quel bigné avanzato
(Massimiliano Verga Zigulì)
Massimiliano Verga, Zigulì (Mondadori, 2012, € 16,50, pp. 186). Ho scelto di rimettere in cima agli articoli questo post perché stanno arrivando molti commenti, interessanti e intensi. Danno ragione a Massimiliano e alla sua forza di dire la verità-di-un-genitore-di-disabile. E mi è piaciuta la definizione di Stefania: “la disabilità è un amore potente e una incazzatura costante”…
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Massimiliano Verga, Zigulì (Mondadori, 2012, € 16,50, pp. 186). Jacopo era in classe con mia figlia alla materna. Aveva due anni più di lei, come usa oggi, dai tre ai cinque tutti nella stessa classe. Jacopo aveva due genitori dalla faccia simpatica, look un po’ alternativo, bassino il papà, altissima la mamma. Un giorno arrivarono con un passeggino, il secondo figlio. Più piccolo ma con una faccia un po’ da grande come hanno i bimbi disabili, eterni infanti con una strana “vecchiezza” in viso. La prima volta che lo vidi ebbi il lampo di un ricordo. Avevo pochi anni, l’età di mia figlia alla materna, e sedevo sull’asse rosso che fungeva da tavolo alla carrozzina di mio zio. Lo zio Luca. Anzi, Lozioluca, anche nei nomi dei bambini disabili qualcosa non torna, come nelle loro facce. Lozioluca ha solo dieci anni più di me, siamo stati bambini insieme, mi tirava i capelli forsennatamente e io li tiravo a lui per farlo smettere mentre spalancava la bocca in una risata gocciolante bava, pazza di divertimento e simile a un barrito. Poi scrollava la testa, mi lasciava andare e i suoi occhi tornavano beffardi, belli, indecifrabili.
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Lozioluca era parte dell’arredo di cucina della casa della nonna, seduto sulla carrozzina che ogni tanto gli rubavo per sgommare in corridoio – ero campionessa con i freni a leva e nelle manovre di parcheggio tra il letto e la scrivania, mentre la nonna urlava Franceeeesca riportami la carrozzina del Luca! Lozioluca adorava le auto, sfogliava sempre lo stesso Quattroruote finché non era logoro come un cappotto vecchio, da piccolo tentava qualche passo appoggiando entrambe le mani all’armadiatura in corridoio e trascinando i piedi uno dietro l’altro, accavallati, una specie di passo incrociato che imitavo con perfezione perversa. Imitavo anche le auto che disegnava impugnando la matita come un bastone, dritta col pugno chiuso, le faceva tutte uguali all’infinito finché le mani non si sono anchilosate e non è più riuscito. Le gambe si sono anchilosate più in fretta, il passo incrociato è rimasto un ricordo dei suoi primi anni, quelli sotto i sedici. Che lui lo ricordi, però, non è affatto certo. Mi raccontavano che il suo cervello è quello di un bambino di quindici mesi, ma credo non esista niente di più ricettivo di un cervello di quell’età: credo volessero dirmi, con quella spiegazione, che Lozioluca non avrebbe mai imparato a leggere o a sostenere una conversazione, che si sarebbe fossilizzato in quell’età acerba e indistinta.
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Attorno al tavolo di fòrmica in cucina Lozioluca sedeva con il bionno e la bionna, cioè i miei bisnonni. Li trovavo così quando andavo a trovarli; la nonna accudiva i genitori e il figlio con la stessa dedizione, madre bizzarra di creature rimastele appiccicate per scherzo della natura. A 96 anni la bionna se n’è andata, il bionno è rimasto fino ai 102 sulla sedia di cucina con Lozioluca che spalancava la bocca nel suo ghigno sonoro e bavoso quando lui si chinava per accarezzarlo; anche a lui afferrava i capelli bianchi cortissimi e il bionno urlava Piantala che mi fai male e Lozioluca rideva come un matto.
