Wislawa Szymborska 1923 – 2012
È morta a 88 anni nella sua casa di Cracovia la poetessa polacca Wislawa Szymborska (1923 – 2012) di cui pochi giorni fa rileggevamo una poesia. Quando se ne vanno persone come lei, come Christa Wolf scomparsa il mese scorso, ho l’impressione che la terra diventi più pesante: pensieri, menti, cuori come il suo rendono il mondo e più lieve. La profondità è levità. Le anime grandi sono leggerissime. Wislawa Szymborska ha ricevuto il Nobel per la Letteratura nel 1996. Qui una sua poesia a cui tengo molto… E alcune gallery di foto bellissime: qui (1), qui (2) e qui (3)
–
La cipolla
La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.
–
Wislawa Szymborska
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Tags: La cipolla, poesia, poetessa, Wislawa Szymborska
Splendida anche questa!
In giro ci sono molti che si professano poeti ma pochi che lo sono veramente. Wislawa Szymborska lo era e in quanto tale molto più risalto dovrebbe essere dato alla sua scomparsa. La vera poesia non è sapienza e non presuppone la logica. La poesia non nasce per piacere ma nasce per necessità umana. La poesia non è superflua perché senza di essa non potrebbe mai nascere il pensiero. L’uomo prima di razionalizzare idee forma fantasmi, sente il mondo con animo perturbato e commosso. Prima di articolare canta. Questo è Wislawa Szymborska.
Ti ringrazio per averla ricordata nel tuo blog.
Dalla stessa raccolta de La Cipolla vorrei proporre un’altra poesia
Ringraziamento
Devo molto
a quelli che non amo.
Il sollievo con cui accetto
che siano più vicini a un altro.
La gioia di non essere io
il lupo dei loro agnelli.
Mi sento in pace con loro
e in libertà con loro,
e questo l’amore non può darlo,
ne´ riesce a toglierlo.
Non li aspetto
dalla porta alla finestra.
Paziente
quasi come un orologio solare,
capisco
ciò che l’amore non capisce,
perdono
ciò che l’amore non perdonerebbe mai.
Da un incontro a una lettera
passa non un’eternità,
ma solo qualche giorno o settimana.
I viaggi con loro vanno sempre bene,
i concerti sono ascoltati fino in fondo,
le cattedrali visitate,
i paesaggi nitidi.
E quando ci separano
sette monti e fiumi,
sono monti e fiumi
che si trovano in ogni atlante.
È merito loro
se vivo in tre dimensioni,
in uno spazio non lirico e non retorico,
con un orizzonte vero, perché mobile.
Loro stessi non sanno
quanto portano nelle mani vuote.
“Non devo loro nulla” –
direbbe l’amore
su questa questione aperta.
Bellissima anche questa. Stasera riaprirò i suoi libri e mi lascerò prendere da quella magia che produce la mano sulle pagine: guidata da una sapienza inconsapevole, in genere si posa sulla poesia che parla “proprio a me”, proprio ora. Chiunque di voi abbia una poesia amata di Wislawa Szymborska, la ricordi qui.
Propongo anche io una poesia di Wislawa Szymborska, l’ho scelta dalla raccolta Discorso all’ufficio oggetti smarriti.
Apprezzavo di lei l’ironia lieve, il tono colloquiale, il pensiero limpido.
CONTRIBUTO ALLA STATISTICA
Su cento persone:
che ne sanno sempre più degli altri
– cinquantadue;
insicuri a ogni passo
– quasi tutti gli altri;
pronti ad aiutare,
purché la cosa non duri molto
– ben quarantanove;
buoni sempre,
perché non sanno fare altrimenti
– quattro, be’ forse cinque;
propensi ad ammirare senza invidia
– diciotto;
viventi con la continua paura
di qualcuno o qualcosa
– settantasette;
dotati perla felicità,
al massimo poco più di venti;
innocui singolarmente,
che imbarbariscono nella folla
– di sicuro più della metà;
crudeli,
se costretti dalle circostanze
– è meglio non saperlo
neppure approssimativamente;
quelli col senno di poi
– non molti di più
di quelli col senno di prima;
che dalla vita prendono solo cose
– quaranta,
anche se vorrei sbagliarmi;
ripiegati, dolenti
e senza torcia nel buio
– ottantatré
prima o poi;
degni di compassione
– novantanove;
mortali
– cento su cento.
Numero al momento invariato.
Sulla morte, senza esagerare
Non s’intende di scherzi,
stelle, ponti,
tessitura, miniere, lavoro dei campi,
costruzione di navi e cottura di dolci.
Quando conversiamo del domani
intromette la sua ultima parola
a sproposito.
