se Franzen fosse una donna (ovvero perché nessuna donna è come Franzen)
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L’articolo di cui vi voglio parlare oggi è uscito sul Corriere della sera il 6 maggio, ma mi è capitato di leggerlo, grazie a un’amica, solo adesso. Si intitola “Se il capolavoro è vietato alle donne” (cliccate sul titolo per leggerlo) ed è a firma di Percival Everett (nella foto) che ho scoperto essere scrittore nero americano, classe 1956. La sua tesi è presto detta, e poi molto ben argomentata: Libertà di Jonathan Franzen si è conquistato l’onorevole appellativo di Grande Romanzo Americano in quanto il suo autore è un uomo (e aggiungerei io, ha anche la faccia e il carattere di quello che oggi cerchiamo sopra ogni cosa: è un personaggio, battibecca con Oprah Winfrey, fa lo snob). Sostiene Everett: «Io non credo che dei critici letterari autorevole darebbero mai una definizione così pomposa di un romanzo scritto da una donna». Infatti non è accaduto a nessuno di quelli che trattano temi simili a Libertà. Se una donna scrive un romanzo intimista viene giudicata sentimentale (ma Franzen non è forse intimista?), se usa troppe parole la sua prosa è giudicata floreale, poetica o ridondante (anche Franzen usa troppe parole, eppure…); «le scrittrici sono petulanti, sfacciate. Quand’è stata l’ultima volta che uno scrittore è stato definito sfacciato?». Infatti delle molte autrici che hanno descritto l’America con altrettanta pregnanza di Franzen, nessuna ha avuto il suo destino glorioso. Everett cita Toni Morrison, Marilynne Summers Robinson, Mona Simpson e Anne Tyler (e posso pronunciarmi solo sulla prima e sull’ultima e benché Anne Tyler non sia tra le autrici che amo di più, non posso dire che non sappia rendere con pregnanza il minuto quotidiano di quel Paese di Paesi che sono gli Stati Uniti). Aggiungerei senz’altro Elizabeth Strout che, come chi mi segue avrà capito, trovo grandiosa: una Franzen con il numero giusto di parole, oltretutto. Non a caso nel 2009 ha vinto il Pulitzer. Franzen è stato solo finalista nel 2002. In Italia la Strout è tradotta da Fazi, meritevolissima piccola casa editrice che fa libri di qualità. Franzen da Einaudi. Un caso?
Sarebbe bello poter bollare la riflessione di Everett come capziosa o ideologica. Invece è davvero difficile rispedirla al mittente. Questo articolo ci interroga anche nel profondo. L’amica che me lo ha passato faceva autocritica: “quando prendo in mano il libro di una donna è come se lo sentissi meno autorevole, a priori preferisco autori uomini”, confessava. Un pregiudizio che in molti ci portiamo scritto dentro (anch’io, lo ammetto), spesso senza rifletterci. Forse è il momento di tirarlo fuori e chiederci perché. O chi ce lo ha inculcato.
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Tags: Elizabeth Strout, Grande romanzo americano, Jonathan Franze, libertà, Percival Everett
Mah, cara Francesca, la questioni che poni all’attenzione è molto interessante ma non so quanto sia vera, almeno per me. Sono andata a controllare fra i libri che ho etichettato come “i miei preferiti” su Anobii e molti dei miei preferiti sono scritti da donne: Jane Austem, Marguerite Jourcenar, Agotha Kristof, Harper Lee. Certo poi ci sono anche Roth, Grossmann e Yehoshua, Tolstoj e Dostoewskij ma insomma, quanto poco mi importa il sesso di chi ha scritto un libro, se poi il contenuto mi tocca profondamente le corde dell’anima…
Già, ma i critici? E le case editrici? Non amo buttarla su questioni di genere, ma la riflessione di Everett ha dei fondamenti solidi, secondo me…
P.S. Agota Kristof, Trilogia della città di K, è un capolavoro! 😉
Il problema di genere senza dubbio esiste. Ma non per questo i libri di Franzen sono meno belli o la responsabilità di tutto ciò può ricadere su di lui, non trovi? In fondo quello che non mi piace in questo tipo di commenti è che hanno sempre un tono fra il moralistico e l’accusatorio verso chi da questa ingiustizia sociale è avvantaggiato, confondendo però clamorosamente causa ed effetto.
Sembra che certi argomenti siano tabù da non toccare! E ti pareva che non saltasse fuori il moralismo! Scusa Lisa, hai ragione sembra sempre una pretesa da nostalgiche femministe quando si toccano certi argomenti e a volte anch’io provo fastidio, però se si tentasse di aprire un po’ l’orizzonte ci si accorgerebbe che la discriminazione c’è.
