Quello che solo un dislessico può consigliare a un dislessico.
Ovvero: un metodo per i varbi latini

1 ottobre 2017
Tabellone verbi latini
Scritto da: Francesca Magni

Dobbiamo trovare un modo. Ho un’idea, proviamo?

Lo dico al telefono mentre esco dal lavoro; mio marito mi ascolta un po’ affaticato e un po’ rassegnato.

Quale modo?

Dobbiamo schematizzargli i verbi latini su un tabellone. Una cosa grande, colorata, che si fissi nella sua mente e si veda con facilità.

All’altro capo, suo padre tace.

È l’ultimo tentativo. Dobbiamo farlo. Poi andiamo a informarci per passarlo all’artistico, ma un ultimo tentativo va fatto.

Ma deve essere lui a dire se gli serve il tabellone, osserva mio marito.

Lui dirà di sì se tu e io saremo compatti nel proporglielo. Prometti che starai dalla mia parte?

Lui fa Mmmmh e io lo prendo per un sì.

A casa dipingo di grigioblù un vecchio pezzo di compensato, compro cartoncini di colori diversi e mi accingo all’impresa: i verbi latini da guardare, da afferrare in un solo colpo d’occhio.

Filippo protesta: Mamma, quella roba non mi serve. Scrolla la testa sconsolato e un po’ arrabbiato.

Mio marito interviene: Se hai un’idea migliore, Filippo, proponila; se non ce l’hai, intanto proviamo questa.

Gli sorrido con gratitudine. È decisivo essere compatti.

Sai, Filippo, continua lui, Io per imparare dovevo stabilire dei collegamenti. Per esempio tra i vari pezzi della grammatica. Per i verbi mi facevo questo schema: da un lato presente, imperfetto e futuro, di fianco perfetto, piuccheperfetto e futuro anteriore. Poi cercavo di capire il modo in cui si costruiscono.

Filippo ha smesso di scrollare la testa, segue suo padre tutto occhi.

Vedi, il presente lo sai, è la prima voce del paradigma e poi lo coniughi, giusto?

Giusto, dice Filippo. Ma si dice coniugazione o cogniugazione?

Coniugazione, risponde suo padre. Ma ora non è importante. Quello che conta sono le desinenze: lo sai il presente? Laudo, laudas, laudat… Moneo, mones, monet, Lego legis leti, audio, audi audit.

Le sa, con qualche piccola incertezza perché audio gli sembra della prima e non della quarta, ma le sa.

Allora passiamo all’imperfetto: guarda qui, dice mostrandogli il libro, È sempre con bam, giusto?

Giusto.

Cambiano le vocali tematiche per ogni coniugazione, ma quello viene naturale, quindi non ci preoccupiamo: nello schema, di fianco all’imperfetto, scriviamo soltando -bam, -bas, -bat ecc. e ci siamo.

Ok, fa Filippo, che ha assunto una postura decisamente fiduciosa.

Il futuro com’è?

Bo? chiede filippo.

Sì, -bo -bi, bis- bit… per la prima e la seconda coniugazione e -am, -es, et… per la terza e la quarta.

Scarnificate e prese nella loro essenzialità, le desinenze dei futuri cadono su un foglietto, di fianco a delle linee biforcate che le accordano alle coniugazioni.

Ora il pefetto, continua suo padre.

È nel paradigma, dice Filippo.

Esatto! Le desinenze le sai?

Sì, -i, -isti, -it…

Ottimo. E il piuccheperfetto?

Filippo esita.

È facile, dice suo padre: prendi il perfetto e aggiungi l’imperfetto del verbo essere, cioè eram eras erat…

Ah, sì, ho capito, dice Filippo. E per il futuro metto il perfetto più il futuro di essere che è ero, eris, erit.

Esattamente!

Fermi, fermi, intervengo io, che nel frattempo ho ritagliato quadrati di cartoncino colorato, Fatemi vedere. La semplicità dello schema mi lascia di stucco. C’è tutto quello che serve.

Mio marito vede il mio stupore e sorride.

Io avrei riportato sul tabellone lo specchietto della grammatica, mormoro.

Lo so, dice lui compiaciuto. Ma non serve. Quello che serve è trovare una logica, individuare la “ratio” della grammatica.

Filippo è entusiasta. Io appiccico foglietti colorati sul tabellone, mentre lui con un pennarellino riproduce i verbi latini ridotti all’osso su una semplice pagina di quaderno: ora ci sono anche i congiuntivi, sintetizzati con lo stesso metodo. C’è davvero tutto.

Che dici, Filippo, è chiaro?

Chiarissimo.

Allora proviamo?

Ok.

Suo padre gli fa oralmente una verifica come quella del compito di latino dell’altro giorno*: gli dice un verbo coniugato, lui ragiona a voce alta e dice cos’è. Non ne sbaglia uno. Gliene chiede dieci, poi altri dieci, poi altri dieci ancora. Non-ne-sbaglia-uno.

Mamma, il tuo tabellone non serve a niente, vedi.

Ha ragione lui, e io sono felice, così felice che quasi quasi vado avanti a declinare verbi latini e ad appiccicarli con i washi tape su quello schema solo per punirmi: un’idea di un non dislessico per aiutare un dislessico.

Filippo prende il suo foglietto, ha riprodotto con grafia perfetta lo schema del papà, lo porta in camera sua e dice Adesso devo studiare matematica.

Ma manca l’infinito, presente passato e futuro, dico io.

Lascia stare, dice mio marito. Non si trovano quasi mai…

Come non si trovano quasi mai?

Papà ha ragione, grida Filippo salendo le scale.

Ok, hanno ragione loro. Un pezzo per volta, non tutto insieme. E togliere tutto ciò che si può togliere. La grammatica nella sua essenzialità.

Però io quel metodo me l’ero trovato da solo, commenta mio marito appena Filippo se n’è andato.

Probabilmente avevi un problema meno serio di lui; per esempio nella lettura facevi fatica ma non quando lui, giusto? Avevi più energie libere.

Sì, credo tu abbia ragione, ammette lui.

Quindi se gli diamo la chiave per entrare nelle cose, poi ce la farà, dico più che altro per rassicurare me stessa.

Guarda che quello schema dei verbi latini io lo applico anche alle piante: nella mia testa le raggruppo in categorie a seconda della quantità di acqua di cui hanno bisogno o del tipo di terra. Associarle in famiglie mi aiuta a ricordare.

In effetti hai un gran pollice verde, dico guardando fuori dalla finestra la micro giungla che chiamiamo il giardino, e che è interamente opera sua.

*Per chi aspettasse il voto della verifica di latino, da giocare al Lotto sulla ruota di Milano, è un 4. Filippo l’ha annunciato con orgoglio: c’è chi ha preso voti più bassi. A noi non importa un fico secco di quel voto. Nostro figlio ha capito la logica dei verbi latini e siamo certi che la tratterrà per sempre, perché è fatto così: quando una cosa gli entra nel cervello per la strada giusta, non se ne va più. La strada giusta io non la sapevo, ma suo padre sì. Del resto, si sono sempre assomigliati parecchio.

 

 

 

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