Intervista a mio figlio dislessico
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Scritto da: Francesca Magni
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Sono tre anni che parlo di lui. Ieri sera a tavola osservavo il suo profilo di ragazzo, il ciuffo biondastro, quella sua aria sempre a metà fra lo sperduto e il consapevole, e ho pensato: è ora di far parlare anche lui.
Filippo, ti va se ti intervisto?, dico prendendo carta e penna. Una cosa “professionale”.
Lui mi guarda indecifrabile mentre succhia un legnetto di liquirizia. Allontana la sedia dal tavolo, batte le mani sulle cosce e dice: Avanti, fammi una domanda.
Comincia così un dialogo che riporto con assoluta fedeltà.
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Vorresti non essere dislessico?
«No. Ma se non lo fossi, non vorrei diventarlo».
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Chi è la persona che ti ha capito di più, da quando hai scoperto la dislessia?
«La professoressa di lettere delle medie. Lei è quella che ha capito più sfumature».
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Dal punto di vista dell’apprendere, qual è la tua più grande qualità?
«Quando imparo, imparo per sempre. Una volta con i miei compagni leggevamo una pagina di storia, per loro era facile leggerla e difficile ripeterela. Per me era il contrario, era difficile leggerla ma una volta arrivato in fondo la sapevo e ripetevo meglio di loro. Io faccio fatica, quindi sto molto attento a trattenere tutte le cose».
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Qual è la cosa che ti riesce meglio?
«Non sempre è la cosa che mi viene più facile, ed è comunque una cosa che non so fare al 100% come invece vorrei… Al momento è andare in barca a vela».
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Cosa provi ogni mattina quando entri a scuola?
«Arrivo molto in anticipo e per un po’ dormo sul banco. Quando suona la campanella mi sveglio e provo angoscia. Per tutte le ore di scuola è angoscia. Quando esco, in genere sollievo, ma non sempre perché spesso devo dare una cattiva notizia ai miei genitori».
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Qual è la cosa che ti fa sentire più frustrato rispetto alla scuola?
«L’interrogazione. La cosa peggiore è quando non mi lasciano il tempo di pensare e di rispondere. A volte cambiano argomento mentre io ancora mi sto ripetendo la domanda nella testa. Ho visto che funziona ripetere la domanda nella testa, però non c’è tempo».
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Hai mai desiderato che tua madre non scrivesse il libro, Il bambino che disegnava parole?
«No. Anzi avrei anche pensato di chiedere a qualcuno di scriverlo, se non l’avesse fatto lei, per far conoscere bene la dislessia».
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Che emozioni associ a questa vicenda?
«Dammi una lista di emozioni».
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Rabbia, paura, vergogna, sollievo, stupore, gioia…
«Quando l’abbiamo scoperto, sollievo e paura di farla conoscere. Mi angosciava dirlo agli altri. Poi questa paura è diminuita, constatata la mancanza di reazioni negative. Ora è più angoscia, perché le cose a scuola sono difficili».
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Un aspetto felice di questa vicenda?
«Il fatto di capire veramente come sono fatto, capire certe mie “noie”. È interessante e piacevole».
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Come ti è stata vicino la tua famiglia?
«Sono stati apprensivi, mi sono stati molto vicino».
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Pensi che la dislessia ti renda diverso?
«Nessuno è uguale a nessun altro. Io sono dislessico, X è balbuziente, Y ha un disturbo dell’attenzione, a Z è morto il papà. Ognuno ha la sua. Però io sono diverso dal punto di vista scolastico».
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Come vorresti che diventasse la scuola?
«Si dovrebbe trovare un meccanismo per valutare la conoscenza in modo psicologicamente non impattante (sic!). Ho fatto il pensiero di una scuola per dislessici, però più lunga. Io non riesco a imparare nello stesso tempo degli altri».
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Vorresti una scuola in cui sono tutti dislessici?
«Tutti non so, ma se ce ne sono un po’ è meglio. Quando c’era nella mia classe l’altra ragazza dislessica, quello che i miei compagni considerano privilegio (gli strumenti compensativi, ndr) non era solo per me, quindi aveva meno peso».
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Come funziona la tua memoria?
«La memoria serve per ricordare nomi o storie e concetti. Io ricordo benissimo le storie e i concetti. I nomi dipende. Se sono i nomi dei modelli di macchine o degli aerei, di cose che mi piacciono molto, li ricordo benissimo. Se sono le declinazioni è uno sforzo mostruoso».
