nella valigia dei miei bambini

3 novembre 2010
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“Leggetegli le favole già a sei mesi e a scuola saranno più bravi”. “Non lasciate piangere i neonati o comprometterete il loro futuro scolastico”. “Allattateli al seno per almeno un anno e diventeranno più intelligenti”. Sono le raccomandazioni di tre studi,due americani e uno italiano, pubblicati su prestigiose riviste scientifiche. Mi chiedo se rendere intelligente il loro bambino sia, per le mamme, urgente quanto lo è per i luminari della pediatria mondiale. Io, prima di tutto, vorrei che i miei figli fossero felici. Cosa li aiuterà, da grandi, a essere felici? Me lo chiedo ogni volta che, come tutti i genitori, aggiungo un pezzo al bagaglio che li accompagnerà nella vita.Vado a tentoni, madri ci si improvvisa un po’ per giorno, quando si torna la sera stanche come muli e loro ci reclamano mentre tentiamo la nobile fuga della cena da preparare; quando si è in ritardo al mattino e si rovesciano addosso la tazza del latte; quando attraversano le loro fasi difficili e sono prepotenti e testardi. Se frugo nei miei primi  anni da mamma, vedo una costellazione di entusiasmi, tentativi e soprattutto imitazioni: ci sono molte “maestre di mammità” a cui rubare una buona idea. Penso, per esempio, alle sere che passo per terra a giocare con le costruzioni, a sbaciucchiarli sulle guance morbide, a  commentare i disegni che hanno fatto all’asilo, mentre lui dice alla sorella che «un cavallo con sei zampe non esiste» e lei lo fulmina: «Esisteranno i tuoi mostri!». A chiedergli qual è stata la cosa più divertente della giornata. Per terra è più facile parlare ai bambini. L’ho visto fare a Vanessa, l’educatrice del nido che ogni mattina li accoglieva seduta su un tappeto: alla loro altezza,o cchi negli occhi. Come dire che nessuno è superiore, nessuno vale di più o di meno. Penso alle mille volte che Costanza mi chiama e io rispondo: «Arrivo tra un attimo…», ma a quattro anni non sai cos’è un attimo perché tutto è adesso. Allora Silvana mi dice: «Vada, vada, il resto può aspettare». Silvana, la tata che li ama come se fossero suoi e loro ancora mi domandano «Ma Silvana cosa fa di lavoro?». Ha ragione lei, andare subito: se chiedi ti ascolto, se hai bisogno ci sono. Penso ai momenti più difficili, quando Filippo aveva attacchi di follia per il minimo imprevisto e io arrivavo al lavoro in lacrime.Un giorno ho visto Cristina, la sua geniale maestra d’asilo, distogliere i bambini da una zuffa prendendoli in giro, ed ecco l’idea. Alle prime avvisaglie dell’ennesima crisi di Filippo, abbiamo provato a mimare le sue scene isteriche: è scoppiato a ridere, sollevato che qualcuno gli avesse sciolto il dramma; ora si prende in giro da solo. So che finirà molta zavorra nella valigia dei miei bambini, per distrazione e per inevitabile destino a sbagliare. Ma se c’è una cosa di cui vorrei riempirla sono i piccoli gesti che fanno sentire amati. Forse questo li aiuterà, da grandi, a essere felici.

Pubblicato su: Donna Moderna n. 24, 2008

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