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Ma il ricordo più vivo è il bigné avanzato. C’era sempre un bigné che rimaneva sul vassoio nei pranzi della domenica e la nonna lo conservava per Lozioluca. Il suo bambino più piccolo. Il suo parto incompiuto. Il quarto figlio che aveva dato alla luce grosso e sano e che a 15 mesi un’encefalite aveva reso tetraplegico spastico epilettico senza possibili evoluzioni, solo involuzioni. Ogni tanto lo guardavo con rabbia in quegli occhi bellissimi identici a quelli di suo fratello maggiore sano, anzi più belli e più dolci, costretti ad annegare in un viso in cui qualcosa non sarebbe mai tornato e provavo in corpo il dolore e la rabbia furiosa e l’orrore e il disgusto e la rassegnazione e la frustrazione e la pena e la dolcezza che la nonna non ha mai detto, ma che gli faceva schizzare in bocca sotto forma di ripieno alla crema del bigné avanzato.
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E comunque, con tutto questo, con tutte le sere che ho aiutato la nonna a mettere a letto Lozioluca e ridevamo chiamandolo papa di gesso perché era duro e compatto e rideva anche lui mentre lo calavamo come un salame dalla carrozzina a forza di reni e la nonna piccola e esile era un toro e infilargli il pigiama con le ginocchia di legno incollate fra loro e il pannolone poi sostituito da una specie di raccoglitore moderno della pipì e la mattina portarlo in bagno e fare il bagno a Lozioluca era un’impresa mensile ma lavarlo a pezzi seduto sulla carrozzina era un part-time dalle otto a mezzogiorno sette giorni su sette e la colazione, il latte sbrodolato, il pranzo di traverso a ingozzarsi, bocca spalancata viso paonazzo poi blu poi viola e alla fine bianchissimo e collassato dopo che la nonna con una mano in gola lo aveva liberato e a tutti i commensali lo stomaco si chiudeva ma non lo davano a vedere. E comunque, con tutto questo, con tutti i giorni di bambina passati nella cucina della nonna con Lozioluca, il papà di Moreno ha ragione a scrivere «Ci si riempie la bocca quando si parla di disabili. Ma il mondo esterno non sa fino in fondo di che cosa sta parlando. L’ho già detto: che cosa è la disabilità puoi saperlo soltanto se hai un figlio handicappato».
E io, benedicendo la buona sorte, ho due figli sani.
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Moreno ha 8 anni, un cervello grande come una caramella Zigulì, non vede, non parla, non ricorda, non capisce, non sa desiderare un gelato. Suo padre, Massimiliano Verga, docente di filosofia del diritto, ha buttato giù buona parte di questo libro in una notte, dopo un pomeriggio al parco giochi con Moreno. Grazie per aver scritto cose come queste:
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«Se potessi avere cinque centesimi per tutte le volte che mi fai incazzare, avrei tanti soldi da poter mantenere il quartiere in cui vivo. Mentre se potessi avere cinque centestimi per tutte le volte che mi hai reso felice, forse potrei comprarmi un gelato».
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«A quante cose ho rinunciato da quando sei nato? Non saprei dire, ma ragioniamo per approsimazione. Ad esempio, prendiamo un dizionario e mettiamo in fila tutti i verbi che troviamo. Tranne la forma riflessiva di “incazzare”».
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«Per un genitore, un figlio handicappato sta a un figlio sano come per un alpinista una valigia sta a uno zaino».
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«Vuoi sapere quanto sei insopportabile, a volte? Guarda fino a dove riesci a vedere e moltiplica quella distanza per dieci. Già, dimenticavo, non ci vedi…».
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«Faccio di tutto per non averti fra i piedi. La vita è più semplice se non ci sei. Non ho neppure particolari sensi di colpa, quando trovo qualcuno a cui lasciarti per qualche ora. Quando però stiamo lontano per un po’ di giorni, arrivo a dire che sento la tua mancanza. Sarà l’abitudine. Ma non farlo sapere in giro».