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Come è la tua attenzione?
«Durante una spiegazione breve, di due o cinque minuti, sto attentissimo. In una lezione tutta fatta spiegando, quelle di italiano per esempio, sto attento al 60% la prima ora e al 40-50% nella seconda ora».
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Disegnare mentre il professore spiega ti aiuta a stare attento o ti distrae?
«Dipende. Se abbozzo una macchinina che non viene tanto bene e poi magari diventa un aereo, intanto ascolto. Invece ieri sul diario ho fatto un progetto per un grattacielo ed era così bello che mi sono immerso al 100% nel disegno. Te lo devo far vedere*. Hai altre domande?».
No, l’intervista è finita.
«Peccato. Era come se mi stessi mettendo in ordine i pensieri».
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* Nella foto in alto, per gentile concessione dell’intervistato, il progetto per un grattacielo.
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Tags: dislessia, Francesca Magni, Giunti, Il bambino che disegnava parole, storia di una dislessia
La frase finale “peccato, era come se mi stessi mettendo in ordine i pensieri” mi piace. Tuo figlio ha la fortuna di avere una mamma che lo aiuta a fare catarsi. Proporrò le stesse domande ai miei due figli dislessici (due su tre) perché anche loro possano mettere in ordine i propri pensieri. Sarebbe da proporre anche a scuola (faccina che sorride con aria sorniona). Sai quante volte l’idea di una classe tutta di dislessici mi è balenata in testa? Non si può, e forse è giusto così, però… E allora penso “ma esisterà una specie di chat dove i ragazzi dsa possano scambiare emozioni, pareri, consigli, incazzature…?”. Non sarebbe male.
Ho iniziato a leggere il tuo libro, sono al punto in cui si va dalla psicologa. Mi piace perché ci sono pagine dove descrivi esattamente quello che abbiamo visuto noi e sicuramente tante altre famiglie. Non bisogna sottostimare lo scompiglio che l’avere figli apparentemente “normali” (per quanto si possa esserlo), con un’intelligenza spesso brillante, che non riescono nelle cose più banali della scuola e non solo, porta con sé. E poi la fatica, una fatica infinita, di rapportarsi con gli insegnanti, ognuno con la propria sensibilità e formazione, cercando constantemente la giusta misura, la linea da non superare, per non passare per genitori apprensivi e allo stesso tempo far rispettare gli accordi sottoscritti nel pdp…
Grazie della tua condivisione e vado avanti con la lettura.
M. Elena
S. Donato M.se
P.S. Anche voi odiate i captcha?
Cara Marie, l’idea della chat mi piace! Il passo successivo è che questi ragazzi, risconiuto il proprio modo di funzionare senza vergognarsene (forse un macino o un miope si vergognano?!), possano uscire allo scoperto e fare rete anche loto… Lavoriamoci, Marie! Buona lettura, intanto, e se vorrai condividere le vostre storie, mi farà piacere ascoltarle…
Posso ???? Mi sento una MERDA !
Ci stiamo passando adesso. Mio figlio è in seconda liceo e abbiamo il sospetto che sia dislessico. Pare così strano accorgersene solo ora, ma è stato il tuo blog a farmi venire il dubbio e a spingermi a cominciare ad affrontare la cosa. Le parole di tuo figlio sembrano quelle del mio: lo sforzo mostruoso per ricordare le declinazioni, ma la facilità assurda con cui ricorda nomi e dettagli di auto e moto. Intelligente ma straordinariamente incapace di ricordare dati che sembrano banali. Il tutto ovviamente interpretato come scarsa volontà e impegno. Il tuo libro è sul comodino, è arrivato ieri e aspetta di essere cominciato. Ho sentito il bisogno di dirtelo e di ringraziarti.
Ci risentiremo, Claudia
Cara Claudia, ti ringrazio per aver sentito il bisogno di dirmelo. Per me è importantissimo sapere che la storia di Filippo aiuta altri a rispecchiarsi e a capirsi meglio. Immagino che il cammino appena iniziato non sia facile e so che non lo sarà, ma so anche che è un cammino dalle svolte salvifiche: sì, non sto esagerando. Oggi, nella nostra famiglia, conoscerci meglio epr come siamo veramente fatti ci ha uniti di più. Ci si vuole più bene se ci si conosce davvero. In boccaal lupo e non perdiamoci di vista!
