una storia privata che si fa… paranormale!
(Roberto Ticozzi Il tunnel)
Roberto Ticozzi, Il tunnel (Europa Edizioni, 2014, € 14,90, pp. 216, in vendita anche qui). Un giorno entro nella nuova redazione in cui lavoro da pochi mesi e un collega mi racconta che ha scritto un libro. Gli prometto che lo leggerò, sono sinceramente curiosa. Gli prometto anche che ne parlerò. Ed eccomi qui a dirvi cosa ho provato leggendo.
Curiosità, perché la vicenda ti prende subito e non ti molla.
Il protagonista, Roberto, ha perso il padre da tempo e lo rivede un giorno, attraversando il tunnel della stazione centrale di Milano. È davvero suo padre, ne è certo, e ha l’età che avrebbe se non fosse morto da più di dieci anni. Roberto lo segue, riesce a parlargli, è effettivamente suo padre, ma non del tutto… è come se si fosse sdoppiato in seguito a un incidente avvenuto nel 1948 e avesse vissuto sul filo di due vite, quella che Roberto conosce bene e un’altra, misteriosa, che contempla anche una sorellastra sconosciuta…
Entusiasmo, perché la trama è avvincente: ti avviluppa in un continuo andare e venire tra passato e presente, tra reale e surreale (con piacevoli rievocazioni di una Milano d’altri tempi) e ha il potere ipnotico di quei thriller in cui le spiegazioni ti sembrano poco chiare, ma non puoi fare a meno di affidartici. Io mi ci sono abbandonata un’intera domenica pomeriggio!
Timore, perché a tratti il filo si perde, non sai più dove sei e temi che l’autore non riuscirà a riportarti a riva, a sciogliere una storia così complessa.
Empatia, perché Ticozzi usa una prosa così colloquiale da darmi l’impressione di ‘ascoltare’ la storia letta dalla sua stessa voce, e porta il lettore in un luogo intimo, il lutto per la morte del padre molto amato. Pur mediando i suoi sentimenti attraverso una vicenda ai confini con il paranormale, la offre in forma vibrante, sincera: si sente un che di non sciolto, qualcosa che è nascosto e svelato insieme.
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E allora penso che scrivere è la cosa più bella che possa capitarci di fare! E che tutti dovrebbero, prima o poi, trovare il coraggio di provare, come incoraggia Roberto Cotroneo in un saggio bellissimo appena uscito per Hoepli (si intitola Il sogno di scrivere. Perché lo abbiamo tutti, perché è giusto realizzrlo): scrivere rende felici e ci permettere di conoscere noi stessi almeno quanto leggere…
Ma di questo vi parlerò nel prossimo post.
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Scritto da: Francesca Magni
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Tags: Europa edizioni, Il tunnel, Roberto Ticozzi
Francesca mi stuzzichi. Penso che leggerò il libro.
Per ciò che riguarda invece la seconda parte del tuo articolo non sono d’accordo né con te né con Roberto Cotroneo di cui conosco l’intera produzione letteraria essendone un estimatore.
Riporto ciò che ho scritto nella sua bacheca a proposito dell’opportunità di creare il reality show condominiale della narrativa italiana:
Io mi chiedo quale sia il motivo per cui tutti debbano scrivere. Qual è il senso? Perché spingere verso la composizione invece che verso la creazione?
Di compositori di narrativa ce ne sono tanti (di furbetti che assemblano di qua e di là, che rubano); di creatori pochissimi.
Perché centrifugare tutto? Perché svilire? Chi lo dice che le storie di chiunque possano assurgere a significato universale?
Siamo già bombardati da milioni di uscite annue. Ne occorrono ancora così tante?
E l’aspetto della fruizione dell’arte? Si può sempre pensare di volere essere al posto di quel dato cantante anziché bearsi della sua musica?
Perché spingere a questo protagonismo maniacale che va nella direzione opposta del discernimento?
Del pensiero del signor Di Liberto ne sottoscrivo anche le virgole. Non potrei essere più d’accordo; siamo un popolo di “profeti e cantanti” come ha giustamente musicato Venditti. Io che bazzico molto anche la mia biblioteca comunale scopro spesso anche autori locali che mai avrei pensato scrivessero libri (perlopiù le loro memorie), godibili o no è secondario e soggettivo perchè quello che balza all’occhio è che “SCRIVONO”. Ma di gente che legge non ne aumenta il numero nelle statistiche nazionali mi sembra, o sbaglio? Io sono una lettrice (ahimè, soldi e tempi lavorativi permettendo) e l’ultima cosa al mondo che voglio diventare è la scrittrice, non avrei la più pallida idea di cosa scrivere. E poi sarei una lettrice in meno che compra o richiede in prestito libri!!! O sto sproloquiando?
Cotroneo suggerisce la scrittura come metodo di conoscenza di sé. Non la pubblicazione…! E in questo sono assolutamente con lui 😉