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Scritto da Francesca Magni
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Grazie Francesca per averci regalato una testimonianza così personale. La parola handicappato era scritta a lettere cubitali sul parabrezza della macchina di mio padre da sempre. E non riesco a non sentire disprezzo e offesa quando sento quella parola. Problema mio direte… Sicuramente, ma la disabilità è un’ingiustizia che fa gridare l’anima. Mio padre ha avuto la poliomielite a sei anni e d’allora ha dovuto conquistarsi tutto trascinandosi, con una dignità commovente, su due bastoni. Ma quella scritta sul parabrezza aveva per lui un peso che ci ha fatto pagare come figli e che ancora paghiamo. Adesso so che è giusto così, che è il minimo che posso fare per risarcirlo di una cattiveria che non si è meritato.
Amo mio padre, adesso che sono grande e riesco a capire quell’aggressività, ma ne ho avuto paura per anni. Avevo puro terrore a restare a casa sola con lui. Non mi faceva niente, ma la sua ira si accendeva per niente. Anzi per tutto, per tutto quello che lui non poteva fare e pretendeva facessimo noi. La disabilità è un vortice che risucchia chiunque ci passi vicino, forse è per questo che ancora adesso si tende a rimuovere, non vedere.
Sto leggendo questo libro con le pagine socchiuse come se aprirlo completamente potesse farmi male. Capisco la Rabbia di Massimiliano Verga e quello che mi spiace è che non c’è niente da dire.
Francesca, quello che hai scritto è bellissimo, commovente, vero. E vale per tante altre malattie che legano il destino di chi è malato per sempre a colui (più sovente colei) che lo cura.
Grazie per avermi fatto conoscere Lozioluca e Moreno.
Sì, la disabilità è un vortice che risucchia e trattiene per sempre. Posso contare sulle dita di una mano, forse mezza, le settimane che mia nonna ha trascorso in vacanza lontana da suo figlio.
Voglio ripetere le parole di Roberta perché mi hanno colpita: “Capisco la Rabbia di Massimiliano Verga e quello che mi dispiace è che non c’è niente da dire”.
Francesca, questo è uno dei tuoi post più belli di sempre, da te profondamente sentito e da me, empaticamente, intensamente condiviso.
Zigulì me lo compro, Massimiliano e Moreno se lo meritano.
mi fai arrossire…
Anch’io comprerò il libro per regalarlo. E dirò a tutti quelli che posso di fare lo stesso.
Questo post è bellissimo: grazie Francesca per aver condiviso un pezzetto della tua vita con noi e avercene parlato in modo così semplice e puro! Hai tutta la mia stima e la mia ammirazione per questo, perchè scegliere di condividere le particolarità della propria vita con le altre persone è sempre una scelta coraggiosa e siccome a me il coraggio ogni tanto manca, leggere le tue parole mi fa capire che a volte raccontarsi può essere utile anche a chi ti ascolta!
Grazie Sara, condividere è l’esercizio che permette di individuare il comun denominatore fra noi. Se non lo si fa si resta soli
Ammiro e rispetto tutti voi che avete la forza e la capacità di esprimere, con semplicità e dolcezza, un argomento così intimo e lacerante.
ho visto il prof Verga alla trasmissione invasioni barbariche, sono una logopedista e condivido ogni affermazione del padre.
Spesso noi terapisti abbiamo la sensazione di avere la capacità di aiutare gli altre, a volte ci riusciamo ma sono i bambini come Moreno che mettono in gioco le nostre vere capacità mettendoci in crisi, in discussione e alla verifica costante di noi stessi.
Mi piacerebbe conoscere personalmente i genitori di Moreno perchè avrei il desiderio di comunicare la mia personale esperienza e vorrei comunicare a loro di non sentirsi mai soli.
Oltre ad acquistarlo penso che risolverò il problema dei regali per diverse persone, grazie di averlo scritto.
Questo uomo ama moltissimo suo figlio, soffre insieme a lui, vorrebbe essere lui al posto suo, non sopporta di vederlo così, ha tanta rabbia con lui, con se stesso, con Dio, ed e’ così impotente, qualsiasi cosa faccia e del tutto inutile, niente migliorerà la situazione, i miracoli non accadono purtroppo.
Questo uomo ogni giorno vive un dramma, tra odio e amore, tra tenerezza e crudeltà.
Moreno non lo sa, per Moreno non c’è differenza, se ragiona, certamente non si chiede se è l’unico al mondo a vivere così , se non è giusto che suo padre lo racconti così, non lo saprà mai.