…in che senso, Loredana?…..
buona sera ho appena assistito alla presentazione del suo libro , è stata molto interessante, ho sentito parlare molte persone con esperienze vissute da qualche anno per me invece sono poche settimane che abbiamo saputo che mia figlia maggiore che ha 8 anni è dislessica disgrazia e disortografica.
siamo entrati in un mondo a noi sconosciuto mi ha fatto molto piacere sentire persone come noi con uno o due figli dislessici. pero quello che non è stato detto è come si fa a spiegare al proprio figlio come mai scrive cosi male ,noi è dalla prima che lottiamo con la scrittura , e nella lettura del libro mi sono vista in questi due anni . sempre nervosa , perdendo subito la pazienza con il risultato che mia figlia non vuole più fare i compiti con me . abbiamo una ragazza che dalla seconda la segue nei compiti a casa. io ho provato a spiegare cosa succederà nel prossimo anno che verrà aiutata con della logopedia che può chiedere tempo in più per le verifiche che può tenere le mappe davanti mentre la interroga ,o meglio prima Dell’interrogazione ma lei mi risponde subito “no mamma la maestra si arrabbia ” oppure mamma dillo tu alla maestra. la mia paura è e lo sarà sempre di sbagliare .come faccio a capire se le maestre mettono in pratica quello che c’è scritto sul PDP se mia figlia si tiene tutto dentro. mi deve scusare per il mio sfogo ma sto impazzendo non so come fare. ho già letto un libro ed ora ho iniziato il suo sto cercando di documentarmi per capire un mondo che a me fino a poche settimane fa era sconosciuto. la ringrazio per avermi concesso questo sfogo. P.s grande l?idea di un intervista al proprio figlio prenderò spunto .
Laura
Cara Laura, possiamo darci del tu? Vorrei poter placare la tua angoscia, che capisco perfettamente e ho provato e talvolta ancora un po’ riaffiora. C’è una domanda che poni: come si fa a spiegare al propio figlio come mai scrive così male. Be’, è proprio quello attorno a cui ruotava la serata di ieri: capire che sono caratteristiche innate, neurobiologiche, che il suo cervello è fatto così. La scienza ci fa fare pace con noi stessi spiegando che ognuno di noi ha delle caratteristiche specifiche. Pensaci, Laura: che problema è, oggi, non avere una grafia leggibile? Nessuno o quasi. Abbiamo infiniti mezzi per scrivere e tua figlia potrà usarli, come dice il suo PDP. Poi gli altri strumenti compensativi valutateli in base al modo in cui lei “funziona”. Fai in modo che sia lei attiva nella scelta dei metodi che la aiutano davvero. Ognuno è diverso e la dislessia&Co. è un invito ad auto-osservarsi. So che le mie parole non ti consolano come vorrei, ma ti prego di credermi sulla fiducia: quando capiamo che non è colpa nostra, che non è un handicap, che siamo semplicemente fatti in quel modo, troviamo le forze di guardare non solo alla fragilità, ma a tutto il resto. In cosa tua figlia è brava? in cosa è addirittura bravissima? Parti da lì! Anche le maestre dovrebbero partire da lì. Nel libro c’è la testimonianza di una insegnante che racconta quello che ha fatto con i tre dislessici che aveva in classe, è a pagina 240, leggilo perché ti farà stare bene. Quella insegnante ha capito che doveva spostare l’occhio sui punti di forza. È una strada vincente! Io sono qui, se hai bisogno di parlare o di sfogarti
Grazie Francesca per questa intervista, mi sembra di vedervi… tuo figlio assomiglia molto al mio che più o meno risponde così ed è anche lui in seconda liceo. Ti ho conosciuta da poco: mi hai fatto scorrere una lacrima di partecipazione, mentre leggevo, il tuo racconto di oggi sul Corriere e subito ti ho cercata, letto un po’ il tuo blog, acquistato il libro, poche ore ma mi hai affascinata…
