Giorgio Bassani Gli occhiali d’oro

19 febbraio 2012
Scritto da: Sara

Ho da poco visto un bellissimo film: Una giornata particolare di Ettore Scola del 1977 con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. La vicenda si svolge tutta in un solo giorno, “una giornata particolare”, speciale, perché a Roma è atteso l’arrivo del Führer, in visita ufficiale per la prima volta in Italia. Quasi tutti gli abitanti dell’enorme complesso popolare si recano in festa verso il corteo che annuncerà l’arrivo di Adolf Hitler, ma Antonietta e Gabriele non vi parteciperanno. Antonietta, magnificamente interpretata da una Sophia Loren pienamente calata nella parte di donna succube del marito e confinata nella sua ignoranza, deve rimanere a casa, per riordinare e cucinare il pasto per la sua numerosa famiglia; Gabriele, naturalmente impersonato da Marcello Mastroianni (che ricevette per la sua interpretazione anche la nomination agli Oscar come Miglior Attore), è un radiocronista dell’Eiar da poco allontanato dal servizio, e rappresenta il ceto medio, un uomo dotato di una certa cultura che è chiaramente distante dalla visione politica fascista. I due si conoscono per caso e Antonietta, soggiogata dal fascino di Gabriele e dalla sua sobrietà, tenta di offrirsi a lui in un momento di profondo sconforto, convinta che ciò possa rappresentate per lei una specie di via di fuga dagli obblighi familiari e da una vita che non le piace, ma da cui non è ancora riuscita a staccarsi. A quel punto, però, Gabriele è costretto a confessarle la sua omosessualità, che è anche il motivo per cui viene licenziato dalla radio e per cui sarà, sul finale del film, condotto al confino.

Questo film mi è piaciuto tantissimo – e potrei parlare a lungo di tutti i particolari che mi hanno colpito (anzi, se qualcuno di voi l’ha visto, come l’ha trovato?) – e mentre scorrevano i titoli di coda, mi sono resa conto che la storia mi ricordava un’altra vicenda, un romanzo che avevo letto alle superiori, Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani (Oscar Mondadori, pp. 114, € 7,80), così l’ho riletto in questi giorni, perché mi ero dimenticata alcuni passi e devo riconoscere di averlo molto apprezzato sia quando lo lessi la prima volta, sia ora, nonostante solitamente io non rilegga quasi mai un libro già letto. La scrittura di Bassani è scorrevole e diretta; il suo stile è essenziale, ma senza esagerare e, a mio parere, si colloca perfettamente nel contesto temporale in cui viene ambientato il romanzo breve, che racconta la storia del dottor Athos Fadigati, uno specialista agiato e molto colto che appartiene all’alta borghesia ferrarese del periodo fascista, quando Mussolini sta arrivando all’apice del suo potere e le leggi razziali stanno per essere promulgate. Il medico, prima apprezzato da tutta la collettività per le sue competenze, viene repentinamente isolato da tutto e tutti in seguito alla diffusione capillare di un pettegolezzo, di un pregiudizio tanto crudele quanto inutile, riguardante la sua presunta omosessualità. Egli, dal carattere tanto buono quanto influenzabile, si identificherà sempre più nella maschera che gli è stata calata addosso e, sempre più solo, non sarà in grado di reagire. Questo “lungo racconto” raccoglie tutto lo spirito dell’epoca, il presentimento che qualcosa stia per accadere e la sensazione di profonda solitudine che si nasconde nella vita di tutti, nella vita del dotto Fadigati, confinato ai margini della società, e nella vita della giovane voce narrante, un ragazzo ebreo che studia alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna e che vede all’orizzonte prospettarsi una serie di  avvenimenti che inevitabilmente lo colpiranno.

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