Allegra storia di un’infanzia surreale
(Lia Piano Planimetria di una famiglia felice)

23 settembre 2019

 

Lia Piano, Planimetria di una famiglia felice (Bompiani, 2019, €15).

Credo che la ragione principale che mi ha spinta, ormai parecchi anni fa, ad aprire questo blog, fosse la memoria delle sensazioni. Quel bisogno di conservare ciò che si prova leggendo un libro. Di Planimetria di una famiglia felice di Lia Piano voglio ricordare il sapore di spensierata follia, quell’allegria sconsiderata con cui ha scritto quella che chiamerei autobiografia fantastica della sua infanzia.

Lia Piano sembra aver tirato fuori da un cassetto gli occhi di quand’era bambina e la capacità di allora di trasformare ogni cosa in epopea comico-grottesca, tenendo la storia di famiglia perfettamente in bilico tra realtà e surrealtà. Chi andasse in cerca di prospettive dal buco della serratura resterà deluso – anche se a mio parere Renzo Piano, ‘archistar’ padre di Lia, non avrebbe potuto ricevere ritratto più lusinghiero e credo anche, a suo modo, ‘fedele’…

Ci sono occhiali da vista che spariscono (quelli della madre, vera anticonformista, che regala un cane a ogni figlio e una cova di pulcini nella vasca da bagno), un padre che smonta marchingegni a tavola e costruisce barche a vela in cantina, un fratello che assale sessualmente la governante calabrese il cui gergo è indimenticabile quanto il nome, Concepita Maria, e un secondo fratello balbuziente e col buzzo della chimica che sintetizza trinitrina per il botto finale. E poi c’è lei, la sorella piccola, la Nana, che divenuta grande riesce – o così immagino io – a trasfigurare un’infanzia da figlia di creativi genialoidi poco applicati alle regole in un carnevale di resurrezione.

Non deve essere stato del tutto semplice se nella nota iniziale Lia Piano avvisa che la casa di famiglia (una villa a Genova di cui leggendo vivi anfratti, crepe e profumi) è l’unico personaggio realmente esistito presente nelle pagine; e se aggiunge che chi creda di riconoscersi si sbaglia di grosso. Non è facile per nessuno tornare là dove la nostra pianta si è formata, tra quelli che sono stati i nostri primi giardinieri, ma Lia Piano è riuscita, come dice lei stessa, a usare la scrittura per “prendere il mondo e capovolgerlo, farlo volteggiare, senza che nessuno si faccia male. Anzi”.

Forse la posizione di terza figlia (sì questo è un dato reale) le ha permesso di restare più a lungo ‘quella piccola’ portando con sé per sempre il talento dell’infanzia incantata. Per questo l’ho amata e invidiata, ed è per questo che consiglio di leggere e rileggere il suo bel libro d’esordio. Che rasuda, in ogni pagina, un sentimento raro: l’allegria.

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