Con mio figlio il percorso è iniziato tra la prima e la seconda elementare, è disortografico e disgrafico; fino alle scuole medie ha fatto un lavoro faticoso ma positivo di crescita-maturità-autonomia insieme agli insegnanti a noi genitori e ha sempre avuto un ottimo rapporto con i compagni delle varie classi (merito degli insegnanti, lo so, sono stata fortunata), ora al liceo è mooolto faticoso, una vera lunga “battaglia”: da ragazzo OGGETTIVAMENTE preparato capace, parecchio autonomo, entusiasta di conoscere è passato al “sopravvivere” (anche come umore) e spesso è disarmante riconoscere che molti insegnanti di liceo non sanno neanche di cosa si parli, specie quando si trovano di fronte ragazzi intelligenti che riescono a far fronte ad alcune difficoltà con le capacità di compensazione che hanno imparato e che quindi non enfatizzano le difficoltà o non le sottolineano; alcuni sottopongono dei veri e propri salti mortali spacciandoli per adeguati, alcuni si dimenticano o fanno a finta di niente o peggio proprio non ci credono, non si sforzano neanche di leggere una qualsiasi definizione di dsa da internet! Molti ‘tecnici’ con cui ho parlato mi hanno detto che spesso al liceo ci si trova in queste condizioni per il fatto che fino a pochissimi anni fa i dsa sceglievano o erano indirizzati verso i tecnici e i professionali e nel corso di studi precedente non si riusciva appieno a insegnare in modo adeguato, così spesso ci si trova con professori che non hanno ancora sperimentato un metodo adeguato o non sono preparati, specie a Milano dove il numero di liceali è cresciuto in modo esponenziale nel giro di breve. Visto ‘da dentro’ però è disarmante, angosciante (anch’io le mattine di compiti in classe e interrogazioni ho lo stomaco chiuso) e si vedono i mutamenti sul carattere dei ragazzi…
Grazie del tuo contributo di diffusione, sei preziosa
Laura
grazie francesca dell’aiuto devo dire che ieri ho parlato con Ginevra come non ho mai fatto in questi anni . ho spiegato che questo è un traguardo che da ora in poi sarà meno difficile che sarà aiutata che non sarà più una lotta con tutti che non cspivano perché lei scrivesse così e la non voglia di leggere e l’obbligo di leggere contro voglia. ho appreso che ci sono audio libri che lei può chiedere del tempo in più per fare le verifiche. lei alla fine mi ha detto “mamma sono più serena a scuola e mi sento meno stanca la maestra certe volte mi scrive lei e io faccio esercizi” . ho visto i quaderni e le interrogazioni che sono state fatte e noto che Ginevra , che prima non si preoccupava dei voti, ora mi dice mamma guarda che voto ho preso sei contenta? cerco sempre di gratificarla e certe volte quando mi dice mamma ho preso solo bene io le dico che è stata bravissima e che bene è un bellissimo voto . siamo solo all’inizio e so che quel bene prestissimo sarà un brava . premetto che per la nostra maestra brava è il massimo del voto. Ginevra nei due anni passati è stata umiliata e sgridata anche da me perché prendeva quasi sempre visto. questa è la vergogna e la colpa che mi porterò sempre nel cuore.ho cercato sempre di non farla soffrire dopo la nascita della sorellina che ha 4 anni invece probabilmente dovrei lasciarla andare non soffocarla. ti ringrazio per l’aiuto molto importante che mi stai dando. finalmente sono riuscita a sciogliere l’angoscia di questa notizia che ora ho capito che non è un angoscia ma una caratteristica di mia figlia . mia figlia è speciale l’ho sempre capito e adesso ne ho la conferma il suo punto forte… la memoria non ha neanche bisogno delle mappe infatti non le vuole , le basta che io le legga la lezione e lei me la ripete. non vuole usare neanche le tavole e la linea dei numeri per matematica , ma magari quelle ci arriverà a usarle magari con aiuto della maestra pian piano capirà che non serve a nulla affaticarsi per trovare il risultato . l’unica cosa che fa ancora male sono i bambini che si credono più bravi di mia figlia, e le mamme che quando dici che tua figlia è dislessica disortografica e disgrazia ti guardano con una faccia affranta. d?ora in poi dirò che non è un problema che mia figlia è come i loro e che non mi devono compatire sono fiera di mia figlia.proprio ieri a na mia amica ho fatto esempio dei mancini vedi mi sei molto d’aiuto e credo che lo sarai molto andando avanti leggendo quello che scrivi. grazie ancora di tutto
Laura
Ciao Francesca, sto per finire il libro, anche se in realtà faccio un po’ come Penelope con la sua tela: torno indietro, ricomincio, non me ne voglio separare.
