piaceri volatili
(Francesco Piccolo Momenti di
trascurabile felicità
)

10 novembre 2010
Tempo di lettura: 3 minuti

Momenti di trascurabile felicità di Francesco Piccolo (Einaudi, 2010, € 12,50) è un libro-elenco di cose minute che accadono a tutti con frequenza, più alcune sue personali ma in cui ti ritrovi. Cose che per il loro semplice succedere e ripetersi diventano familiari al punto da farci sentire a casa quando capitano un’altra volta: «Quando quello che ti ha chiesto di conservargli il posto, finalmente arriva. E puoi dimostrare a tutti quelli intorno che era vero» (pag. 91); «quando mi sveglio in un posto che non è casa mia, quell’attimo in cui non capisco ancora dove sono: E anche quando poi lo capisco» (pag. 11). Qualcuna è esilarante, come quella del negozio di scarpe o quella del pigiama, ma non posso scriverle tutte, ci sono i diritti da rispettare. Anche se io lo cito per puro entusiasmo.

Un anno fa non sapevo niente di Francesco Piccolo. Un giorno in libreria vedo La separazione del maschio (Einaudi), ha una foto forte e bellissima in copertina, un nudo di donna in bianco e nero, la quarta dice: “le troppe vite di un uomo a quarant’anni: il matrimonio, il desiderio, la paternità, il tradimento, il senso di colpa. E soprattutto, il sesso. Un romanzo scandaloso e disarmante come una confessione”. Lo compro. Un marito e padre affettuoso vive con ingordigia molte storie parallele e molto sesso, senza per questo smettere di amare la moglie e la famiglia. Il romanzo, che ti convinci sia autobiografico anche se magari non lo è o chissà in quale misura, trasuda essenza di maschio: non per il tema, ma per come il protagonista (nei cui occhi vieni calato) vive le relazioni, per i dettagli sugli odori, i sapori, il desiderio, i pensieri; per una donna è come entrare finalmente nel cervello maschile.

E poi Francesco Piccolo – che a quel punto ho scoperto essere un famoso autore tv e sceneggiatore (ha scritto anche il film di Virzì candidato all’Oscar) – è speciale a smascherare le minutaglie del quotidiano e dei sentimenti, senza timore di rivelarne le piccole meschinità. C’è una pagina memorabile in cui racconta il batticuore prima di rientrare a casa dalla moglie dopo essere stato con una delle tante altre donne che lui a suo modo ama (senza per questo amare meno la moglie).

Finito il romanzo ero innamorata di Francesco Piccolo, che poi ha un nome che col mio è una specie di uguale e contrario. Sono andata in libreria e ho comprato Allegro occidentale (Feltrinelli), un altro libro geniale che vi racconterò un’altra volta (vi dico solo che è una fenomenologia ironica ma serissima del viaggiare ai giorni nostri: le pagine dedicate a un volo aereo in business class, quelle sugli elefanti in Sri Lanka, quelle sull’Australia sono capolavori. Ma ve ne parlerò un’altra volta).

Devo tornare da dove ero partita: perché leggere Momenti di trascurabile felicità? Non è un romanzo, non ha una trama, è un elenco, come dicevo. Però esercita l’occhio a osservare e la testa a raccogliere le sensazioni minime che ci danno una cornice, un contesto, un mondo familiare, anche se per lo più le ignoriamo. E poi perché fa sorridere e a volte anche ridere parecchio, come quando parla del pigiama e del negozio di scarpe e, sì, non posso resistere dal copiarvi almeno questo: «Entro in un negozio di scarpe, perché ho visto delle scarpe che mi piacciono in vetrina. Le indico alla commessa, dico il mio numero, 46. Lei torna e dice: mi dispiace, non abbiamo il suo numero. Poi aggiunge sempre: abbiamo il 41. E mi guarda, in silenzio, perché vuole una risposta. E io, una volta sola, vorrei dire: e va bene, mi dia il 41» (pag. 8).

Scritto da: Francesca Magni

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