Fabrizio De André, Alessandro Gennari Un destino ridicolo

28 maggio 2012
Scritto da: Rossana Russo

Fabrizio De André, Alessandro Gennari Un destino ridicolo (Einaudi Tascabili, 2005, € 9,50). Si può sfuggire a un destino ridicolo? «A cosa serve tutto questo? Vivere, soffrire e tutto il resto». «A niente. Non a niente in assoluto ma a niente per quanto ci riguarda come individui che comprendono solo ciò che possono distruggere. E in questa infinita gratuità intravedo quello che ho sempre cercato nell’anarchia: una libertà assoluta, inconprensibile ed estranea alle nostre spiegazioni, qualcosa che mi viene spontaneo chiamare Dio». Questo libro è un cerchio. Non un sfera! No, no un cerchio che inizia e termina nello stesso “posto” ma non sai certo quali siano il punto di partenza ed il punto di arrivo, se non fosse per quei coriandoli sul treno che aprono e chiudono la narrazione. All’inizio pensi che i protagonisti siano Bernard, Carlo, Salvatore. Poi punti su Alessandro. Ma no! Il protagonista assoluto è quel Fabrizio anello di congiunzione dei vari personaggi che animano questa storia (e lo sento mentre canta Boccadirosa: solo chitarra e voce roca, graffiata dal fumo delle sigarette, graffiante di protesta ed invettive, amara, scanzonata di prese per il c…o).

Una storia che ha lo stesso sapore salato di un mare ora piatto ora in tempesta come l’alternanza di emozioni che colpisce chi recita in questo racconto e coloro i quali lo “guardano” dall’esterno. Ho cercato di dare un volto ad ognuno di loro, un colore, una caratteristica, un timbro ad una voce. Non so chi mi piaccia di più. Ognuno è, a suo modo, “eroe caduto”, disilluso e fallito. Tradito dalla vita, dall’amore, dagli ideali, ferito nei sentimenti. Prendiamo Benard, non crede più crede troppo. Un anarchico che si arrende e sceglie la strada più semplice ma, sicuramente, attraverso un tortuoso percorso interiore di stravolgimenti e crisi che nel libro si intravedono e percepiscono ma non sono raccontate. Gli ideali in cui hai tanto sperato e per i quali hai lottato finiscono sempre per lasciarti un vuoto dentro perché, in fin dei conti, sono una chimera, un’utopia e forse ne sei già consapevole, sin da quando decidi che per quegli ideali combatterai! Bernard tenta di aiutare Alessandro ma chi aiuterà lui dal diventare la caricatura di un fallito che, alla fine, incanala il proprio furore politicosocialesete di giustizia verso la via sbagliata?Perché quando i sogni che ti hanno guidato e sedotto finiscono per abbandonarti hai solo due possibilità: rimboccarti le maniche e tentare di riconquistarli o lasciarli per sempre cercando “sollievo” solo momentaneo in qualcosa che ti appaia più facile e più redditizio (chè la giustizia ed il bene comune non ti “danno il pane”) e passi dall’altra parte della barricata, dalla parte di chi vince sempre anche se sai che con certa gente non hai alcunché da spartire. «Non ti va di fare quello che ti viene proposto, di scegliere tra sfruttati e sfruttatori. Così fai una specie di parodia, una caricatura dello sfruttamento, fai alla luce del sole quello che gli industriali e le persone per bene fanno per consuetudine, ammantandosi di alibi e nascondendosi dietro le istituzioni». Se non è un urlo di resa questo!è il titolo stesso del libro a suggerici che ognuno di noi vive o affronterà un Destino ridicolo se non riesce a comprendere bene la propria strada e se smette di credere che le cose possano cambiare. O forse dobbiamo accontentarci di ciò che siamo, di ciò che abbiamo, dell’adesso, senza pensare a domani perché «La favola di un paradiso oltre la vita, che udiamo sin da piccoli e che dovrebbe aiutarci a sopportare il peso del modo, ci porta ad immaginare il luogo di un’ipotetica interezza là dove non siamo» e quindi tendiamo a raggiungere degli obiettivi che, realizzati, ne impongono sempre di nuovi e si crea un circolo vizioso che ci fa sentire incompleti, ci fa tendere verso una perfezione che in realtà non esiste, alla ricerca di qualcosa che, forse, possediamo già ma non “vediamo”.Appaiono necessarie più letture per capire meglio, cogliere le sfumature tra le righe e.E, poi, c’è questa frase: «Tutti i ricordi che si riferiscono alle persone con cui abbiamo condiviso dei sentimenti sono dolorosi.O perché le amavamo e non possiamo più farlo, o perché ci stavano sui coglioni e ne conserviamo comunque una memoria molesta…».

Post letto 1311 volte


Scrivi un commento



*




Segui questo link per ricevere nuovi post dal blog!