Quante analogie, Francesca (persino la scherma abbiamo in comune)! In alcuni degli episodi che racconti potrei sostituire solo i nomi e tutto il resto rimarrebbe in piedi. L’evento di “ich bin” è praticamente sovrapponibile ad un pomeriggio di agonia in cui cercavo di fargli imparare la declinazione di “is, ea, id” senza il minimo successo (tuttora non la sa come ci si aspetterebbe). La rabbia, la frustrazione, l’odio per i libri. E le dinamiche familiari, con un marito quasi certamente dislessico anche lui che frena e teme che la dislessia possa rappresentare per Federico un alibi per non combattere. Come ti puoi immaginare ho molti dubbi. Però da quando abbiamo cominciato a parlarne Federico è più sereno, e ieri ha chiesto di fare i test. Ha detto che lo vuole fare per conoscersi e per capirsi meglio. Dice anche che se dovesse risultare dislessico non vorrebbe gli strumenti dispensativi. E sono più serena anche io quando gli do’ una mano con i compiti, specialmente con latino, che è la mia specialità. Ho cominciato a chiedergli cosa ha senso per lui, come gli sembra di imparare meglio, invece di dare per scontato che ripetere le declinazioni (come facevo io) sia IL metodo che deve andare bene per forza. Lui sta capendo che le sue difficoltà potrebbero essere qualcosa di diverso dall’incapacità, ed è più bendisposto a provare ad apprendere. Certo, le traduzioni sono ancora un dramma, ma ora intravedo una via d’uscita, non mi sento più completamente impotente come prima. E soprattutto, cosa più importante, non si sente più lui così.
Un enorme grazie, Francesca. Ti terrò informata, se ti va, su come procediamo.
Cara Claudia, cara Laura A.,
è incredibile quanto si somiglino le nostre storie! Ne ricevo così tante ogni giorno, qui, su Facebook, e più le leggo più mi dico: come è possibile che non sia ormai un dato acquisito che alcuni ragazzi imparano in modo diverso? Dobbiamo continuare a raccontarci, mettere sul piatto le nostre storie così uniche e così simili e far capire che esiste anche questo modo di essere. Non è malattia, non è disturbo: è quel che è… per citare la poesia di Erich Fried.
Grazie a tutti voi che mi scrivere, non smettete di farlo, componiamo insieme una grande enciclopedia di ordinarie storie di dislessia. Fino al giorno in cui saranno così “ordinarie”, note, riconosciute, accettate, assimilate, rispettate, contemplare… che potremo cominciare a raccontare altro 😉
P.S. Un saluto affettuoso ai vostri ragazzi! E sì, Claudia, tienimi aggiornata. Tuo marito, vedrai, riuscirà a entrare in questa cosa e quando l’avrà accettata, passando attraverso il proprio modo di essere, diventerà il miglior alleato di vostro figlio
Cara Francesca,
Grazie grazie grazie per questa piattaforma che come madre di un ragazzo dislessico che sono mi fa sentire molto meno sola. Dio solo sa quanto mi sarebbe stata di conforto nel passato, quando lottavo da sola contro un Olimpo di professori che pensavano le difficoltà di mio figlio fossero di natura psicologica o emotiva (ed io sapevo quanto non fosse così!).
Ah si… tutta la parte del blog che non parla di dislessia, ma di letteratura, è stupenda pure 😉
Perciò grazie per entrambe. Ti seguirò con entusiasmo.
Cristina
Benvenuta Cristina e grazie per quello che dici! Piacere di incontrarti in questo spazio che ha proprio lo scopo di sentirsi meno soli – con o senza dislessia. A presto… 😊
Cara Francesca,
anch’io ho letto il tuo libro e spesso mi ha emozionato, ma soprattutto è stata l’empatia a dominare tutta la lettura.
Enrico, mio fglio, prima media, dislessico.
Perdonami se non scrivo tanto bene, ma sarà il cuore di mamma a parlare!
La cosa che sento di augurare piu’ di ogni altra, a mio figlio, è la felicità.
Essere felice nella vita, essere realizzato e contento di quello che sarà e farà.
Fanciullezza e adolescenza sono la primavera della vita, ma almeno per mio figlio, la scuola, in questo periodo è un incubo. Lavora tanto,p er arrivare molto più indietro di chi, con meno impegno arriva prima. Disistima e tutte le cose che sappiamo. Tenendo conto che, questi sono gli strumenti e le leggi che abbiamo (deve dimostrare con mezzi tradizionali le sue conoscenze), ti chiedo, ne vale la pena?
