Venuto al mondo di Margaret Mazzantini: esce il film (di Castellitto)

7 novembre 2012

Al giornale mi chiedono di intervistare Margaret Mazzantini per l’uscita del film tratto da Venuto al mondo (Mondadori 2009). Non ho letto quel libro, e i tre suoi che ho letto non mi hanno convinta. Mi ci butto per necessità. E finisco nella rete, impigliata nelle immagini continue, nella frase che interpreta vissuti di tutti, nella storia piena di dolore, nella descrizione della guerra. Convincente. Mi piace. Un libro di quelli che ti si appicciano addosso. Poi la chiamo. Margaret è cortese, parla un po’ come scrive. Ma gioca tutto in difesa.Vuole che si parli solo del film… è di quelle persone che i giornalisti detestano intervistare. Non ti sorprende, attacca un disco e dice a tutti le stesse cose. Una parte di me la capisce. Forse al suo posto mi difenderei nello stesso modo. Però i grandi, quelli veramente grandi, non hanno bisogno di schermarsi così. Possono essere come sono, uscire dalla traccia, guizzare senza paura. O no? Ecco l’intervista.

Occhi chiari, viso affilato, 51 anni, quattro figli, sette romanzi, 650 mila copie vendute solo con Venuto al mondo, il suo libro più intenso («Con questo romanzo ho incominciato a invecchiare»): Margaret Mazzantini è una delle nostre scrittrici più lette e amate. Ora il suo bestseller ambientato a Sarajevo è anche un film. Sceneggiato da lei e girato dal marito, Sergio Castellitto, con Pénélope Cruz nella parte di Gemma e Emile Hirsch (il ragazzo di Into the wild) in quella di Diego. Non è facile fare domande a Margaret, quando parla è una pioggia torrenziale, «sono carne in tempesta» dice di sé.
È stato difficile contenere in un film un romanzo così denso di storie?
«Per uno scrittore ridurre un libro in un film è uccidere i suoi amori. Le cose che ama di più, spesso non sono le più importanti: costruisci una cattedrale per raccontare una smagliatura. Ma il film non è il libro, ne è “figlio”. Abbiamo tenuto la storia, che si riassume in poche righe: una coppia non riesce ad avere figli e finisce per trovarne uno in Bosnia. Quando il ragazzo è cresciuto, la madre, Gemma, lo porta a Sarajevo, e lì scopre la vera storia della nascita di suo figlio. Sullo sfondo c’è la guerra, la prima che abbiamo visto in tv all’ora di cena. Quando è cominciata allattavo il mio primogenito, Pietro, avevo un’ossessione, ho raccolto quintali di ritagli di giornale, nel libro non c’è niente che non sia vero».
Il romanzo è toccante, si piange. E il film?
«Io, sul set, ho pianto infinite volte. Anche la troupe era commossa, giravamo in un silenzio sacrale. Mi sembra un buon film, di quelli che ti lasciano affamato d’amore. Torni a casa e hai voglia di abbracciare i tuoi cari».
Lavora molto con suo marito, siete considerati una coppia perfetta. Non si stanca mai di averlo attorno?
«Ma guardi che non stiamo così tanto insieme. Io sono un gatto solitario, appena posso mi ritiro nel mio angolo segreto, che è la scrittura. Sergio dice che gli sembra di non conoscermi mai del tutto. La gente pensa chissà che, ma noi siamo solo dei gran lavoratori. Ci sentiamo due barboni che ce l’hanno fatta. Nella divisione dei compiti siamo tradizionali, io mi ammazzo come tutte le donne, giro il sugo e intanto ascolto i ragazzi che ripetono la lezione. Ieri abbiamo avuto amici a pranzo, ho cucinato tutto io, Sergio mi ha dato una mano a rimettere a posto».
Nel film c’è anche vostro figlio Pietro…
«Pietro ha ispirato il personaggio omonimo nel romanzo. Era giusto che lo interpretasse lui. È stato molto felice. Poi ovviamente si è lamentato. Sergio mostrava le scene a Pénélope, a Emile, tutte le urla e i pianti li recitava prima lui, per aiutare gli attori. Pietro sosteneva che con lui fosse meno attento: “Con me papà c’ha meno pazienza”».
Non ha pensato di interpretare lei Gemma?
«No, non recito da anni. Ho fatto una scena di una fioraia al markale, il mercato coperto di Sarajevo, ma l’abbiamo tagliata, erano quattro ore di film. Per Gemma serviva una più giovane di me».
Come avete scelto Pénélope Cruz?
«È stata lei a proporsi, anche se a me non sembrava giusta. Certo non pensi a una donna sterile, guardando Pénélope! E poi stava allattando, aveva un seno pieno, e io di Gemma avevo un’immagine più anoressica. Invece come sempre è stata bravissima».
La Cruz ha recitato anche in Non ti muovere. Che rapporto avete, di cosa parlate?
«Pénélope è una star, vive tra l’America e la Spagna, non ci vediamo molto. Ma quando viene a Roma le preparo la pasta alla puttanesca, la sua preferita. Parliamo di tutto. Lei vedeva Gemma in me, studiava di continuo i miei atteggiamenti, ogni tanto le dicevo “Oh, guarda un po’ da un’altra parte!”».
La Bosnia in Venuto al mondo e poi la Libia in Mare al mattino. Sono guerre vicine ma non nostre. Ci sono guerre italiane che le piacerebbe raccontare?
«La mia scrittura è sempre di guerra. Per il prossimo libro sto pensando a una storia d’amore: anche l’amore è una guerra, anche la vita quotidiana lo è, una guerra per la quale nessuno di noi è veramente adatto. L’essere umano è un campo di battaglia, vive di pulsioni sommerse in lotta fra loro. Pensi a Gemma. Pur di avere un figlio, arriva a spingere l’uomo che ama ad andare con un’altra donna: è una crudeltà contro se stessa».
Gemma vuole un figlio a ogni costo…
«Io non mi permetto di esprimere giudizi. La maternità è un discorso talmente privato. Chi non ci passa non può immaginare il calvario della sterilità, il dramma».
Come ha fatto a immedesimarsi in una donna sterile, lei che ha quattro figli?
«È proprio avendo dei figli che posso capire cosa significhi non riuscire ad averne».
Pensa che i gay abbiano il diritto di diventare genitori?
«A questa domanda preferirei non rispondere. Io vorrei solo che ci fossero leggi più giuste. Invece anche un dramma come la sterilità diventa una questione di soldi».
Lei è madre di due femmine ed è tra le prime firmatarie del manifesto “Se non ora quando?”: pensa che le italiane debbano riconquistare una dignità calpestata?
«Penso che ci sia una misoginia latente. Però non mi piace fare discorsi sociologici. Perché c’è la donna che resta incinta nella piccola azienda e viene licenziata. Ma poi c’è anche la donna di potere che è stronzissima. Quello che è intollerabile è la violenza sulle donne. Cosa puoi dire a una figlia oggi? Devi studiare e saperti difendere. Quando esce un figlio maschio la sera è un conto, quando esce una femmina è diverso. Però ci sono anche uomini vessati da donne forti che hanno più capacità dialettiche. Vede quanto è complicato il discorso? Io ho tante visioni poco ortodosse e lei non mi può fare l’intervista su tutto… Dica che questo film racconta una bella storia d’amore».
Su questo non si può che essere d’accordo.

Scritto da: Francesca Magni

Post letto 2382 volte
Tags: , , , , , , , , ,

24 commenti a “Venuto al mondo di Margaret Mazzantini: esce il film (di Castellitto)”


Scrivi un commento



*




Segui questo link per ricevere nuovi post dal blog!