Di che colore siamo? Con ‘Tazaki Tsukuru’ Murakami parla della nostra insignificanza

3 luglio 2014

Haruki Murakami L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio (Einaudi, 2014, traduzione di Antonietta Pastore, 20,00 euro, pp. 272)]. Quando leggo Murakami ho la sensazione che raccontare una storia sia per lui solo un pretesto. Come ogni lettore occidentale famelico di trame, seguo con ansia di sapere, e non sarò mai soddisfatta. Mi succede lo stesso con altri giapponesi,
con Banana Yoshimoto, con Natsume Soseki, con Yasunari Kawabata, con Ianue Yasushi… Finché non cambio disposizione d’animo e, più che di sapere (come andrà a finire), cerco di capire (qual è il senso della storia).

Ne L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio Murakami sceglie come pretesto l’amicizia speciale ed esclusiva di 5 liceali di Nagoya, due femmine e tre maschi, che all’improvviso espellono dal gruppo uno di loro, Tazaki Tsukuru, senza spiegazioni condannandolo a vivere per 16 anni nella sofferenza di quell’abbandono immotivato.

Pretesto, dicevo.
Murakami in realtà vuole parlare del senso di insipienza che ognuno di noi prova, della paura di non avere niente da dare agli altri:

«Non ho un’identità, non ho nessuna caratteristica, sono incolore. Non ho nulla da offrire» dice Tsukuru il cui nome, a differenza di quelli dei suoi quattro amici, è l’unico a non contenere le lettere di un colore…
Sedici anni dopo quella lacerazione, Tsukuru cerca di scoprire cosa ha spinto gli amici a scacciarlo. Non ve lo svelo, è l’unico colpo di scena del romanzo. Ma posso dire che Tsukuru scopre quello che, in fondo ai nostri personali pellegrinaggi, scopriamo tutti; qualcuno ci ama e vede in noi un colore.

Ma c’è un altro tema forte, in questo romanzo: quali sono e come nascono i legami più autentici e duraturi?
«Nel più profondo del suo spirito, Tazaki Tsukuru capì. A unire il cuore delle persone non è soltanto la sintonia dei sentimenti. PI cuori delle persone vengono uniti ancora più intimamente dalle ferite. Sofferenza con sofferenza. Fragilità con fragilità. Non c’è pace esente da grida di dolore, non c’è perdono senza sangue sparso sul terreno, non c’è accettazione che non nasca da una perdita. Perché alla radice della vera armonia ci sono dolore, sangue e perdite».

Infine: qui potete ascoltare “Le mal du pay” da “Anni di pellegrinaggio” di Listz suonato da Lazar Berman, l’esecuzione che Tsukuru ascolta di continuo. È la colonna sonora di questo romanzo.

[Haruki Murakami L’incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio (Einaudi, 2014, traduzione di Antonietta Pastore, 20,00 euro, pp. 272)]

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