troppo pieno, troppo vuoto
(Mark Haddon Lo strano caso del cane
ucciso a mezzanotte
)

16 novembre 2010
Scritto da: Stefano Iacus

Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (Einaudi, 2005, € 11,50). Ho iniziato a leggerlo in aereoporto incuriosito dal titolo e dal commento in copertina di Oliver Sachs che scrive «commovente, verosimile e divertente». Ed effettivamente mi ci sono ritrovato. È a tratti una storia forte che racconta la rinascita di un bambino affetto da una forma particolare di autismo, che affronta un viaggio intimo che gli cambierà la vita. Una madre che scappa perché incapace di gestirlo e pure lo ama, un padre incapace di accettare la debolezza della madre e che, pur negandosi una vera esistenza per accudire Christopher, alla fine perde la cosa più importante e cioè la sua fiducia. Christopher è una bambino che non puoi abbracciare e che accetta come unico scambio di affetto sfiorare i polpastrelli della tua mano protesa a ventaglio. Chi resisterebbe a questa tortura!

Il finale non si svela mai, ma la descrizione dell’autismo è quella che più colpisce. Haddon, fa dire a Christopher alcune perle come «i cani sono fedeli e non dicono bugie perché non sanno parlare»; oppure «mi piace quando piove forte, è come essere avvolti da un rumore indistinto, continuo, che mi ricorda il silenzio ma non è vuoto come il silenzio». Oppure, quando parla di «memoria olfattiva delle persone e dei luoghi che funge da colonna sonora» della vita. E poi, c’è questa sensazione da troppo pieno o troppo vuoto, che colpisce gli autistici ma anche noi, e sono quelle volte in cui «tieni la radio appiccicata all’orecchio sintonizzata tra una stazione e l’altra, e ti arriva soltanto un rumore indistinto, e allora alzi il volume talmente forte che non riesci a sentire nient’altro e in quel momento sai di essere al sicuro perché non senti nient’altro». Chissà, forse c’è un po’ di autismo in ognuno di noi (o in me), ma questo libro suscita subito un forte senso di empatia con il protagonista e vale la pena di arrivare fino all’ultima pagina.

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