200 ragazze per un posto da dattilografa
(Elio Petri Roma ore 11)

29 novembre 2010
Tempo di lettura: 3 minuti

Se qualcuno mi chiede un bel libro da leggere, fra i primi titoli che mi vengono in mente c’è sempre Roma ore 11 di Elio Petri (Sellerio, 2004, € 9,00). Non è un romanzo, ma una storia vera. Più precisamente è un’approfondita inchiesta condotta dal giovane giornalista Elio Petri, futuro regista, su un curioso e tragico fatto di cronaca. Roma, lunedì 15 gennaio 1951: in via Savoia 31 si raduna una folla tutta femminile. Duecento ragazze sono accorse in risposta a un annuncio di lavoro comparso su Il Messaggero il giorno prima: «Signorina giovane intelligente volenterosissima attiva conoscenza dattilografia miti pretese per primo impiego cercasi». Le scale del palazzo primi Novecento ove risiede l’ufficio dell’inserzionista non reggono al peso delle troppe bisognose aspiranti dattilografe: crollano uccidendone una e ferendone 78. La tragedia in sé banale accende un faro su una realtà italiana senz’altro datata anni Cinquanta, ma con impressionanti echi nel presente. È grazie al regista Francesco De Sanctis se quello spaccato sociale ha trovato un risalto: fu lui, infatti, a incaricare Elio Petri di indagare sull’episodio, parlare con i testimoni, con i portinai dei palazzi vicini, cercare le ragazze una per una per raccogliere le loro storie, le loro aspirazioni, cosa le avesse attirate così numerose e fameliche per un solo posto di dattilografa “miti pretese”. Questo libro è un viaggio nella vita di una generazione di donne di cui si è parlato pochissimo: sono le ragazze nate alla fine degli anni Venti e nei primi anni Trenta, le prime che cercarono di mettere il naso fuori di casa, timide e spinte dalla povertà del dopoguerra, donne ancora prive di una vera consapevolezza dei loro diritti. Donne che avevano da poco ottenuto il diritto di votare. Elio Petri ci porta nelle loro case, sono famiglie del ceto popolare e medio borghese, e ci porta nei pensieri di quelle ragazze, cosa pensavano del lavoro di dattilografa (un’occasione di riscatto sociale, un modo per uscire di casa, una necessità per sopravvivere con un marito disoccupato, o per aiutare i genitori a mettere insieme una minestra per la cena). Cosa sognavano mentre aspettavano quel colloquio, cosa sognavano per il loro futuro? E poi l’ansia, la rivalità con le altre, le astuzie, l’emozione. Questa inchiesta fotografa “il bisogno materiale e spirituale del lavoro”, commenta Francesco De Sanctis nell’introduzione. E in questa foto entra, come un bidone dei rifiuti capitato per caso nell’inquadratura, una vergognosa verità del nostro Paese: molte ragazze confidano a Petri di aver ricevuto ricatti sessuali in cambio di un lavoro, di aver subito pressioni, se non vere e proprie molestie, da parte di ex datori di lavoro; «Non è un giorno che giriamo… e invece del lavoro, t’offrono d’andare a cena con loro»; qualcuna lascia intendere che potrebbe persino arrivare a usare questo malcostume a suo favore, tante lo considerano “normale”, lo accettano come inevitabile “pegno”, se sei donna. Donna nel 1951. Donna nel 2010.
Da vedere il film che Francesco De Sanctis girò basandosi sul materiale raccolto da Elio. E c’è un omonimo spettacolo che gira per i teatri d’Italia, anche in provincia: ci sono molte date per tutto il 2011, tenete d’occhio i cartelloni.

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