mamma dove sei?
(Massimo Gramellini Fai bei sogni)
Scritto da: Roberta Diliddo
Massimo Gramellini Fai bei sogni (Longanesi, 2012, € 12,66). Ci sono esperienze che ci avvicinano. Ho lavorato pochi mesi con Massimo Gramellini, era il mio direttore allo Specchio della Stampa. Ho conosciuto una persona accogliente, disponibile e aperta al dialogo. Credo sia stato molto severo con se stesso e lo capisco. Non c’è un’assenza più straziante per una giovane vita che ancora non ha forza, non ha radici. Imparare ad amare se stessi, sapersi misurare con il mondo, riuscire a confrontarsi alla pari con gli altri è molto difficile. Continui a chiederti perché e non è vero che il tempo guarisce ogni ferita, solo quel dolore diventa la tua dimensione. Non sai come si vive senza, non sai che si può vivere senza. Poi ci sono i momenti importanti: il primo bacio, il primo fidanzato, il primo lavoro, insomma le prime volte. Lei sarà la grande assente e niente colmerà quel vuoto. Credo sia stato molto difficile scrivere questo libro, ma soprattutto riuscire a condividerlo. Molti si chiedono perché, pensano ci sia cinismo nel voler far profitto della propria sofferenza. Io credo che a volte sia liberatorio offrirsi agli altri per quel che si è. Non imporsi di filtrare, quello che a chi ci circonda, potrebbe creare disagio. È più facile essere conformi alle regole, ma purtroppo non si sceglie di essere orfani. Lo sguardo misto di compassione e imbarazzo che provochi quando sei giovane e dici non “ho la mamma” ti insegna che è meglio non dirlo. Ma poi si cresce… e anche se a te continua far male per gli altri non è più un problema. E allora perché non provare a parlarne. Lo sfogo finisce qui. Il libro è bello e aiuta a riflettere su quanto sia importante la figura di un genitore, soprattutto quando non c’è più.
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Tags: Fai bei sogni, Longanesi, mamma, Massimo Gramellini
Ho apprezzato anch’io moltissimo la scelta di Gramellini di condividere la sua storia di assenza della mamma. Regalare agli altri una sofferenza così intima è un gesto di generosità, permette a chi non ha vissuto quel dolore di immaginarlo, di sentirselo un po’ vicino. Assorbire il dolore degli altri ci rende enormemente migliori, più “colti” nel senso di “cultura dell’essere umani”, se si capisce cosa intendo. Perciò apprezzo molto la recensione di Roberta e anche la sua generosità.
Una frase vorrei riprendere perché bellissima: “non è vero che il tempo guarisce ogni ferita, solo quel dolore diventa la tua dimensione”.
Roberta che bella recensione e come è sentita! Riuscire a parlare di un dolore così grande è un passo avanti nell’accettazione del dolore, almeno così è stato per me. Lo voglio leggere.
Ciao Adele, sono contenta che si legga l’emozione che mi ha dato questo libro. Hai ragione, parlarne è un grande balsamo per certe ferite.
Considero Gramellini, insieme a Sofri e Michele Serra, uno dei pochi “giusti” del nostro tempo. Il libro è un torrente spumeggiante di bellezza dove sensibilità, umiltà ed ironia marchiano a fuoco ogni frase, quasi ogni parola direi. Le pagine scivolano via e sono come un balsamo per chi ha vissuto esperienza analoga ovvero la perdita di qualcosa di immensamente importante. Convivere con tutte le nostre verità è talvolta complicatissimo, questo stupendo libro ci dice che però non è impossibile e che magari prima le si affrontano, le verità scomode, e meglio si vivrà il futuro che implacabile ci attende.
“Non essere amati è una sofferenza grande, ma non la più grande. La più grande è non essere amati più”.
Massimo ha nove anni quando l’universo gli porta via la madre. Lo fa senza alcun diritto e di soppiatto, in una notte silenziosa che marca l’inizio di una bugia lungo una vita.
L’uscita di scena di Giuseppina Pastore causa, dopo pochi anni, l’insediarsi nel cuore del figlio di un “mostro molle e spugnoso” che si alimenta di tutte le paure, soprannominato Belfagor. Questo demone immaginario accorre in soccorso di chiunque abbia paura di vivere, frapponendosi tra l’individuo e la realtà per impedire sofferenza e assorbire passioni, rifiuti, abbandoni.
Da quel momento in poi la vita di Massimo risentirà, con intensità diverse, della presenza incombente di Belfagor, che lo allontanerà sempre di più dalla volontà di affrontare la verità. Crescerà così nel cuore il suo male di vivere, ancorato al risentimento verso la madre che lo ha lasciato solo.
Con il passare del tempo, gli interventi del mostro ammazza-emozioni si fanno sempre più radi, senza però sparire del tutto. La catena viene spezzata quando Massimo si trova costretto ad affrontare la verità e a fare i conti con il passato che aveva per così a lungo cercato di ignorare. Un ritaglio di giornale vecchio di quarant’anni distrugge le barriere innalzate da Belfagor, mettendo l’autore protagonista di fronte alla resa dei conti.
Da quella battaglia finale uscirà vincitrice la forza del perdono, segnando la fine del mostro e l’inizio di una vita che sa di lacrime, di gioia e dolore.
“Fai bei sogni” è una storia di segreti comodi e verità scomode, di mostri benefici e angeli fatali. In quest’autobiografia la vita e la morte s’intrecciano costantemente e la loro eterna battaglia attira l’attenzione sulla sofferenza umana nelle loro più estreme manifestazioni: il trapasso e l’amore.
Il disprezzo che il protagonista ha di entrambi è ugualmente intenso. Se da un lato diffida della montagna russa che promette voli pindarici e schianti al suolo, dall’altro non può fare a meno di odiare ciò che gli ha strappato via la madre. Quest’indisposizione verso la vita e la morte lo costringe a condurre un’esistenza in punta di piedi e con lo sguardo rivolto verso il basso, che gli impedisce sia di spiccare il volo, sia di mettere radici sotto terra.
Le sofferenze umane descritte enfatizzano il coraggio richiesto a ogni uomo per andare avanti. Coraggio per non voler ignorare il dolore; coraggio per voler scommettere sull’amore; coraggio per vivere e sognare.