Francia in bici / Donna lombarda nella campagna francese

6 agosto 2016

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DA MOISSAC A VERDUN SUR GARONNE PASSANDO PER MONTAUBAN 75 km
Quarto giorno in bicicletta e molto dispiacere a lasciare Moissac e la chambre d’hôtes con giardino dove abbiamo passato un piacevole dopocena sull’amaca. Oggi c’è in programma una deviazione di 26 km dalla veloroute per visitare Montauban, città natale di Ingres. La pista per Montauban è sul canale della Tarn, era sterrata nel 2010, quando la guida prometteva che sarebbe stata asfaltata entro il 2011… ma è sterrata ancora adesso.

Su queste cose pare che i francesi non siano più efficienti degli italiani, con in più un grado di sindacalizzazione del lavoro per noi inimmaginabile.
Insomma, la via per Montauban è in salita, metaforicamente e non: la città, non piccola, è costruita su un’altura e sul vallone in cui scorre la Tarn, è interamente in mattoni rossi, ponti inclusi; ha una sua bellezza che però non godiamo per il caldo eccessivo. Il Museo Ingres, vero motivo della deviazione, è in uno splendido palazzo ma del pittore non conserva nemmeno un quadro famoso: non una delle donne al bagno per cui Ingres è celebre nel mondo, solo pochi ritratti e una collezione di bozzetti. In compenso scopriamo Antoine Bourdelle, concittadino di Ingres e assistente di Rodin, nonché sculture di vero talento.
Scendere da Montauban e raggiungere la chambre d’hôtes che abbiamo prenotato a Verdun sur Garonne comporta una lunga pedalata, alla fine sono 75 km incluso un giro a Verdun, che si rivela un antico borgo affascinante ma senza un’anima per strada; sono le sette e mezza, vorremmo cenare e i due ristoranti del paese sono entrambi chiusi, ci salvano le ultime quiche lorraine della panetteria prima di arrivare da Viviane, la proprietaria delle chambre d’hôtes Perruquines, persa fra i campi di girasoli.
Madame è la copia esatta della tipica donna lombarda di campagna, fa marciare l’azienda e il marito con pugno di ferro. Ci accoglie con sciroppi da sciogliere nell’acqua in un soggiorno beige con merletti e candelabri dorati sotto due gigantesche cloche di vetro, e in un francese chiaramente dialettale intavola una complessa conversazione sugli italiani, il popolo che ha avuto più migrazioni al mondo. Trovandoci sprovvisti di conferme quanto di smentite, ci limitiamo ad annuire e ascoltare le teorie dell’arguta maîtresse secondo la quale gli italiani sono il popolo più sfortunato e triste del mondo; in base a sue personali statistiche oltretutto ogni famiglia nostrana avrebbe un malato di mente, di solito la figlia femmina. Il marito di Viviane rompe ogni tanto la conversazione, ormai fattasi inquietante, con un sorriso bonario e qualche parola in un francese che mi rammarico di non capire assolutamente.
Riusciamo a chiudere la serata con la promessa a Madame di spedirle una cartolina da Milano che manca alla sua collezione: una di quelle con molte immagini insieme, non con una sola foto, che è uno spreco. E ci ritiriamo in camera con un pesante volume fotografico sul l’immigrazione di italiani in Francia che ho promesso di leggere: domani a colazione l’interrogazione è certa.
Bonne nuit!

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