niente di nuovo sul fronte afghano
(Paolo Giordano Il corpo umano)
Paolo Giordano Il corpo umano (Mondadori, 2012, € 19,00, pp. 309). Ho iniziato a leggere il secondo romanzo di Paolo Giordano il 12 ottobre, giorno in cui è uscito, e ho finito oggi. Un tempo lunghissimo per i miei ritmi. Sono andata avanti a colpi di reni. Non è un libro che trascina. La storia è ormai nota, ma ve la riassumo: un plotone di soldati italiani parte per l’Afghanistan. Il libro descrive le emozioni prima della partenza, il primo mese nel campo in mezzo al deserto del Gulistan, le operazioni di pattugliamento, la vita nelle tende, un’epidemia di dissenteria per della carne che ha intossicato tutti. I personaggi sono, come già ne La solitudine dei numeri primi, caratteri nitidamente scolpiti, ma poco elaborati.
C’è, per esempio, lo sbruffone Cederna; il precisino Ietri, detto Verginella, ancora succube della madre; Mitrano, la vittima di tutti gli scherzi; Zampieri, la soldatessa tosta e incompresa… Sono tutti colori primari, le sfumature sono assenti. Tanto che il maresciallo René e il tenente medico Alessandro Egitto, che nella storia hanno un peso e uno spazio più ampi, a volte si finisce per confonderli.
C’è abilità nella ricostruzione, qualche sensibilità nella descrizione dei rapporti fra i soldati e le loro donne. Ma le storie personali accennate sullo sfondo sono mal caratterizzate, improbabili, senza sorprese. La scrittura è curata, studiata, ma tutta di testa: non ho provato mezza emozione. Non un personaggio che colpisca, un’osservazione che illumini, un evento che scuota veramente. La descrizione dell’ambiente è precisa, ma non aggiunge nulla a ciò che 11 anni di missione Enduring Freedom in Afghanistan, e 52 soldati italiani morti, non ci abbiano già fatto vedere e sentire nei dettagli.
Troppo facile stroncare l’enfant prodige alla sua seconda, difficile prova? Non voglio sparare facile: mi rigiro il libro tra le mani, lo riapro e rileggo qua e là, cerco qualcosa che mi permetta di dire “sì, però non è male”. Ma tutto ciò che mi viene da pensare, di questa storia di guerra in Afghanistan, è: cui prodest?
Penso a Limbo, il romanzo in cui Melania Mazzucco ha raccontato di una soldatessa che ha faticosamente raggiunto la carica di sottufficiale dell’esercito in Afghanistan, a capo di una trentina di soldati: tornando ferita da una missione, si ritrova a scavare nei ricordi, nelle motivazioni che l’hanno portata a quel ruolo e a quella guerra, e ad affrontare un conflitto diverso, quello contro la commiserazione, contro il ruolo di vittima e contro se stessa. Un libro molto più intenso e originale, capace di usare il rapporto dell’uomo con la guerra come grimaldello per sprigionare riflessioni esistenziali.
Tuttavia, tengo duro, voglio leggere fino in fondo. A pagina 189 i soldati di Paolo Giordano partono per una missione in campo nemico che si preannuncia fatale fin dal concepimento (non vi sto rivelando niente che la quarta di copertina già non prometta). E proprio quella che dovrebbe essere la parte in cui ogni conflitto, anche interiore, si esacerba mettendo a nudo l’uomo di fronte alla paura, facendolo interagire e impazzire nell’animalesca prova della guerra, risulta la più deludente. Il ritorno del contingente italiano e il finale non aggiungono altro.
Non so chi, questa volta, abbia pensato il secondo ingegnoso titolo di Paolo Giordano, ma di nuovo merita tutti i complimenti: proprio come La solitudine dei numeri primi, Il corpo umano è una bella promessa. Peccato che a risponderle sia solo una manciata di pagine in cui i soldati, in rissosa fila alle latrine del campo, combattono un’intossicazione intestinale. L’unica significativa battaglia di questo contingente. Nemmeno come metafora dell’esercito, quella parola corpo riesce a sprigionare riflessioni degne di essere conservate.
Come già avevo pensato con La solitudine dei numeri primi, vorrei lanciare un concorso: riscriviamo un romanzo che si intitoli Il corpo umano?
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Scritto da: Francesca Magni
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P.S. Qui un’intervista a Paolo Giordano che parla di Il corpo umano e della fatica di scrivere un secondo romanzo dopo l’incredibile successo del primo.
