Francia, via i voti alle elementari:
l’appello di Daniel Pennac (io sono d’accordo)
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In Francia circola un appello: togliamo i voti alle elementari. Già firmato da varie personalità della politica e della cultura, ha tra i promotori più entusiasti Daniel Pennac, scrittore, per 27 anni insegnante e vero somaro nei suoi anni di scuola. L’ossessione della classifica, del numero, crea una forte pressione scolastica, spiegano i sostenitori di questa piccola rivoluzione francese. A giugno mio figlio ha portato a casa la pagella di seconda elementare: tutti 10. Sua sorella, in prima, ha preso tutti 9. In realtà i loro risultati sono uguali, perché il consiglio di interclasse delle prime aveva accolto la novità ministeriale dei voti decidendo di dare come massimo 9, mentre il consiglio di interclasse delle seconde aveva deciso di usare i numeri fino al 10. Sono passati mesi da quella pagella, e mia figlia, se le chiedono come va a scuola, risponde che ha preso tutti 9 ma che sono come i dieci di suo fratello. C’è stato bisogno di quella spiegazione perché non si sentisse da meno di lui. Ce n’è stato bisogno perché i bambini si inchiodano ai voti, usano i numeri come tatuaggi da stampare su di sé e sugli altri a misura inequivocabile del loro valore e del rapporto tra loro e gli altri. Non è servito a nulla far notare alle maestre che, fatte salve le inevitabili soggettività nel giudicare, la scuola dovrebbe adottare la stessa scala di valutazione: mi è stato risposto che in materia decide il Consiglio di Interclasse, divinità di una certa importanza nel tempio della burocrazia scolastica.
Paolo, impareggiabile maestro di mio figlio, stampa sui quaderni faccine sorridenti e, se serve, qualche commento. Qualche giorno fa, su un compito che chiedeva di descrivere se stessi, Filippo ha portato a casa un “Ottima questa descrizione di te stesso, molto precisa e scientifica! La prossima volta mi racconti anche dei tuoi amici e dei tuoi interessi”. Per natura appassionato all’osservazione di forme e dettagli, abilissimo nel riprodurli a disegni e a parole, Filippo aveva trovato quel compito divertente, gli sembrava venisse incontro a un suo piacere personale; per la sola descrizione del suo viso aveva riempito quattro pagine. Il maestro ha capito, ha valutato quel compito in quanto scritto da Filippo, non come prova anonima di composizione. Nessun numero avrebbe potuto essere esaustivo. Un insegnante adepto alla religione del voto probabilmente gli avrebbe messo 6, forse addirittura 5, la descrizione era parziale, limitata a un solo aspetto, in un certo senso fuori tema. Filippo avrebbe incassato quel giudizio non eccellente senza capire e con frustrazione, dopo la passione che ci aveva messo. Quel numero si sarebbe stampato come un tatuaggio sulla sua pelle, un voto “a lui”, e quel numero insieme a molti altri, talvolta più rispondenti al vero, talvolta ancora frutto di equivoci, col tempo avrebbe formato il codice della sua prima storia scolastica. Lui l’avrebbe assimilato. Una misura della sua considerazione di sé.
Sì, sono d’accordo con Pennac, togliamo i voti alle elementari. O almeno nelle prime classi. Possiamo tornare a usarli più avanti, dalla medie, dalle superiori, quando le conoscenze e le nozioni apprese saranno più oggettivabili. Quando un ragazzo saprà riconoscere che un 5 scritto su un compito non è un 5 scritto su di lui.
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Tags: bambini, Daniel Pennac, ragazzi, scuola, voti
Parole sante
Concordo.
Non sono propriamente d’accordo. I voti da 1 a 10 in effetti sono brutali per dei bambini, ma un giudizio va messo comunque: io alle scuole elementari ho sempre ricevuto i classici OTTIMO/DISTINTO/BUONO/SUFFICIENTE/NON SUFFICIENTE, e non sono rimasta traumatizzata…
Appunto: giudizi, valutazioni modulate e complessive. Quelli sì! Non i numeri che trafiggono come una freccia, e che i bambini non sono in grado di capire.
Anche secondo me i numeri non sono adatti a dei bambini che stanno effettuando il primo passaggio nella vita, credo siano troppo secchi, incolore, senza sfumature… credo che le sfumature siano fondamentali nella crescita e nella vita.
Sono un’insegnante di una scuola primaria e sono d’accordo con quanto afferma Pennac!
Mi piacerebbe se spiegassi anche le ragioni per cui appoggi questo appello. Sentirlo da un’insegnante di scuola primaria ha un valore particolare. Grazie.
In realtà in Francia alle scuole elementari i voti ci sono e non ci sono. Il giudizio fornito dalla maestra, linea per linea, è “compétence acquise” giù giù fino a… non mi ricordo, ma insomma l’equivalente di non ci siamo proprio. Il tutto viene codificato in una scala da 1 a 5 per permettere di accomodare il giudizio in una casella striminzita. Allora che differenza con sufficiente/buono/scarso/ottimo? Anche un “buono” ferisce quando il vicino ha “ottimo”, non credo conti la forma, ma la sostanza. Se vedeste come le mie figlie confrontano le faccine sorridenti (o arrabbiate), che qui in Francia sono usate come prassi alla materna capireste di cosa parlo.
Detto questo, l’appello di Pennac, soprattutto perché nato in questo contesto, mi sembra ipocrita. Ecco, ho detto la mia.
Il mio babbo diceva: spero che la scuola passi sui miei figli facendo meno danni possibile.
Lisa
Sarei d’accordo ai voti nelle elementari se ad ogni alunno gli sia data l’opportunità di prendere 10.
Voti sì ma privati solo ad uso delle maestre e che vengano comunicati ai genitori.
Questo sistema andrebbe non solo nelle elementari , ma per tutta la durata delle scuole dell’OBBLIGO !!!!!!!!!!!!!!!!!!!