se Franzen fosse una donna (ovvero perché nessuna donna è come Franzen)

23 maggio 2011

xxx

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L’articolo di cui vi voglio parlare oggi è uscito sul Corriere della sera il 6 maggio, ma mi è capitato di leggerlo, grazie a un’amica, solo adesso. Si intitola “Se il capolavoro è vietato alle donne” (cliccate sul titolo per leggerlo) ed è a firma di Percival Everett (nella foto) che ho scoperto essere scrittore nero americano, classe 1956. La sua tesi è presto detta, e poi molto ben argomentata: Libertà di Jonathan Franzen si è conquistato l’onorevole appellativo di Grande Romanzo Americano in quanto il suo autore è un uomo (e aggiungerei io, ha anche la faccia e il carattere di quello che oggi cerchiamo sopra ogni cosa: è un personaggio, battibecca con Oprah Winfrey, fa lo snob).  Sostiene Everett: «Io non credo che dei critici letterari autorevole darebbero mai una definizione così pomposa di un romanzo scritto da una donna». Infatti non è accaduto a nessuno di quelli che trattano temi simili a Libertà. Se una donna scrive un romanzo intimista viene giudicata sentimentale (ma Franzen non è forse intimista?), se usa troppe parole la sua prosa è giudicata floreale, poetica o ridondante (anche Franzen usa troppe parole, eppure…); «le scrittrici sono petulanti, sfacciate. Quand’è stata l’ultima volta che uno scrittore è stato definito sfacciato?». Infatti delle molte autrici che hanno descritto l’America con altrettanta pregnanza di Franzen, nessuna ha avuto il suo destino glorioso. Everett cita Toni Morrison, Marilynne Summers Robinson, Mona Simpson e Anne Tyler (e posso pronunciarmi solo sulla prima e sull’ultima e benché Anne Tyler non sia tra le autrici che amo di più, non posso dire che non sappia rendere con pregnanza il minuto quotidiano di quel Paese di Paesi che sono gli Stati Uniti). Aggiungerei senz’altro Elizabeth Strout che, come chi mi segue avrà capito, trovo grandiosa: una Franzen con il numero giusto di parole, oltretutto. Non a caso nel 2009 ha vinto il Pulitzer. Franzen è stato solo finalista nel 2002. In Italia la Strout è tradotta da Fazi, meritevolissima piccola casa editrice che fa libri di qualità. Franzen da Einaudi. Un caso?

Sarebbe bello poter bollare la riflessione di Everett come capziosa o ideologica. Invece è davvero difficile rispedirla al mittente. Questo articolo ci interroga anche nel profondo. L’amica che me lo ha passato faceva autocritica: “quando prendo in mano il libro di una donna è come se lo sentissi meno autorevole, a priori preferisco autori uomini”, confessava. Un pregiudizio che in molti ci portiamo scritto dentro (anch’io, lo ammetto), spesso senza rifletterci. Forse è il momento di tirarlo fuori e chiederci perché. O chi ce lo ha inculcato.

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