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Tags: Afghanistan, guerra, Limbo, Melania Mazzucco, Mondadori, Paolo Giordano Il corpo umano
è un libro complesso. parla di un mondo affascinante e a suo modo meraviglioso, che ti sceglie come se tu sentissi dentro te una vocazione. io ne ho avvertito il richiamo sinistro e intuito il pericolo. il libro della Mazzucco è una pugnalata al cuore per quelle che, come me, nell’Ei volevano entrarci, anche se avevano sulle spalle una maturità classica e una laurea triennale con 110eL. questo libro qua è una pugnalata al cuore per chi in Afghanistan c’è stato, per chi avrebbe voluto andarci, e per chi, e ancora una volta ci sono io, nell’esercito c’è stata poco ma ci ha lasciato il cuore. e ora quel cuore sta in Afghanistan insieme al mio primo caporalmaggiore.
La tua storia è simile alla mia, e non solo perché mi chiamo Cristina, perché ho la mia bella laurea con 110eL e perché ad un certo punto sono stata incuriosita dalla vita militare. Si finisce col trarre conclusioni simili e col fare le stesse letture. Per quanto mi riguarda ho letto questo libro tutto d’un fiato in un paio di giorni, anche se la storia manca di conclusione, finisce troppo in fretta e non insegna nulla, e i personaggi, sempre troppo netti non aiutano. Limbo di Mazzucco è un gran libro, scritto mille volte meglio, ma in un certo senso anche più semplice, più retorico, di questo di Giordano, da cui l’immagine dell’Esercito esce un po’ stropicciata, secondo me. Giordano ha avuto la fortuna di andarci di persona in una FOB, secondo me poteva fare di meglio. Complimenti per il blog, mi piace tantissimo!
[…] Mi chiedevo, poco tempo fa, parlando dell’ultimo romanzo di Paolo Giordano, cosa si sarebbe potuto scrivere in un romanzo dal titolo Il corpo umano. Ecco, Storia di un corpo […]
Limbo è un libro che spiega benissimo la devozione di alcune persone per l’E.I. ne spiega purtroppo i lati negativi, come anche i lati migliori. Di questo libro sono rimasta talmente affascinata che mi dispiaceva addirittura finirlo. Quando lo leggevo perdevo la cognizione del tempo. E sicuramente Cristina sono d’accordo con te è proprio una pugnalata al cuore.
Devo scrivere una recensione di questo libro che non mi piace, ho ritardato sino all’ultimo secondo, ho cercato in giro domandandomi se qualcuno poteva stroncare l’enfant prodige..
Ho trovato il tuo bellissimo blog: complimenti per tutto, anche per il raffinatissimo layout!
Grazie Patrizia per i complimenti che fanno sempre piacere! Dove scrivi le tue recensioni? Sono curiosa di leggerti. E ti aspetto qui, ancora. A presto
Racconta la storia di un gruppo di soldati italiani in missione in Afghanistan. La base si trova in pieno deserto e mentre i soldati sono in attesa che si compia il loro destino, emergono le loro storie:
il tenente medico Egitto che alle spalle ha una famiglia molto difficile;
il soldato Giulia Zampieri, l’unica donna della compagnia che ci fa fare una brutta figura!
il caporalmaggiore Torsu che vive una relazione virtuale;
il caporalmaggiore Camporesi marito e papà affettuoso;
il caporalmaggiore Cederna lo spaccone del gruppo;
il maresciallo Renè che per arrotondare lo stipendio faceva sesso a pagamento.
E tanti altri personaggi che ti accompagnano nel racconto.
Questo libro come “La solitudine dei numeri primi” mi è piaciuto molto. La scrittura di Giordano mi cattura e mi avvolge fino alla fine.
Secondo me questo romanzo è stato più o meno coscientemente concepito come sceneggiatura cinematografica, con i flashback al punto giusto, i momenti di interiorità da manuale, il malinconico finale da storia che non conclude. Si legge bene, ma innova poco.
..io l’ho trovato semplicemente meraviglioso, coinvolgente e mi ha emozionato tantissimo. Inoltre non riuscivo a smettere di leggere perchè dopo poche pagine mi sembrava di conoscere i protagonisti da sempre.
Infine, come ne LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI c’è la grandezza di Giordano nel descrivere in un certo senso l’arrendevolezza “alla vita” che ciascuno di noi prima o poi “deve accettare”. Spesso i tentativi di avere una vita diversa si rivelano vani.