日本 la campana di Capodanno a Kyoto

31 dicembre 2010

In Giappone l’ultimo dell’anno è una festa intimista, in tivù ci sono programmi di canzoni strappacuore, per le strade silenzio, a cena come piatto augurale una ciotola di soba, spaghetti simili ai nostri alla chitarra preparati in brodo con qualche verdura. Poi tutti al tempio scintoista. Noi siamo a Kyoto e abbiamo scelto Chion-ji, dove si trova la campana più grande del Giappone, servono 17 monaci per suonarla, indossano un saio marrone e infradito ai piedi, alcuni senza calze. Raggiungiamo la campana nel parco del tempio attraversando un boschetto illuminato dal riverbero della neve, una salita fra piante imbiancate, un minuscolo lago ghiacciato e persino un piccolo campo di riso. Riusciamo a fendere la folla di giapponesi fino alla prima fila, alle spalle dei monaci: recitano un mantra con parole che suonano un po’ come Ave Maria e a cadenze fisse lanciano tutti insieme il grosso tronco di legno che percuote la campana e si muove grazie a un gioco di corde ingegnoso e bellissimo da vedere. 108 colpi, il numero che meglio descrive la completezza della creazione secondo lo shintoismo e, mi dicono, il numero dei difetti che ognuno di noi dovrebbe scacciare con l’aiuto di ogni rintocco di campana. Il Capodanno si chiude così, scendendo di nuovo nel bosco magico di neve, assaggiando una specie di wurstel alla brace e un dolce alla crema di castagne (entrambi buonissimi) presi alle bancarelle ai piedi del tempio. Nessun brindisi, nessun botto, i giapponesi quasi non si dicono buon anno, a quanto pare. Ma la cerimonia è stata così intensa e rasserenante che sembra davvero l’augurio migliore.

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