l’arte di fare il ‘punto nave’ ovvero: se ti piace Anne Tyler leggi Maggie O’Farrell (Istruzioni per un’ondata di caldo)

22 luglio 2015

Maggie O’Farrell, Istruzioni per un’ondata di caldo (Guanda, 2013, traduzione di Valeria Bastia, € 18,50, pp. 309. Ho comprato questo libro quando è uscito, due anni fa, guidata dall’istinto; nessuno me ne aveva parlato, la quarta di copertina annuncia una storia di famiglia, la trama è ininfluente, come spesso accade in affreschi del genere. Qui conta la forza della pennellata, la scrittura che dà corpo a persone, gesti, relazioni. Maggie O’Farrell quella forza ce l’ha tutta, potrebbe essere ‘figlia’ di Anne Tyler – anche in senso anagrafico. E il fatto che io abbia ripescato il suo romanzo proprio dopo aver letto Anne Tyler e giusto prima di partire per l’Irlanda, Paese di cui la O’Farrell è originaria e di cui la storia porta il peso, conferma che i libri hanno un loro sapere segreto, giocano con noi (forse se la ridono anche). Aggiungete che Istruzioni per un’ondata di caldo è ambientato nell’estate del 1976, soffocante quanto questa del 2015, e diventa difficile ignorare i ‘segni’… Questo era proprio il libro da leggere a-d-e-s-s-o!

Ci sono tre fratelli ormai adulti, Micheal Francis con un matrimonio in crisi (la moglie, Claire, rimasta incinta prima che finissero gli studi, cerca se stessa iscrivendosi all’università e nei gruppi di studio degli anni ’70); Monica è la preferita della madre ma ha un divorzio alle spalle e un secondo matrimonio disastroso nel quale sembra tener botta per punirsi di qualcosa di terribile che ha commesso; Aoife, la minore, vaga per New York in cerca di se stessa, è l’aiutante di una fotografa famosa e vive un dramma che oggi chiamiamo disturbo, la dislessia: dopo una tragica infanzia scolastica, la costringe a vivere di sotterfugi pur di nascondere che non riesce a leggere. Greta, la madre, è irlandese fino al midollo, cattolica con tutti i conformismi, mette in croce Monica quando scopre che è andata a letto col fidanzato prima di sposarsi, regge la casa e la famiglia con rigore, generosità e tutte le ossessioni delle ‘grandi’ madri; ma quando la fuga di suo marito Robert scoperchia storie che arrivano dal passato, Greta è quella che ha la peggio: il rigore con cui ha cresciuto i figli le si ritorce contro, è costretta ad realizzare di essere lei la prima ad aver infranto le regole in cui pretendeva che tutti vivessero.

E la storia finisce in un amen quando ogni cosa torna e le leggi che gli uomini si danno in nome di Dio riescono finalmente a farsi impalpabili e vane; you are forgiven, sembra dire l’epilogo di questo romanzo. Lo dice a ognuno dei personaggi, a Michael Francis e Claire che forse non divorzieranno o forse sì, ma così sia; a Monica che riesce a fare la sua scelta; alla splendida Aoife per cui ho tremato di commozione pagina dopo pagina – è forse il personaggio più memorabile, la figlia minore, il viticcio lanciato più lontano, quello che farà andare la famiglia un po’ più in là verso il futuro perché ha sofferto più di tutti. E Greta? Be’, lei è un po’ mia madre, è un po’ tutte le madri, non importa quanto diverse da lei e, sì, sarà perdonata perché così deve essere.

Ma la trama, dicevo, è di poca importanza. Conta la forza con cui Maggie O’Farrell rende visibili i gesti dei suoi personaggi e ciò che significano nella comunicazione quotidiana. Perché i gesti minimi, come sa bene chiunque sia cresciuto tra le complicazioni di una famiglia, spesso non sono movimenti casuali né semplici azioni funzionali. Preparare una tazza di tè, farsi il bagno e vestirsi per la cena, annusare il camice da lavoro del marito, comprare un paio di anfibi, tagliarsi i capelli troppo corti, lasciarsi scappare uno sguardo di disappunto, ingozzarsi di panini a una cerimonia, fare ordine nei mobili della cucina senza riuscire a buttare nulla: i gesti minimi, quelli nel libro e nelle giornate di ognuno di noi, sono le coordinate dei punti sulla mappa delle complesse relazioni famigliari. I gesti dicono chi siamo, cosa proviamo e dove ci troviamo esattamente  – in relazione agli altri e lungo il cammino. E Maggie O’Farrel, come Anne Tyler, come anche Elizabeth Strout, sarnno rendere evidenti quelle coordinate. Fanno il ‘punto nave’ dei loro personaggi, invitandoci a pensare al nostro.

Scritto da: Francesca Magni

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