Edmund de Waal Un’eredità di avorio e ambra

9 febbraio 2013
Scritto da: Mara Marantonio

Edmund de Waal Un’eredità di avorio e ambra
(Titolo originale The Hare with Amber Eyes. A Hidden Inheritance, Chatto &Windus, London, 2012,
Traduzione di Carlo Prosperi, Bollati Boringhieri, 2012, pp. 386, Edizione illustrata € 29,90)

Il ritorno di un capolavoro, poco dopo un anno. Dopo il luminoso successo di critica e pubblico ottenuto nel 2010/2011, lo scorso mese di novembre è uscita l’edizione illustrata de Un’eredità di avorio e ambra, opera di un grande artista non della penna -prima della nascita di questo piccolo gioiello-, ma della ceramica, Edmund de Waal (Nottingham 1964), storico dell’arte e docente di ceramica presso l’Università di Westminster. Chi ha amato le vicende del “clan” Ephrussi, – a cui appartiene, per discendenza diretta, l’autore – vicende legate tra loro da quelle 264 antiche statuine giapponesi, i magici netsuke, è lieto di sfogliare e godersi le pagine, arricchite da numerose fotografie tratte dall’archivio di casa. Attraverso le peripezie di quei minuscoli oggetti, rinasce una famiglia il cui nome forse è oggi sconosciuto a tanti; e le vite degli Ephrussi ci mostrano, in filigrana, cento anni di storia europea, rilevante e drammatica. La veste illustrata è una sorta di narrazione parallela, che dona al racconto spessore e carnalità, ed è pure occasione per ripensare ad altre letture incontrate nel frattempo. Storie, vite, esperienze, racconti. E l’esigenza di riannodare quei fili originari che si temevano perduti, proprio tramite le immagini più significative.
Ecco Elisabeth Ephrussi, nonna paterna di Edmund, ritratta a tre anni, nel 1902, sull’Orient Express: la piccola, tutta vestita di bianco, si affaccia dal finestrino e sembra salutare una signora bionda rimasta a terra, che dà le spalle all’obiettivo. La sorella minore di Elisabeth, Gisela, la bella di casa, è soprannominata la petite bohémienne da Charles, il cugino “parigino” del padre (Viktor), critico d’arte, e, come sappiamo, primo proprietario dei netsuke. Dà gioia immaginare che ella potesse essere l’ispiratrice di Pierre-Auguste Renoir per il suo La Bohémienne, dov’è immortalata una contadinella bionda dallo sguardo birichino. Peccato che il quadro sia datato 1879 e Gisela veda la luce solo nel 1904! L’universo parigino di Charles: la sua cultura, la competenza artistica, espressa , tra l’altro, nel libro scritto da lui sui disegni di Albert Dürer (della quale è riportata la copertina, Paris, 1882, A. Quantin, Imprimeur-Editeur), in grado di
suscitare l’invidia di tante personalità di rilievo, come Edmond Goncourt, per esempio. O il ritratto della sua amante, Louise Cahen d’Anvers, nata Morpurgo, eseguito da Carolus Duran (cioè Charles Émile Auguste Durand, il pittore del “bel mondo” della Terza Repubblica Francese), ora al Musée d’Orsay di Parigi: un donna bellissima, sguardo intenso e sensuale, immortalata in un abito da sera scuro con un fiore rosa sulla scollatura. Più avanti, l’inferriata dell’Hotel Ephrussi, i Re del Grano (les Rois du Blé), sito in Rue de Monceau n. 81, con la doppia “E” intrecciata dello stemma di casa, costituito da una pannocchia e da un tre alberi a vele spiegate, sotto il quale si dipana il motto: “Quod Honestum”; cioè Siamo irreprensibili. Di noi potete fidarvi. La tristezza e il rimpianto per lo splendore perduto in modo irrimediabile, che investono Edmund de Waal e chi legge dapprima davanti al Palazzo parigino, ora sede di un istituto di previdenza pr
