chissà perché ho aspettato tanto a leggere Open di Andre Agassi…

19 agosto 2013

Andre Agassi Open (Einaudi 2011, traduzione di Giuliana Lupi, € 20,00, pp. 493). Non ho mai seguito una partita di tennis per intero e quando qualcuno mi consigliava il libro di Agassi facevo spallucce. Tuttavia ho sempre custodito il tennis e quel poco che l’ho praticato come la metafora più efficace e versatile del nostro quotidiano. Quando ho visto che Open era ancora in classifica, a più di un anno dalla pubblicazione e dopo più di 220.000 copie vendute solo in Italia, l’ho letto sviluppando immediatamente una dipendenza ossessiva (per dire, ho rifiutato di andare al cinema per l’urgenza di stare con Agassi).
Un’alta percentuale delle 493 pagine contiene resoconti di incontri di tennis, ma è chiaro dalle prime pagine che qui c’è ben altro.
C’è un uomo che rincorre se stesso dentro una forma di vita a cui il padre l’ha costretto (la curdeltà con cui Mike Agassi, di origini iraniane ed ex pugile, persegue la costruzione del figlio-campione dà la misura del peso dei genitori nel futuro dei figli: se si soffre con il piccolo Andre, costretto a fronteggiare il drago sputapalle e a colpirne 2.500 al giorno, non si può non chiedersi cosa sarebbe stato di lui senza un padre così coercitivo).

C’è il tormento costante di chi odia quello che fa ma non conosce altra strada per realizzarsi che quella che ha imboccato: Agassi impiega molti anni per arrivare ad allineare il proprio sé profondo con il campione che è esteriormente. Ci riesce all’età in cui gli altri tennisti si ritirano, e forse è questo che fa di lui un fuoriclasse, gli regala una seconda carriera e gli permette di dire: «Gioco e continuo a giocare perché ho scelto di farlo. Anche se non è la tua vita ideale, puoi sempre sceglierla. Quale che sia la tua vita, sceglierla cambia tutto». Pete Sampras, eterno rivale spesso vittorioso, capace di stare ai vertici del ranking con una costanza inimmaginabile per Agassi, non ha nemmeno una goccia di quel sangue da campione che è fatto di generosità (con se stessi e con gli altri) e di lotta per trovare se stessi, prima dei risultati.

Open prende le tue debolezze, i tuoi struggimenti, le tue vittorie e le tue insoddisfazioni e li mette in scena attraverso la storia eccezionale di un campione di tennis; e alla fine te li restituisce trasformati in qualcosa di epico. Ti senti più forte anche tu. Capace di attraversare la tua vulnerabilità senza perdere la fiducia. «I sogni sono dannatamente stancanti», ma è dentro la stanchezza e il dolore che puoi farne qualcosa.

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