Intanto suo padre continua ad accudirlo tra rabbia e compassione, parla ai suoi due figli che stanno bene, dicendo che diventeranno uomini e che dovranno arrangiarsi da soli perché loro potranno farlo! Mentre suo fratello avrà sempre bisogno di qualcuno accanto, qualcuno che potrebbe non essere uno di loro, ma qualcuno che dovranno trovare loro quando lui, (il padre) non ci sarà più.
Questo e’ amore, questo è impegno è responsabilità è dedizione è realismo.
In bocca al luppo Massimiliano e lunga vita
Sono rimasta angosciata e sconvolta nel conoscere la triste storia di Massimiliano Verga, ho condiviso tutte le sue parole, ho comprato il suo libro che non so se riusciro’ a leggere tanto mi ha colpito quanto gli e’ successo.
Chi ha figli sani non si rende conto della fortuna che ha rispetto tanto dolore che provano genitori meno fortunati.
A Parlare di questo argomento si rischia di cadere nella banalità di frasi fatte ed emozioni gratuite. Solo a chi capita una tragedia così penso possa capire veramente che la propria vita viene stravolta e distrutta.
Voglio rivolgere a Massimiliano tanta solidarietà e un grande in bocca al lupo.
Non ho visto l’intervista, ma stamani ho letto. Il libro dovevo già comprarlo. Lavoro con i bambini disabili da circa 25 anni. Sono referente del CTS, Centro Territoriale Supporti, della provincia di Prato. Sono insegnante di sostegno “PER PROFESSIONE”, come dico io, perché mi piace. La disabilità è un amore potente ed una incazzatura costante. Quando l’ho incontrata per la prima volta mi ha fatto capire la mia strada. A 53 anni sono un pò stanca ma sempre orgogliosa di combattere per i “Mariolini Rossi” della situazione che non parlano, che ti aggrediscono, che sbavano, che scappano, ma con i quali puoi trovare una chiave di accesso e riuscire a comunicare magari attraverso una serie di fischi modulati… Una soddisfazione incredibile. Lavoro in una scuola comune che si è attrezzata ad accogliere la disabilità grave e che si è mossa per modellare gli spazi, le attività ed i tempi per migliorare il quotidiano scolastico. La cosa più bella è che le strade intrapese per la disabilità fanno crescere meglio la “normalità” anche se questa parola non può avere un concetto ben definito! Don Milani diceva: «Non c’è peggior ingiustizia che far parti uguali tra disuguali».
Stefania
Grande Massimiliano, soprattutto perchè sei il padre…! Si sa che per voi papà è molto più difficile avere consapevolezza della disabilità di un figlio ed amarlo a dispetto di ciò che è! Sono la madre di Luca e lui, come Moreno, è talmente sfigato che per descrivere il suo handicap è più facile dire cosa sa fare: bere, mangiare, dormire e catalizzare completamente la tua attenzione su di lui. Dipendente dall’adulto, non riconosce pericoli ed imbarazzi, flatulenza e rutti limitano la mia vita sociale e di conseguenza la sua.
Anch’io trovo terribili frasi tipo: “sei una madre speciale”, “queste cose accadono a chi le può soppotare”, “tuo figlio è un dono”… ma di chi, chi mi ha odiato così tanto da regalarmi ciò? Perché merito questa galera? Sì, sono prigioniera dell’handicap di Luca così come tu lo sei di Moreno. Non so se sarò mai libera… ma già mi sento meno mostro a sapere che anche altri genitori non fanno la fila a Lourdes.
