l’arte di immedesimarsi nel proprio opposto
(Matteo Cellini Cate, io)

11 marzo 2013

Cate, io di Matteo Cellini (appena uscito per Fazi, € 16,00, pp. 216) è la storia di una ragazza obesa. Brava a scuola, amata in famiglia, ma infelice. Alla vigilia del 18esimo compleanno, terrorizzata all’idea della festa, del vestito e degli sguardi dei compagni, Caterina si lancia in un’abbuffata epica (non vi svelo cosa mangia, ma è indimenticabile!). I suoi pensieri di adolescente grassa sono così credibili che viene da dire “Chapeau!” all’autore: esordiente, 35enne, maschio. Per giunta filiforme.

Questo libro mi colpisce per come è scritto: Matteo usa similitudini e metafore con generosità non pretestuosa; sono sempre sorprendenti, come di uno che guarda le cose da una visuale un po’ obliqua. E mi colpisce per la capacità di immedesimarsi. Propongo un’intervista al giornale sul tema “l’arte di immedesimarsi”. E di fotografare Matteo nella posa della copertina del suo libro, cosa a cui lui spiritosamente si presta, nonostante la timidezza…
Come hai fatto a creare un personaggio che è il tuo opposto in tutto?
«Ho iniziato scrivendo su un diario immagini del mondo come doveva vederlo lei. Ogni cosa troppo piccola: le poltrone del cinema, i sedili del tram*».
Immedesimarsi è un’arte?
«È un’inclinazione. Insegno in una scuola media, prima di preparare una lezione la “ascolto” con le orecchie dei ragazzi».
Perché hai scelto un’obesa?
«Peso 60 chili. Ma certi tratti di Caterina mi appartengono: il domandarmi “cosa penseranno di me?”, il desiderio di disinnescare gli sguardi degli altri**. Ho fatto come a teatro, dove si esagerano i gesti: ho estratto da me un disagio amplificandolo nel grasso di Caterina. E me ne sono liberato».
Quindi immedesimarti in lei ti ha “curato”.
«Mettersi nei panni degli altri fa sempre bene. Caterina soffre perché non sa farlo: pensa che nessuno la capisca, perciò rifiuta le persone, non le osserva…».

Già, come suo fratello Gionata, di cui Caterina pensa di sapere tutto, perché proietta se stessa in lui, e che invece è diversissimo e a lei sconosciuto. Ma alla fine diventa un alleato fortissimo. ***
Però a un certo punto impara, c’è il lieto fine.
«Sì, a un certo punto dice: “Vedo una folla di Cristoforo Colombo navigare in profondità, prendere verticalmente il mare”. È il momento in cui scopre se stessa come l’America. Per iniziare a stare meglio deve arrivare a vedersi e a vedere il mondo anche con gli occhi degli altri».

* «I cinema non sono per noi. Sugli autobus preferiamo stare in piedi, appesi come tranci da macello, e arriviamo semprew puntuali dal dottore per non dover aspettare nelle sale d’attes, perché i bordi delle cose ci trovano sempre impreparati: le sedie sono scarpe troppo piccole e le porte ci sorprendono di tre quarti, tra un profilo e un primo piano; gli ascensori non ci indovinano […]» pag. 20

** «Per evitare che si parli di me non manco mai. Ci sono sempre, per tenermi vicini i miei nemici, per evitare he la situazione mi sfugga di mano» pag. 15

*** «Sorrido, imbarazzata; ai fratelli ti offri in mutande, coi capelli in disordine, oppure vestita delle peggiori cose, ma una parola intima, profonda, se non la introduci da giovanissimi, poi è vietata per sempre. È impronunciabile» pag. 161

Scritto da: Francesca Magni

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(Matteo Cellini Cate, io)”


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