Simonetta Agnello Hornby Il veleno dell’oleandro

3 aprile 2013
Scritto da: Monica Seves

Simonetta Agnello Hornby Il veleno dell’oleandro (Feltrinelli, 2013, € 17,00, pp. 217)

Mi piace vedere, sentire e assaporare nei libri una terra, una cultura.
Mi piacciono anche le saghe familiari, le storie di famiglie borghesi in decadenza, le descrizioni di case antiche ricche di storie e di segreti. Ne Il veleno dell’oleandro c’è tutto questo.
Siamo in Sicilia, ai giorni nostri.
C’è una “casa di famiglia” all’interno di una tenuta isolata, in un contesto particolare tra natura selvaggia, una cava dismessa ed un fiume testimone della morte del protagonista.
La storia si sviluppa appunto attorno ad una proprietà, e ad una casa ricca di storia, di passaggi segreti, di storie di relazioni illecite, di un tesoro nascosto: “le pietre”, ma anche di strani personaggi legati alla criminalità mafiosa.
Anna, la proprietaria è una donna anziana che, arrivata al termine della vita decide di tornare alla proprietà di famiglia. Vuole essere accudita solo da Bede, fascinoso ed ambiguo factotum legato alla famiglia, ma soprattutto al marito di Anna, ormai deceduto da anni, console, suo protettore ed iniziatore ad una bisessualità libera da pregiudizi.
Anna sa, ma instaura comunque con Bede una rapporto speciale, un amore parallelo e sincero, sottointeso per tutto il romanzo ma svelato solo nelle ultime pagine.
I figli di Anna irrompono nella casa e nella storia rompendo gli equilibri sentimentali, ma anche scombinando i piani malavitosi di chi, tenendo in pugno Bede,  ha interessi sulla proprietà  che nasconde coltivazioni illegali.
L’autrice descrive figli, generi e nipoti con impietosa lucidità rivelando in pochi tratti vizi e virtù di ognuno.
Il romanzo, usufruendo di continui “salti nel tempo”, racconta la storia di una famiglia in meno di una settimana. Strutturato come un diario scritto a due mani, da Bede e da Mara, figlia (ma in realtà nipote) prediletta di Anna, esordisce con la descrizione del doppio funerale di Anna e Bede descritto da quest’ultimo in una  cronaca talvolta romantica, talvolta ironica fotografando l’umanità non sempre impeccabile anche davanti alla tragicità della morte.
Dell’autrice avevo già letto La Mennulara ed anche in quel caso ne avevo apprezzato la capacità di descrivere una regione carismatica dove profumi,  colori  e sentimenti sono così intensi che si stenta a tenere rinchiusi nelle pagine.

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