Regalato da una persona speciale, letto in una sera….pensieri che vagano per la mia testa…che sono sempre li dal lontano 20 febbraio 1976 quando un mattino la mia vita da dodicenne,figlia unica, coccolata, amata, viziata, viente sconvolta dalla nascita di un fratello…un fratello che nasce senza preavviso, senza prepararmi, nessuno mi aveva avvertito che la mia vita sarebbe cambiata! Tutto cambia, le mie abitudine le mie necessita vengono cancellate all’improvviso da un fratello cerebroleso, asfissia neonatale, emorragia endocranica, quante cavolo di parole sconosciute x una bimba di 12 anni. Ma giorno dopo giorno tutto prende un disegno, un disegno maledetto, un disegno dove ti ritrovi e vorresti urlare ai tuoi genitori che a te tutto questo nn piace, che nn puoi vivere quella vita, nn la vuoi…vuoi la tua vecchia vita, che ora e spazzata via da medici, medicine, crisi epilettiche, ignoranza, paura, domande senza risposta, pianti….ma una risposta esiste “tu sei sana, nn darmi problemi vai avanti anche da sola, nn hai bisogno di noi,” percio’ MAssimiliano so che sei un grande padre ma ricordati sempre che gli altri tuoi bimbi hanno bisogno di te come MOreno, aiutali a crescere come tutti gli altri bimbi….nn e sufficiente pensare che sono incazzati, loro sono molto più che incazzati…e molte volte nn ti diranno nulla perché i loro problemi nn possono essere confidati a te perché sei occupato a risolvere un problema molto più grande dei loro. In bocca al lupo a te e ai tuoi figli, ogni tua parola, ogni tua frase del libro e’ una ferita sulla mia pelle e mai guarita. Anto
Cara Francesca, non ho letto il libro ma ho visto la trasmissione e ho letto l’intervista su Donna Moderna. In entrambi i casi ho pianto tanto perché anche io, come Massimiliano, ho un figlio gravemente disabile. Sentendo la descrizione di Moreno peró mi sono sentita fortunata….pensa un po’. Lorenzo ha 10 anni e vuole stare sempre in braccio ( con noi genitori, a scuola è bravissimo e sta seduto). La fortuna però è che, nonostante non parli, non cammini e sia tetraplegico, il suo cervello funziona molto bene. Questo ci ripaga degli immensi sacrifici che facciamo anche se, tante volte, anche noi abbiamo detto a Lorenzo delle frasi poco piacevoli. Voglio dire a chi scrive i commenti che, se conoscono genitori con figli disabili, che gli stiano vicini, molto vicini perchè mantenere i contatti con il mondo esterno ci aiuta molto. Abbraccio Massimiliano perché capisco esattamente cosa si prova quando urlano per un’intera giornata e tu, sfinita, rimani lì a guardare e ti distruggi perchè non riesci ad aiutarli. E’ veramente dura ma ancora riesco a sperare in una vita migliore per noi e per lui.
Sono felice che si sia creato, grazie a Zigulì, uno spazio intimo in cui raccontarsi al di là del velo di retorica che Massimiliano Verga ha meritoriamente strappato.
Ieri mi ha scritto per ringraziare del dibattito che ha visto nascere in questa pagina: non ha postato un commento qui, dice, «perché i racconti che stanno prendendo corpo in quello spazio non meritano di essere interrotti da altre mie parole». Taccio anch’io e ascolto. Ascolto voi.
Sono un Animatore di Comunità presso “Il Girasole”, Centro Diurno per Disabili di Grosseto. Caro Massimiliano anche io preferisco la parola “disabile” a “diversamente abile”, anche io provo rabbia verso le burocrazie e le politiche inadeguate verso chi vive la vita nella condizione
tua e di Moreno ed anche io amo e odio il mio lavoro che paradossalmente
mi lega a chi è completamente non autonomo e non produttivo.
Oltretutto per mille euro al mese (e sono fortunato).
ciao e grazie per aver condiviso i tuoi pensieri.
simone capuzza
Grazie Francesca per il coraggio di dare la notizia.
Grazie a Massimiliano Verga per il coraggio del suo Amore.
Libro unico assolutamente da leggere (e non solo…)
Carissimo signor M. Verga, è da un po’ di anni che attendevo di leggere un libro come il suo. Ho quasi 40 anni ma non sono mamma (quindi non posso conoscere il disagio del genitore di un handicappato), ma per lavoro ho avuto a che fare con disabili mentali (lievi e gravi) e fisici.
