who’s that girl?

17 dicembre 2010
Scritto da: Nicoletta Giorgio

Era il 4 settembre del 1987 la prima volta che mi feci quella domanda. Avevo dieci anni e Torino per me era Largo Orbassano, i giardini della pista, la scuola elementare Augusto Berta. Dividevo la camera con mio fratello, c’era il poster di Platini alla parete, ma non si riusciva a vedergli la faccia perché quell’impedito lo aveva attaccato con lo scotch da pacchi, quello marrone, e non lo aveva messo dietro, aveva messo una striscia tutta lunga proprio sul bordo superiore della foto e gli aveva coperto occhi e naso. Dalla mia parte avevo quello di Cristina D’avena e quell’inverno ero anche andata al suo concerto, o meglio io e Barbara, la mia amica che aveva il bar sotto casa mia, ci eravamo travestite, era carnevale, io da fatina e lei da principessa, ed eravamo andate davanti al palazzetto dove cantava, con sua mamma (i miei non ci avrebbero mai accompagnate, non erano tipi da concerto e bocciavamo tutte queste cose con aria sufficiente, ed io mi sentivo un po’ scema perché a me piacevano e solo dopo avrei capito che avevo ragione io e che la loro era paura). Non ci avevano fatto entrare. Tutto esaurito. Noi avevamo pianto tutte le nostre lacrime e la mamma di Barbara ci aveva portato al bar a fare merenda e noi avevamo il trucco sfatto dal dolore.
Ma Torino era anche Disco Giallo, per noi. Era su due piani, aveva due vetrine e vendeva tutta la musica del mondo. Ci compravamo le cassette, e ci sentivamo un po’ più moderni dei nostri genitori che ascoltavano i dischi, e mio padre ci aveva comprato il mangiacassette della Sony (sosteneva che le marche giapponesi fossero le migliori) e non potevamo toccare il suo piatto per i dischi perché diceva anche che gli rompevamo la puntina e che poi gli rigavamo tutto il vinile. Ma a noi non importava, e andavamo da Disco Giallo, ed io mi compravo le cassette di Cristina D’Avena, mio fratello quelle degli “Europe” e di Samantha Fox, una che aveva un seno enorme e si vestiva tutta di pelle, e mio fratello non aveva avuto il coraggio di appenderla in camera, ma sentivo che parlava di lei con i suoi amici, lui aveva tredici anni nel 1987, e iniziava ad abbassare la voce, quando parlava bisbigliava, ed io avrei voluto sentire tutte quelle  sue conversazioni, ma non mi era con
sentito. Poi c’era Patrizia, la sorella maggiore di Barbara, che aveva cinque anni più di noi, era grandissima, ed era stata bocciata due volte alle medie, ed era rispettata da tutti, anche da mio fratello che andava nella stessa scuola ed era un secchione. Lei si comprava le cassette di Madonna. Continua a leggere »

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