Faccio un esempio: se io avessi una “dislessia” per quando riguarda il disegno, (tu ce l’hai nel ballo giusto?) sarebbe il caso di andare a fare il liceo artistico? Non è meglio assecondare le proprie attitudini?
Quello che non capisco è perchè hai mandato tuo figlio a fare il liceo classico, perché farlo penare con il greco e il latino? Quando in un liceo artistico magari sarebbe stato il piu’ bravo della classe, perché disegnare gli veniva spontaneo? Io capisco che il dislessico (nel senso stretto del termine) può farcela, ma ne vale la pena, a quali costi? Per dimostrare cosa e a chi? Non è una forzatura? Quando il dislessico sarà considerato un miope della scrittura o il mancino di turno e non sarà più etichettato, andrà ancora a fare il liceo classico? La scuola superiore è la prima scelta libera, all’interno della scuola, perché flagellarsi con materie poco affini a se stessi? Non potrebbe aver fatto architettura?
Non so se sono riuscita a farmi capire.
Con stima e affetto.
Giovanna
Cara Giovanna, tu hai dato voce a domande che ci poniamo anche suo padre e io. Ce le poniamo al punto che abbiamo trovato un liceo artistico che ci sembra molto buono e abbiamo organizzato un incontro per Filippo con la preside e un professore. Lui ha parlato con loro per più di un’ora, poi è uscito e ha detto Ok, è una buona scuola, ma qui va chi si sente un artista, chi ama disegnare; io non voglio fare questo. A me piace il liceo classico. Ora, tu, come noi, obietterai: ma se disegna così bene?, se non fa altrosul diario e sui foglietti…? Sì, però Filippo quando torna da un’ora di Promessi Sposi o di Epica è raggiante, quando riesce a tradurre una frase di greco sembra felice come dopo aver scalato una montagna, quando completa una versione di latino scritta con la sua calligrafia piccolissima in stampato minuscolo, è come se avesse vinto una gara di scherma. Quando studia storia gli brillano gli occhi per l’interesse. A Filippo piace quello che fa. Noi genitori, con il desiderio di tutti i genitori di vederlo felice e di liberarlo dalle fatiche, gli abbiamo proposto una scuola meno sfidante e più adatta alle sue caratteristiche, ma lui ci ha detto che non è ciò che vuole. “La tengo come ultima spiaggia”, ha detto. E noi abbiamo risposto: “Decidi tu, noi ti sosteniamo ovunque tu scelga di andare”.
Ecco, Giovanna, la battaglia è questa: che ognuno, dislessico o non, possa inseguire i propri sogni e che la scuola – ogni tipo di scuola – lo accolga e gli permetta di camminare lungo il sentiero che ha scelto, quali che siano le sue caratteristiche. Perché nessuno deve essere privato della possibilità di scegliere.
Ti abbraccio!
Buongiorno Francesca, ho quasi finito di leggere il libro…. parli di me, della mia famiglia. Samuel il mio bambino che ha 11 anni è dislessico, discalculo e disgrafico, l’ho scoperto alla fine della V elementare. Lui non la vive bene, da qualche mese soffre di attacchi di panico legati al mal tempo, non so più cosa fare. Lui frequenta un’associazione dove gli insegnano ad usare le mappe, ma non è ancora autonomo, ha bisogno sempre di me. Non riesce a studiare da solo, intanto ho la piccola che ha bisogno di me, perché mi vede sempre vicino al fratello. Mi sento impotente. Grazie per aver scritto questo libro. Samanta.
Cara Samanta, la strada verso l’autonomia è lunga e richiede coraggio e pazienza. Capisco perfettamente come ti senti in questo momento. Spero che tu abbia vicino un compagno capace di “esserci”: è importante, quando possibile, non affrontare questa situazione da soli. Se abiti a Milano posso indicarti un centro dove aiutano i ragazzi dislessici ad acquisire una vera autonomia nei compiti… Se vuoi possiamo parlarne meglio. Scrivimi, se ti va, a francescamagni11@gmail.com Un grande abbraccio e tanti sinceri auguri per il nuovo anno. A presto!
Grazie della bella serata a Bolzano.