cosa vuol dire sentirsi a casa?
(Banana Yoshimoto Andromeda Heights)

6 agosto 2014

Banana Yoshimoto Andromeda Heights (Feltrinelli, 2014, traduzione di Gala Maria Follaco, € 11, pp. 112). È un libro che finisce troppo in fretta, ma lascia una suggestione che dura a lungo (e poiché si tratta del primo di una trilogia, promette un ritorno). La Yoshimoto racconta qui una piccola storia di appartenenza. Lasciata la vita in montagna con la nonna esperta di erbe e guaritrice, Shizukuishi va a vivere in città portando con sé i suoi amati cactus; trova lavoro come assistente di un veggente quasi cieco, un uomo affascinante e saggio con cui instaura uno di quei legami che si leggono solo nei romanzi giapponesi, intenso, quasi carnale, eppure a sorvegliata distanza.

Mi affascina sempre il mix di vicinanza e pudore di questo popolo, quell’essere spiritualmente fusi e insieme formalmente a distanza.

Shizukuishi vive in cerca di una casa, dove casa=affetti e insieme nella nostalgia per una famiglia perduta. La sua ricerca approda a una piccola verità – la suggestione persistente di cui parlavo all’inizio: casa è nelle cose più semplici, magari singolari. Come una collezione di piante di cactus…

Ho provato a ricostruire, attraverso degli oggetti di arredo, l’atomosfera che si respira leggendo questo romanzo: chissà se è la stessa che percepirete (o avete percepito) voi leggendo…!

Scritto da: Francesca Magni

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(Pubblicato su Casa Facile di luglio 2014)

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