‘Storia di una dislessia’ diventa un libro!

11 luglio 2017

Tutto è cominciato un anno fa. Una mattina di prima estate, una telefonata. Ci è piaciuto quello che hai raccontato sul blog, la storia di tuo figlio. La dislessia? Sì, quella. Ti andrebbe di farne un romanzo? Be’, in realtà la domanda non è arrivata così diretta. La persona che mi chiamava da una casa editrice aveva capito quanta sofferenza fosse acquattata in quelle righe sul blog. Una crisi ancora in corso. Perciò lo ha chiesto con delicatezza, come bussando a una finestra a pianoterra dalle cui tende trapeli un momento di intimità familiare. Ho spostato la tenda, ho aperto la finestra, ho annusato l’aria d’estate che entrava, ho guardato negli occhi la sconosciuta e ho detto: Perché no? Be’, in realtà non ho risposto così spavalda, l’emozione mi aveva tolto il fiato, e non ho spostato le tende e aperto la finestra, si è trattato solo di una telefonata. Ma è stato come se qualcuno avesse bussato proprio nel momento in cui avevo qualcosa da dare.
Ne ho parlato con i miei familiari, con il diretto interessato, ho chiesto Lo facciamo?, hanno detto Fallo. Così è cominciato un anno memorabile. Serate a scrivere, notti a pensare, viaggi da e per il lavoro con la testa a bagno nella trama da costruire, nelle scelte da fare: in che forma scrivere? narratore onnisciente? presa diretta? Batto su una tastiera da quando andavo al liceo e prima riempivo diari con la stilografica, se ho memoria di me che faccio qualcosa, è scrivere. Ma farlo sul serio è diverso. Butto giù la scaletta, il finale, i personaggi, le cose che non possono mancare, la voce narrante. E intanto i giorni passano, lavoro, famiglia, libro, i weekend, le sere tardi, qualche giorno di ferie, la testa lì dentro e intanto Filippo che si è iscritto al liceo classico e non un professore che ci capisca qualcosa, la sofferenza che corre dentro e fuori il libro, due corsie parallele e inesorabili, io che mi affanno ai colloqui coi professori e intanto scrivo, mio marito legge ogni capitolo, suggerisce, sempre con intuito esatto, io butto interi pezzi, riscrivo, correggo, lui rilegge, Filippo chiede di ascoltare poi dice No, preferisco non sentire e ha gli occhi lucidi; sua sorella si tiene alla larga, diffidente, A chi lo dedicherai?, mi chiede, e so che la domanda racchiude il dolore di ogni fratello o sorella la cui madre corra in soccorso del figlio che sente più debole. Lo dedicherò a Filippo e a te, rispondo; È sbagliato, dice lei, Dovresti scrivere “Ai miei figli, Filippo e Costanza”, solo così saremo sullo stesso piano. Nessuno quanto lei sa inchiodarmi alla verità.
Ma questo libro è al mondo che voglio dedicarlo, a chi non si è mai interessato alla dislessia, a chi si infastidisce al solo sentirla nominare. A chiunque sia curioso di entrare in casa e ascoltare quello che si dice la sera a tavola quando un figlio di dodici anni intelligente e bizzarro si scopre dislessico e non se ne sapeva niente, quando nemmeno quelli che ti stanno intorno ne sanno davvero qualcosa e non lo sanno perché è una cosa inafferrabile che ha così tante espressioni, implicazioni e declinazioni al di là del suo significato letterale (dislessia=difficoltà nella lettura), che quella cosa tutta insieme non ti sta in mano. E viene da pensare che se è così-tanto e così-tutto, forse allora non è niente.
Scopro, scrivendo, che dal 1870 centinaia di scienziati nel mondo hanno sviscerato la dislessia formulando le più disparate teorie, e scopro che un punto fermo non c’è. Allora sono io che mi fermo. Mi fermo e guardo un po’ da lontano e vedo la nostra storia, la nostra famiglia, Filippo che è simile a suo padre, a suo zio, a suo nonno, a suo cugino, Filippo che è come tante persone che conosco, amici, figli di amici, insiemi che si intersecano e hanno parti in comune, insiemi che raggruppano le persone secondo i loro ‘modi di leggere’ non le parole scritte ma la realtà. Mancini, miopi, stonati, prosopoagnosici, disprassici, scoordinati, ballerini, contorsionisti, esperti di orientamento, geni matematici, infinite piccole diversità che ci tolgono tutti dall’insieme delle ‘persone normali’ per ricostituirlo di nuovo, con noi dentro, tutti quanti. È questo che ho provato a raccontare nel romanzo: la varietà neurobiologica e le sue conseguenze sulla vita quotidiana. La nostra famiglia, che dopo questa scoperta ha imparato a conoscersi meglio.
Il libro uscirà il 13 settembre per Giunti. Oggi abbiamo scelto la copertina e non riesco a guardarla senza un groppo in gola, perché è lei che lo porterà nel mondo e avrà il compito di dire a chi passa Fermati, qui dentro c’è una storia! Non sta a me dire se sia una storia di valore, però posso assicurarvi che è una storia vera, con tutto il coraggio che è servito per raccontarla.
Ve ne parlerò ancora, siate pazienti 😉

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