Non sa fare neppure ciò
che attiene al suo mestiere:
né scavare una fossa,
né mettere insieme una bara,
né rassettare il disordine che lascia.
Occupata a uccidere,
lo fa in modo maldestro,
senza metodo né abilità.
Come se con ognuno di noi stesse imparando.
Vada per i trionfi,
ma quante disfatte,
colpi a vuoto
e tentativi ripetuti da capo!
A volte le manca la forza
di far cadere una mosca in volo.
Più d’un bruco
la batte in velocità.
Tutti quei bulbi, baccelli,
antenne, pinne, trachee,
piumaggi nuziali e pelame invernale
testimoniano i ritardi del suo ingrato lavoro.
La cattiva volontà non basta
e perfino il nostro aiuto con guerre e rivoluzioni
è, almeno finora, insufficiente.
I cuori battono nelle uova.
Crescono gli scheletri dei neonati.
Dai semi spuntano le prime due foglioline,
e spesso anche grandi alberi all’orizzonte.
Chi ne afferma l’onnipotenza
è lui stesso la prova vivente
che essa onnipotente non è.
Non c’è vita
che almeno per un attimo
non sia stata immortale.
La morte
è sempre in ritardo di quell’attimo.
Invano scuote la maniglia
d’una porta invisibile.
A nessuno può sottrarre
il tempo raggiunto.
È facile parlare di un romanzo: chi legge vuole dire, ha urgenza. Cosa ha pensato, cosa ha provato, le critiche, il piacere.
Della poesia in genere si tace. La leggiamo tutti, ogni tanto, un po’ come di nascosto; a volte pensiamo di “non capirla”, lo temiamo per poi vedere che non c’è da capire, c’è da sentire «La vera poesia non è sapienza e non presuppone la logica» ha scritto Luca qui sopra in un commento bellissimo. Abbiamo pudore a dire “io leggo poesia”. Una poesia non spinge al passaparola, non chiede commento. Crea un effetto che non ha a che fare con la parola. Scrive ancora Luca: «L’uomo prima di razionalizzare idee forma fantasmi, sente il mondo con animo perturbato e commosso. Prima di articolare canta».
Ecco perché nessuno di noi ha pensato di commentare i versi di Wislawa Szymborska: li abbiamo scritti qui, raccolti, scambiati, donati, ascoltati.
In genere apro libri di poesie quando sono disorientata o quando trabocco di qualche sentimento, quando la logica non serve. Quando non so articolare,cerco un canto.
E voi?
Leggo poesie soprattutto quando mi sembra di non trovare delle risposte, delle certezze o per lo meno delle spiegazioni alle cose che mi succedono e brancolo nel buio perchè non riesco a individuare nessun “appiglio” leggendo un romanzo o ascoltando musica o guardando un film. Così mi “rivolgo” alla poesia e trovo sempre le parole giuste, come se l’autore/autrice dei versi che sto leggendo parlasse proprio a me e li avesse scritti proprio per me. Condensato talvolta in pochi versi, leggo il significato più giusto e più intimo del mio stato d’animo e mi rendo conto che, nelle situazioni più “estreme”, quando annaspo per venire fuori da tante emozioni diverse, bastano poche, essenziali parole per ridarmi una boccata di aria fresca. A quel punto, quando riesco a riorganizzare i miei pensieri, tento di scrivere anche io qualche verso, perchè così facendo, seppur in quantità millesimale, mi sembra di “restituire la cortesia” all’autore/autrice delle poesie che ho letto, e anche perchè voglio vedere scritte sulla carta le emozioni che provo, per poterle rileggere ogni tanto e ritornare col pensiero ai messaggi che le poesie lette prima di scrivere mi hanno trasmesso.
Scoperta da poco ed è stato subito amore a prima vista…grazie per quello che hai scritto, è vero quando qualcuno di grande ci lascia è come se venisse a mancare qualcosa di ‘magico’, quel qualcosa che ci accompagna nel quotidiano e che lascia un segno, un’emozione in noi|||
NULLA E’ IN REGALO (dalla raccolta Vista con Granello di sabbia pag 207)
Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo,
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita
E’ così che è stabilito,
il cuore va reso
e il fegato va reso
e ogni singolo dito.
E’ troppo tardi per impugnare il contratto.
Quanto devo
mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo
tra una folla di altri debitori.
Su alcuni grava l’obbligo
di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza,
rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare
ogni tessuto che è in noi.
Non un ciglio, non un peduncolo
da conservare per sempre.
L’inventario è preciso,
e a quanto pare
ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare
dove, quando e perché
ho permesso che aprissero
questo conto a mio nome.
La protesta contro di esso
la chiamano anima.
E questa è l’unica voce
che manca nell’inventario.