per chi ama gli eroi moderni
e i finali imprevedibili
(Lello Gurrado Fulmine)

25 aprile 2014

Lello Gurrado, Fulmine (Marcos y Marcos, 2014, € 15,00, pp. 207). L’ho letto questo pomeriggio in giardino, inseguendo con la sdraio uno spicchio di sole; prima di correre a scriverne ho dovuto distrarmi interrando alcune piantine di basilico, per nascondere le lacrime ai miei figli: vaglielo a spiegare che piangevo per un libro che parla di un ragazzo pugliese trasferitosi in Veneto negli anni ’90 in cerca di fortuna, con la testa piena di sogni di uguaglianza e delle parole di Martin Luther King, Nelson Mandel e Malcolm X!

Certo, glielo racconterò, è una storia perfetta per una sera a cena con i bambini, specie se stanno diventando grandi e sono affamati di eroi e ideali. Ma come spiegare che piangessi come un vitello per il finale, per i colpi di scena, per la rabbia e la voglia di sogni puliti, come quelli di Fulmine, che a quarant’anni si appannano e se non ci fosse un libro ogni tanto a ricordarteli…

Ora vi chiederete perché ci giri intorno e non vi racconti di cosa parla il nuovo romanzo di Lello Gurrado, già maestro delle storie a sorpresa con Invertendo l’ordine dei fattori. La verità è che questa è una recensione impossibile. C’è ben poco che si possa raccontare senza rovinare la forza del libro, che sta tutta nella sorpresa, anzi, in una catena di sorprese.

Fulmine nasce sul sedile di un’auto in una notte di temporale, mentre la nonna cerca di portare sua madre all’ospedale. Ha fretta di entrare nel mondo e di diventare autonomo, ma nel paesino in Puglia in cui vive c’è ben poco da fare se non raccogliere olive e pomodori sottostando alle regole del caporalato. Fulmine ha la testa piena delle storie dei rivoluzionari, sogna uguali diritti per tutti e una vita migliore. Con un carattere volitivo e l’energia che di un’infanzia povera e senza un padre ma benedetta dall’affetto della madre e della nonna, quando arriva in un paese del Veneto diventa punto di riferimento per tutti gli immigrati e gli sfruttati e quando si innamora di Romina, la figlia di un industriale potente e razzista, va da sé che saranno guai.

Fulmine è un personaggio indimenticabile per l’indomita fede in un futuro migliore, per i pensieri puliti, per l’intuito di scegliersi amici buoni e perché è il classico eroe positivo, quello capace di rispondere alla violenza con idee ingegnose (molto ingegnose!) e fuori dagli schemi, pacifiche e spiazzanti in quanto ironiche.

Ma Fulmine non sarebbe il romanzo geniale che è se Lello Gurrado non gli avesse dato la forma di una storia vera, ascoltata dalla voce di una donna incontrata in Puglia durante una vacanza. E se alla fine Fulmine non si rivelasse diverso da come, per duecento pagine, ci era parso…

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Sta in questa cornice narrativa (e nella prosa senza pretese, quasi da racconto orale) il segreto delle lacrime con cui ho chiuso il libro: perché l’espediente di Lello Gurrado mi ha fatto non solo sentire, ma vivere – pur seduta sulla sdraio in giardino – l’autentica possibilità di sogni e azioni eroici, e insieme mi ha fatto toccare il limite del nostro comune modo di pensare.

E dopo questa recensione deludente per voi e per me (che fatica non poter condividere la sorpresa e il godimento per quello che accade nel romanzo!) spero che lo leggiate e che si possa poi parlarne liberamente, a finale noto.

Scritto da: Francesca Magni

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e i finali imprevedibili
(Lello Gurrado Fulmine)”


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