Islanda day 2: muschio, campi di lava e prime volte

12 giugno 2018

Scritto da: Francesca Magni

L’inizio è la parte migliore di ogni cosa. Ma è anche quella che per inconsapevolezza si rischia di sprecare, tesi verso le cose nel loro punto maturo. Il vantaggio di un viaggio non desiderato si nasconde qui, in questa prima piega di tempo in cui, liberi dall’inganno dell’aspettativa, si permette alle cose di essere quello che sono.

È così che correndo (si fa per dire, il limite è 90) spalle a Reykjavik e fronte a nord ovest sotto un cielo di piombo, mentre il paesaggio si fa un po’ Irlanda ma con meno fiori ai cigli della strada, leggo che la guida parla di una serie di colonne di basalto esagonali alte 50 metri e iniziamo a inseguirle tra mappa di carta e mappa digitale. E poiché le informazioni non sono concordi, imbocchiamo lo sterrato sbagliato e ci troviamo su un pianeta rosso come Marte, pacificamente invaso da un muschio spesso, umido e sofficissimo di un verdegiallo vivace. In quell’istante, davanti a un cratere vulcanico che spunta in mezzo a un campo di lava smetto di crogiolarmi nel disappunto di non essere nell’azzurro di qualche mare caraibico. All’improvviso provo pura euforia.

La strada sterrata si inerpica accanto al cratere, scendiamo e ci tuffiamo coi piedi prima nel brecciolino rosso poi nel muschio (sarà profondo 20 centimetri) dove saltiamo come bambini. Considero che anche la vita adulta è ancora in grado di regalare delle prime volte, e che l’Islanda in questo è ottima complice.

La giornata si rivela anche quella in cui, per la prima volta, percorro una galleria subacquea sotto un fiordo (prima di Borgarnes), incontro una foca così vicina da fotografarla senza lo zoom (sulla spiaggia di Ytri Tunga nella penisola di Snaefellsnes), vedo del muschio ricoprire la parete verticale di una scogliera a picco sul mare dalla quale precipitano alcune cascate (Arnastapi), cammino su una spiaggia nera con ciottoli di lava levigata su cui spiccano i resti arancio ruggine di una nave naufragata nel 1948 (Djupalonsandur), vedo una sterna artica e lavo i denti con acqua solfurea: nelle case islandesi l’acqua arriva da circuiti diversi, la fredda è di sorgente, ottima da bere, la calda è termale.

La giornata si chiude in un buon ristorante di Stykkisholmur arredato con pezzi di design nordico dove chiacchieriamo con due coppie di italiani in età che sono alla fine del loro giro. Hanno seguito il percorso tradizionale, in senso antiorario, e ci danno consigli. Noi, ça va sans dire, giriamo a rovescio. Ma questo, ci dicono, è un vantaggio, la bellezza andrà crescendo.

Ci corichiamo tardi nella luce uguale a mezzogiorno in una casetta tutta per noi arroccata su un fiume in una landa identica a quella dove hanno girato The Martian. L’inizio è la parte migliore, e oggi, senza aspettative, mi è accaduto di non farmela sfuggire.

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