morta”. Ora, come riusciremmo a verificare la morte in tutta la sua raggelante pausa, come potremmo trattenere il respiro calandoci anche noi sul  volto impietrito dell’assassinata, senza quel geniale, assordante, punto e virgola». E concordo con la chiusa: «se è vero che la punteggiaturta serve a suggerire i silenzi, allora la sua scomparsa significa che vince chi grida più forte, chi la spara più grossa, e si perde il significato delle cose. Il punto è che le cose, nella realtà, sono sfumate e complesse. Non è possibile dire una cosa intelligente ogni due minuti, non è possibile neppure capirla in due minuti. Ci vuole una pausa. Ci vuole il punto e virgola».

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