Sinceramente non penso che il suo sia un libro “crudo”. E’ la necessità di urlare il proprio disagio scrivendolo. C’è chi urla l’amore e c’è chi urla l’odio, vanno rispettati tutti e due. E lo ha scritto molto bene, così bene a tal punto che mentre leggevo mi sentivo addosso gli odori, le puzze, le bave, i graffi, i vomiti, gli abbracci e i morsi dei ragazzi della comunità in cui lavoravo. E’ un insieme di emozioni contrastanti……. ciao da Fefi.
Ho trovato il libro di Massimiliano Verga splendido. Capitoli brevi e frasi simili ad aforismi per descrivere una vita non con lo sguardo patetico e di autocommiserazione ma con molta rabbia, rassegnazione per una vita che dovrà per forza essere diversa da quella che aveva immaginato, fatica, debolezza e brevi attimi di pura gioia. Incidentalmente conosco la famiglia di Massimilano, i suoi figli frequentavano la stessa materna dei miei. e lo ringrazio perché mi ha mostrato quello che nella mia distrazione non ho mai notato.
Ho finito di leggere ieri il libro di Massimiliano Verga, divorato in due sere ma destinato ad essere riletto e riletto e riletto e riletto e riletto! Uno dei libri più interessante che abbia mai letto! Scritto anche con mano ironica ..e in questo Massimiliano è stato fantastico, riuscire a descrivere certe situazioni sdrammatizzando come ha saputo fare lui, è molto più che un esempio è…un miracolo! Il libro è carico di rabbia (legittima), di pura disperazione e abbandono, ma anche di amore e “speranza” ..e poi quella complicità con Moreno che emerge a tratti, è davvero commovente!!
Alla fine poi.. Massimiliano, quando mandi quel messaggio ai fratelli di Moreno, quando li vuoi “alleggerire” ma con responsabilità…beh , lasciatelo dire, tu sei molto di più di un papà..tu sei un Super papà! Grazie per aver scritto questo libro e naturalmente…forza Inter!!!
grazie Massimiliano per aver scritto il libro che tutti noi genitori di ragazzi disabili avremmo potuto ,voluto scrivere…..
e’ solo che a volte manca il coraggio di esprimere cio’ che veramente proviamo….tu hai avuto il coraggio di farlo……GRAZIE…..
mentre leggevo il libro, ho avuto quasi la senzazione di avere scritto di mio pugno cio’ che leggevo….ma…….l ho scritto io?????
ho trovato tanto….TUTTO……….. di me e di mia figlia ….
UN ABBRACCIO SINCERO E….AVANTI TUTTA…
DAVVERO GRANDE!!!!!!
Prof Verga grazie! Quanto è bello leggere la verità in questa ifa ih olà troppo buonista ed ignorante per essere in grado di riconoscerla! Grazie! Il suo mondo è la mia realtà, ma solo in parte perché sono una terapista e so che il mio mini inferno in cui pulisco bava, cacca, becco calci,sputi, distorsioni varie a polsi e ginocchia, mi rompo la schiena non è nulla con l’inferno di 7 giorni su 7, 24h su 24. Peró sperimento la verità. Tutti i giorni. Nella bava c’è tanta verità, ti dà l’occasione di raggiungere l’autoconsapevolezza, dove non esistono le palle da raccontarsi. Qualcuno crede che per essere un buon terapista devi raccontarti un sacco di palle, invece solo se ti dici la verità lo sarai. Se sai che quel bambino non parlerà mai perchè non ne ha neurologicamente i presupposti non sei spietato o cinico, non sei pessimista, sei realista e ti farai il culo per lavorare sulle altre cose che puoi raggiungere (fosse anche solo il benessere fisico)! I genitori dei miei bambini si fidano di me perché sanno che quella del “dono” non gliela propineró mai, anzi diró loro che mi dispiace di questa immensa sfiga che è capitata, che hanno diritto a incazzarsi (caso mai in Italia fosse vietato pure questo) e che dal canto mio mi adopereró per fare ció che so fare, che coprirà purtroppo solo in parte il mare dei loro bisogni, ma per quella parte ci saró. Fossi brava come il prof avrei scritto due parole intelligenti, ironiche, fiere e precise come bisturi e non questo mare per dire che mai un libro mi ha fatto ridere e piangere contemporaneamente e così di gusto da non riuscire a trattenermi! Mai uno o l’altro, sempre e solo insieme! Pazzesco! Grazie! Menomale che l’ho letto prima di imbattermi nei vari post in giro e in quella orrida intervista, altrimenti non me lo sarei goduta. Solo qui mi sono fermata e con stima e riconoscenza per ció che hanno scritto gli autori dei post, ho scritto la mia. Buona vita a tutti. Fra
[…] post è sul blog di Francesca Magni, post seguitissimo e molto commentato. L’articolo è qui Il libro, lo consiglio caldamente, […]
Ho letto il libro sono padre di un ragazzino autistico uno zigulì un po’ più autonomo, mi ci ritrovo nel bellissimo pensiero di questo libro, l’amore paterno di cui poco si parla. il mio zigulì “mi dice ti amo papà sei il mio preferito” aggiungo sono l’operatore della legge 104/92 quella che m.v. chiama 208.
