l’insostenibile leggerezza dei 12 anni
Non è il momento più opportuno ma lo fai lo stesso, chiedi un giorno e mezzo di ferie per portarlo a Riccione, la gara di scherma più importante dell’anno. Scappi dal lavoro e lo recuperi a scuola, le 3 ore di treno verranno buone per preparare la verifica di storia, 100 pagine intonse da ‘ripassare’, dal crollo dell’impero romano alle crociate, lui protesta che la storia non serve a niente, tu ti fingi cintura nera di pazienza: chi conquistò Gerusalemme nel 1099?, lui fa la faccia concentrata in uno sforzo inumano, “Goffredo di Bosone!”, dice trionfante. Buglione, non Bosone!, “Ah, sì, giusto, è quasi uguale.” Non lo è, ma prosegui con calma olimpica fino a Riccione, tiri il trolley lungo la spiaggia verso l’hotel, “Mamma, sembra di trascinare un cadavere” fa lui cedendoti l’onere, ti fai facchino e intanto ritenti, “Goffredo…?”, “di Badone”. A 5 anni recitava interi audiolibri a memoria, non ti sembrava che fosse scemo. Siete arrivati, c’è la cena con i compagni di scherma, lo aiuti a scegliere il menu, in camera gli fai i massaggi perché dorma senza l’ansia della gara, si fa di sasso in un secondo e ti ruba le coperte. 8.45 in pedana, lui sbadiglia, tira al di sotto delle sue possibilità, alla prima diretta si fa buttare fuori da uno meno bravo, un anno di allenamenti e gare, 6 ore di viaggio, una manciata di stoccate e amen. Non fai in tempo a dispiacerti perché lui è già uscito, gioca felice con gli amici, mangia una piadina e risale in treno. Goffredo è diventato di Bugliolo, e tu lo prendi per un progresso. Riccione-Milano, altre 3 ore di storia, se sorvoli sul fatto che dopo 8 mesi sul medioevo ti chieda cosa vuol dire clero è perché stai leggendo un messaggio della babysitter: sei convocata dal maestro di tua figlia che oggi in classe ha risposto male. Scendi dal treno appena in tempo per recuperarla in palestra, lei è affranta, teme che i sospirati buchi alle orecchie subiscano un posticipo, fingi di non cogliere e prosegui verso la buddhità, ficchi i figli sotto la doccia, la divisa da scherma in lavatrice e la pasta nell’acqua che bolle. A tavola il papà, costernato, chiede al figlio: “allora, sei dispiaciuto?” e, lui con sincero stupore, “perché?, è stata una bellissima giornata”. In un attimo, come fossi in fin di vita, ti passa la tua storia davanti agli occhi, le volte che hai pianto di rabbia per un obiettivo mancato, il senso di disfatta per un voto un po’ sotto le aspettative, la vergogna per la tua pochezza, le ore a lavorare per una rivincita, il peso dato alle cose che facevi. L’insostenibile leggerezza dell’essere che non era solo il titolo di un romanzo ma la tua verità. E non sai se quel 12enne a cui tutto sembra scorrere addosso sia il tuo maggior successo o la prova che come genitore meriti il voto che lui domani prenderà in storia. Non sai se ti stia preannunciando il suo futuro da bamboccione disimpegnato o ti stia dando una lezione di vita. Gli rimbocchi le coperte e stai per chiedergli un’ultima volta Goffredo di…?, ma freni in tempo. Una cosa ora la sai, certe domande meglio non farle.
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Una cosa su cui spesso anche io, madre di una bimba di 7 anni, mi sono fermata a riflettere. La mia generazione (penso anche la tua) è cresciuta con il diktat “se fai bene è solo il tuo dovere, se fai male, vige la più totale contrizione indotta”. Questo sembra ci abbia portato ad essere genitori diversi. Io non vorrei che mia figlia crescesse con l’ansia da prestazione e il senso di colpa strisciante che mi sono trascinata dietro fino ai 30 anni (che sto tuttora combattendo grazie all’analisi). Spero al tempo stesso che non sia in futuro una persona troppo superficiale. Ma forse, il fatto stesso di porci questi dubbi e di ragionarci costantemente su ci fa essere buoni genitori. O no? 😀
Ciao,
ridevo mentre leggevo il tuo resoconto perchè ci rispecchia pienamente, ho TRE adolescenti per casa ed ogni tanto capitano le studiate da 100 pagine , le incazzature perchè glie l’hai ripetuto fino alla nausea che si studia un pò ogni giorno e la netta sensazione che buona parte dei voti siano merito nostro…
Giusto un minuto fa pensavo che il diciassettenne figlio maggiore è scemo dentro e prima o poi…Grrr!!
Betty
Cara Elena, cogli nel segno: qual è il giusto equilibrio tra il desiderio (che condivido!) di non generare sensi di colpa e la necessità di rendere i ragazzi responsabili di quello che fanno? Quando i miei figli avevano 7 anni anche per me la priorità era alleggerirli di tutti carichi con cui la nostra generazione è cresciuta; ora inizio a vedere gli effetti di un’educazione basata sempre sul dialogo, in cui tutto può essere discusso, in cui si è facilmente perdonati… e non sono sicura che siano sempre dei buoni effetti… Dopo l’episodio che ho raccontato, parlavo con mio figlio facendogli notare alcuni limiti del suo comportamento e lui mi ha detto: «Ma così mi fai sentire in colpa!». C’è un modo, che non sia colpevolizzere, per indurre a riflettere?