ivato; indi a quello viennese, contemporaneo del primo, dove ora è la società che riunisce i casinò austriaci. Pure il percorso illustrato si fa via via più intimo e drammatico allorché si giunge sulla Ringstraße della capitale austriaca. L’Autore si sofferma sulla figura del trisavolo Ignace, del quale ci mostra un perspicuo ritratto. Nella nostra storia incontriamo ben tre Ignace: divertente e facile ritrovarli. Questo trisavolo, neri i folti capelli e la barba, così come ce lo presenta una fotografia del 1871, era uomo d’affari spregiudicato e passionale, con numerose amanti, padre di tre figli, che vediamo poco dopo, ragazzini: il minore è Viktor, il futuro padre di Elisabeth, nonna cara ad Edmund e figura chiave nel racconto. Ignace, in quell’anno, si fece costruire il palazzo scintillante sulla Ringstraße e volle che, proprio nella grande sala da ballo, ben visibili da tutti, la serie di dipinti alle pareti raffigurasse…episodi biblici tratti dal libro
di Ester: Ester incoronata regina di Israele, in ginocchio al cospetto del gran sacerdote vestito con gli abiti rabbinici…E poi gli Ebrei che annientano i figli di Aman, il nemico di Israele.
La narrazione si concentra ora in primo luogo sulla vita di Viktor il quale, come già sappiamo, si dedicava agli affari di famiglia giocoforza, poiché era uomo di studio e bibliofilo. Scorriamo le pagine e vediamo il suo volto di “giovane erudito”, a ventidue anni (1882); alcuni oggetti personali della moglie, Emmy Schey von Koromla, e immagini in posa di lei, intensamente espressiva, vestita come Isabella d’Este di Tiziano o Maria Antonietta. Pensierosa, mai sorridente; donna affascinante, all’apparenza leggera, dedita alle toilettes eleganti, che ne evidenziano la figura snella, ai cappelli dalla tesa larga in grado di valorizzare il suo bel profilo aristocratico; ma forse, nell’intimo, tormentata, tanto che si suiciderà nella tenuta di Kövecses in Cecoslovacchia (ah, quella villa dall’aspetto sinistro) nell’agosto 1938, poco dopo l’Anschluß e l’arrivo dei nazisti. Un matrimonio non felice, pur allietato dalla nascita, a Vienna, di quattro figli. Come dono di nozze essi avevano ricevuto dal cugino Charles la collezione dei 264 netsuke. Ricordi di scuola, foto di classe, libri, quaderni; gli anni difficili della Grande Guerra…il periodo successivo, sempre più drammatico.
Giovani Ephrussi crescono: c’è Rudolf, nel 1926, sulla Ringstraße: ha otto anni, ma sembra più grande. Ed Elisabeth, la primogenita, espressione calda, da persona intelligente, sensibile: alcune istantanee dicono tutto di lei. Poeta ed avvocato. Non è propriamente una bellezza, ma comprendi subito perché susciti amore. Eccolo, l’Amore: Hendrik de Waal: uomo di cultura, religione calvinista, amante della musica, ricco di fascino: a sua volta, scrive poesie; e fuma sigarette russe. I due si sposano nella Chiesa anglicana di Parigi. Avranno due figli, Viktor (padre di Edmund) e Constant; qui entrambi con nonna Emmy, 1936.
Il fratello minore, l’Ignace n. 3, cioè Iggie, l’amato pro-zio dell’Autore, si concede un tour automobilistico sulle Alpi con gli amici, sempre nel 1926. Sono gli ultimi anni buoni, prima del buio. Dopo il buio, fittissimo, lentamente la luce, ma a quale prezzo…
Le vicende successive sono tragicamente note. Mi limito ad alcuni flash su dolori e gioie.
Viktor, riuscito ad espatriare grazie allo spirito di iniziativa della figlia maggiore, a Tunbridge Wells, in Gran Bretagna, nel 1939 (vi morirà sei anni dopo): lo sguardo è lontano, quasi stupito per la tragedia che ha sconvolto il suo mondo. Te lo raffiguri in atto di accarezzare con la mano gli scaffali della “libreria di libri usati”, posta in centro città, dove ogni tanto si avventura, o mentre osserva i nipotini, i figli di Elisabeth ed Hendrik, applicati a finire i compiti di algebra.
Iggie, ufficiale dell’esercito statunitense in Normandia a bordo di una jeep; indi partecipante ad un incontro di resa tedesca (prima pagina del Times, 27 giugno 1944).
La… rinascita in Giappone e un affettuoso incontro tra lui ed Elisabeth a Tokyo, nel 1960.
Estate e serenità, finalmente.
L’ultimo “scatto” è emblematico, perché ci dona l’immagine-simbolo del libro: la valigetta rigida, color bordeaux, con cui l’intrepida Elisabeth portò i netsuke da Vienna in Gran Bretagna.
Verso la vita, verso “un nuovo inizio”.

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