niente di nuovo sul fronte afghano
(Paolo Giordano Il corpo umano)

21 ottobre 2012


Paolo Giordano Il corpo umano (Mondadori, 2012, € 19,00, pp. 309). Ho iniziato a leggere il secondo romanzo di Paolo Giordano il 12 ottobre, giorno in cui è uscito, e ho finito oggi. Un tempo lunghissimo per i miei ritmi. Sono andata avanti a colpi di reni. Non è un libro che trascina. La storia è ormai nota, ma ve la riassumo: un plotone di soldati italiani parte per l’Afghanistan. Il libro descrive le emozioni prima della partenza, il primo mese nel campo in mezzo al deserto del Gulistan, le operazioni di pattugliamento, la vita nelle tende, un’epidemia di dissenteria per della carne che ha intossicato tutti. I personaggi sono, come già ne La solitudine dei numeri primi, caratteri nitidamente scolpiti, ma poco elaborati.
C’è, per esempio, lo sbruffone Cederna; il precisino Ietri, detto Verginella, ancora succube della madre; Mitrano, la vittima di tutti gli scherzi; Zampieri, la soldatessa tosta e incompresa… Sono tutti colori primari, le sfumature sono assenti. Tanto che il maresciallo René e il tenente medico Alessandro Egitto, che nella storia hanno un peso e uno spazio più ampi, a volte si finisce per confonderli.
C’è abilità nella ricostruzione, qualche sensibilità nella descrizione dei rapporti fra i soldati e le loro donne. Ma le storie personali accennate sullo sfondo sono mal caratterizzate, improbabili, senza sorprese. La scrittura è curata, studiata, ma tutta di testa: non ho provato mezza emozione. Non un personaggio che colpisca, un’osservazione che illumini, un evento che scuota veramente. La descrizione dell’ambiente è precisa, ma non aggiunge nulla a ciò che 11 anni di missione Enduring Freedom in Afghanistan, e 52 soldati italiani morti, non ci abbiano già fatto vedere e sentire nei dettagli.

Troppo facile stroncare l’enfant prodige alla sua seconda, difficile prova? Non voglio sparare facile: mi rigiro il libro tra le mani, lo riapro e rileggo qua e là, cerco qualcosa che mi permetta di dire “sì, però non è male”. Ma tutto ciò che mi viene da pensare, di questa storia di guerra in Afghanistan, è: cui prodest?
Penso a Limbo, il romanzo in cui Melania Mazzucco ha raccontato di una  soldatessa che ha faticosamente raggiunto la carica di sottufficiale dell’esercito in Afghanistan, a capo di una trentina di soldati: tornando ferita da una missione, si ritrova a scavare nei ricordi, nelle motivazioni che l’hanno portata a quel ruolo e a quella guerra, e ad affrontare un conflitto diverso, quello contro la commiserazione, contro il ruolo di vittima e contro se stessa. Un libro molto più intenso e originale, capace di usare il rapporto dell’uomo con la guerra come grimaldello per sprigionare riflessioni esistenziali.
Tuttavia, tengo duro, voglio leggere fino in fondo. A pagina 189 i soldati di Paolo Giordano partono per una missione in campo nemico che si preannuncia fatale fin dal concepimento (non vi sto rivelando niente che la quarta di copertina già non prometta). E proprio quella che dovrebbe essere la parte in cui ogni conflitto, anche interiore, si esacerba mettendo a nudo l’uomo di fronte alla paura, facendolo interagire e impazzire nell’animalesca prova della guerra, risulta la più deludente. Il ritorno del contingente italiano e il finale non aggiungono altro.
Non so chi, questa volta, abbia pensato il secondo ingegnoso titolo di Paolo Giordano, ma di nuovo merita tutti i complimenti: proprio come La solitudine dei numeri primi, Il corpo umano è una bella promessa. Peccato che a risponderle sia solo una manciata di pagine in cui i soldati, in rissosa fila alle latrine del campo, combattono un’intossicazione intestinale. L’unica significativa battaglia di questo contingente. Nemmeno come metafora dell’esercito, quella parola corpo riesce a sprigionare riflessioni degne di essere conservate.
Come già avevo pensato con La solitudine dei numeri primi, vorrei lanciare un concorso: riscriviamo un romanzo che si intitoli Il corpo umano?

Scritto da: Francesca Magni

P.S. Qui un’intervista a Paolo Giordano che parla di Il corpo umano e della fatica di scrivere un secondo romanzo dopo l’incredibile successo del primo.

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