amore non convenzionale
(Carla De Bernardi Qualche lontano amore)

30 marzo 2012

Carla De Bernardi Qualche lontano amore (Mursia € 16,00, pp. 202). Ecco un libro che non avrei mai letto se non fosse stato per la rubrica che tengo su Donna Moderna e per una collega che mi ha spinta a farlo. Non lo avrei letto perché si tratta di una storia puramente sentimentale e fortemente autobiografica, due qualità che di per sé in genere non mi incuriosiscono. Non ho trovato un capolavoro, lo dico subito, ma nemmeno puro intrattenimento rosa – benché, raccontando una storia d’amore, possa essere letto anche così. La ragione per cui vi parlo di questo romanzo è che mi ha colpita la “verità” dei sentimenti che racconta, e il modo in cui riesce a oggettivarla.

È la storia di una educazione sentimentale, anzi di una autoeducazione, perché in amore è  così: bisogna imparare da soli. Clara (anagramma del nome dell’autrice, e non pare un caso) ha avuto due mariti e vari amanti. Ma è con Juan, incontrato un’estate in Costa Azzurra, che scopre un legame vero in cui eros e psiche si fondono senza che uno prevalga sull’altro. Juan  è sposato e ha occhi scuri e bugiardi, e «Clara detestava sentirsi in quel modo atroce che la rendeva un’invalida. Un’invalida mentale, dal pensiero ripetitivo e ossessivo, confuso e maniacale». Per lei è il primo legame “completo”, non riesce a mollarlo, l’unico in cui eros e psiche si fondano senza farsi la guerra. Si rivedono a Milano, Juan la ama ma diventa sfuggente, Clara scopre che l’amore è anche «violento. Non perché usa la forza, ma perché esercita un potere, il potere di uno sull’altro. L’amore era un’altalema mentre avrebbe potuto essere una danza».

Juan e Clara attraversano situazioni che sembra li stiano separando, loro stessi si allontanano, la natura del rapporto cambia, subentra la nostalgia per l’innocenza del tempo in cui tutto era facile come è facile all’alba di ogni amore. Giungono al punto di svolta, quello che non tutte le coppie conoscono, perché molte lì si perdono, e ho trovato bella questa descrizione:

«Non aveva capito che la felicità non era scomparsa, ma che aveva solo cambiato aspetto e per farlo aveva dovuto confrontarsi con il dolore.

Il suo, ma anche quello di Juan. Sperava che anche lui lo capisse.

Prima era una felicità superficiale, ma era forte, era spavalda, era intrepida, era avventurosa.

Loro giocavano con lei e lei con loro.

Quando aveva cominciato a diventare vera era diventata fragile.

Fragile, non debole, sono cose diverse.

Avrebbero dovuto trattarla bene, accoglierla, proteggerla e invece l’avevano guardata con sospetto e l’avevano scacciata, rischiando di trasformarla nel suo opposto.

Per fortuna non ci erano riusciti».

La relazione con Juan si intreccia al racconto in flashback degli amori passati di Clara e leggendoli si capisce (meglio di quanto lo si capisca con i propri) che ogni storia è un passo verso la meta: un legame senza sopraffazione, in cui la prima cosa che Clara (e ogni donna) deve amare è se stessa.

Poi il finale aggiunge qualcosa di meno scontato. Clara sa che Juan non sarà mai solo suo.

«Sapeva che non avrebbe mai dovuto cercare di portarlo via.

Quello che voleva era amarlo e che Juan la amasse.

Non esisteva un solo modo per stare insieme e loro, che non potevano farlo come lo fanno tutti, avrebbero dovuto incentarne uno nuovo. Senza egoismi né sopraffazione, senza ingordigia né accanimento.

Un amore libero, allegro, pieno di gioia e di verità.

Un amore fervido, un amore di frontiera.

Avrebbero cercato un tempo che fosse solo loro e chiuso fuori dal mondo.

Avrebbero trovato una strada senza un arrivo e che, per questo, forse non avrebbe avuto una fine».

L’amore non è convenzionale, ma in pochi sono disposti ad ammetterlo. Ed è questo che qui ho apprezzato.

Scritto da: Francesca Magni

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(Carla De Bernardi Qualche lontano amore)”


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