Non è solo per le donne, vale per molte altre categorie (razza, colore, età, Stato d’appartenenza… e via così). Un libro Made in USA per un editore è probabilmente più facile di un autore di un Paese minore. Questo perché al di là del nostro volere cresciamo in una società che ha dei valori consolidati e di difficile smantellamento.
Credo che aprire delle discussioni sull’argomento sia utile per tutti, anche se a me risulta a volte faticoso sostenere teorie alternative. A volte è più facile farsi trasportare dalla corrente che cercare di nuotare contro!
Concludo confessando che ho deciso di Mollare Franzen! Sono a più di metà libro, non capisco dove voglia andare a parare e mi sono stufata! Anche Francesca (che stimo e che ascolto sempre) ha avuto momenti di crisi nell’affrontare la traversata, tanto che a un certo punto ho avuto la sensazione che cercasse nel blog la motivazione per continuare. Forse è un po’ troppo.
Niente da ridire sul suo modo di scrivere, ma a pagina 345 dico che forse è troppo innamorato della sua scrittura. Gli piace così tanto ascoltarsi che si perde in pagine e pagine esasperanti…
Ho esagerato? Forse, ma sono stanca di seguire la corrente. Io provo ad andare altrove… magari poi torno.
Ps. Scusa Francesca mi piacerebbe sapere se la mia sensazione su i tuoi interventi in corso di scrittura ha un qualche fondamento.
Buona lettura a tutti Roberta
No Roberta, resisti… stiamo leggendo il libro più o meno in contemporanea (sembra un gruppo di lettura!) ma secondo me, superato lo scoglio della parte ambientalista è tutto in discesa! io non l’ho ancora finito però mi sta piacendo, a parte certi tortuosi rigiramenti in tondo nella parte centrale, a volte, davvero stucchevole!
Comunque ti capisco, io leggo sempre 3-4 libri in contemporanea, ogni sera scelgo quello che mi ispira di più in quel momento!
Stiamo parlando di Franzen, ma anche non di lui. Stiamo parlando di uno spunto, quello lanciato da Everett, che penso giusto raccogliere e tenere in un angolo del nostro personale giudizio critico, perché aiuta a vigilare e a discernere.
Io continuo a considerare Libertà un bellissimo romanzo, consiglio a Roberta di non mollare (benché come lei dice giustamente, anch’io a metà mi sia un po’ scoraggiata).
Continuo a credere che esista, e non solo nella critica letteraria, una forma di pregiudizio di genere tanto più difficile da individuare e debellare quanto più, in anni di battaglie e di acquisite consapevolezze, si è dovuta eclissare sotto la superficie. E’ come se rimanessero nel sangue collettivo tracce di una malattia tenuta a bada ma non estirpata (ma Lisa può senz’altro fornire una metafora scientifica più precisa).
Insomma: volevo che ci attivassimo tutti su questa critica perché, se il compito della generazione che ci ha preceduto è stato quello di abbattere le barriere più clamorose ed evidenti della discriminazione di genere, il nostro è un lavoro di fino, che richiede di estirpare anche le erbacce (mi limito a parlare del mondo occidentale, ovviamente)…
Ciao Adele, anche tu nel tunnel! Si magari ci provo ancora (saltando qualche pagina qua e là), però penso che un libro che richiede gruppo di auto aiuto non sia un gran capolavoro. A volte ho la sensazione che certi autori vengano considerati come una specie di esame, “se sei un lettore di un certo calibro non puoi non aver letto questo”, “se non ti piace questo, mhhh, forse non sei in grado di capire”. Che fastidio, mi fanno riprovare il rigetto per la lettura che sentivo a scuola quando cercavano di farmi legge Proust, almeno lui aveva superato l’esame del tempo!
Certo Roberta, se per te è così, cito il 3 punto del Decalogo del lettore di Pennac: Il diritto di non finire un libro! E scusate se divago rispetto all’argomento del post.
Adoro Pennac! Viva il punto 3. Se arrivo alla fine ti lancio un messaggio…
Buona lettura a tutti.
Mamma mia| Ma come faccio stasera ad andare a cercare il libro..Non posso superare la notte senza comprarlo..siete tutte stupende,mi piace questo gruppo..Sarà anche vero che cercate appoggi qua e là per portarlo a termine,o per capirlo,ma tutto questo entusiasmo io lo colgo e lo sento già un po’ mio. Tornerò presto con qualche riflessione a riguardo..Anna
Agota Kristof è un dio e basta.
Finito. Piangendo. Bello anche se a tratti ostico.
Ciao, sono nuova…ma mi interessa la discussione, alla quale do il mio contributo citando alcuni nomi di scrittrici che trovo a livello dei migliori uomini: Arundhati Roy, Joyce Carol Oates (già candidata al premio Nobel) M. Yourcenar, Nicole krauss, D.Lessing… penso che in parte c’entri il maschilismo ancora imperante, anche se per poco (spero!)