“Galleggiante di mare
che rimani in superficie
che salvi
la rete dall’affondo
o le chiavi o il nostro
portafoglio,
ti tiene una catena al fondo,
non te ne puoi andare.
Forse ti piacerebbe sprofondare,
vedere cosa si nasconde sotto,
frequentare
un po’ del nostro buio abituale.
Mi dispiace, non t’è dato.
Sei il nostro multi-
colorato scampo
– il sughero, la boa,
il gavitello
che ci occhieggia per attraccare –
la sola cosa in vista
alle nebbie dell’orizzonte
in questo vasto nostro indistinto
troppo infinito firmamento:
tu gli fai da punto, gli opponi
qualche non futile orpello.
Non mi lasciare, galleggiante.
Voglio stare come te
sull’acqua
fluttuante, non scandagliare
le cause e le ragioni: stare
attaccata,
appagata di guardare
il mondo cangiante, e non andare
a fondo.
A fondo c’è sabbia e roccia,
piana o leggermente mossa:
nient’altro che si possa
riportare a galla”.
[Paola Mastrocola, La felicità del galleggiante (Guanda, 2010, € 13,00). Una raccolta di poesie che ruotano intorno al mare, terreno fertile per metafore; ogni tanto apro il libro e ne rileggo una a caso: oggi questa. Invidio il galleggiante].