È proprio un libro politicamente scorretto ma dove l’amore scorre come un fiume carsico.
con affetto
Anch’io ho letto il libro in una serata, sono un ormai anziano poliomelitico, mi sono ammalato a 13 anni quando a Torino festeggiavamo il “centenario”dell’unità d’Italia, perchè mandare un commento? Perchè ho avuto modo di leggere sulla disabilità in un modo diverso e “reale” sia nel libro che nei vari commenti e ciò mi ha coinvolto e incoraggiato; inoltre mi permette di ripensare al mio vissuto e agli atteggiamenti diversi delle persone che ho incontrato. Interessanti anche i commenti dei figli di persone disabili, vorrei conoscere quelli dei miei tre figli, comunque una lavora come insegnante, come è successo per me per ben ventottanni, è ha fatto a lungo “il sostegno” ed il più giovane lavora in un centro diurno per adulti con problemi, ma ciòl che più conta, lo fanno con piacere. Grazie ancora, anche alla ragazza di mio figlio che me lo ha passato perchè lo restituissi in biblioteca. Come mai?
Oggi alla Fnac cercavo un libro….ma non l’ho trovato, tra i tanti ho visto questo…..ho letto qualche pagina e ho pensato “ma l’ha scritto mio padre?”…. ho una sorella di 2 anni piu’ grande di me con una malattia genetica rarissima…una vera è propria “zigulì”…..ho solo da dire “Grazie”…..si ha paura di dire determinate cose perché si ha paura di essere giudicati…ma nessuno…ripeto nessuno….può capire come famiglie….si distruggono o si uniscano quando ci si trova in davanti a tutto ciò….essere genitori è già difficile, pensare di esserlo di una “Zigulì” è ancora più difficile……oppure essere Sorella/fratello……Grazie Massimiliano…hai dato voce a dei pensieri non urlati per non Odiarsi in un mondo familiare già così difficile……
il cuore stretto tra quel prato di margherite da non schiacciare e la consapevolezza che questo grande padre abbia il diritto che “gli altri” lo guardino negli occhi, in silenzio e rispetto.
Grazie
Sto leggendo il libro….quando lo finisco lo passo ai miei 2 figli perchè sappiano quanto fortunati sono……..
ho letto anch’io il libro Zigulì di una anche dolcezza che ti fa capire quanto si è fortunati a non avere e/a non essere come Jacopo . sopratutto al pensiero che faranno queste creature quando i genitori non ci saranno più chi li amerà come loro? chi si inc….rà con amore come loro?
Pensiamoci noi “sani” quanto ci inc….moper delle schiocchezze.
saluti a tutti.
Anch’io sono una mamma di un figlio disabile di 29 anni,ed un’insegnante di sostegno alla scuola secondaria per scelta. Sono quindi sempre a contatto con la disabilità a casa e a scuola. Leggo tutti i libri che parlano di handicap specie autobiografici. Oggi una mia amica mi ha telefonato per invitarmi a Mantova alla presentazione del libro. Ci sarò senz’altro,ma prima spero di riuscire a leggere “zigulì” anche se il tempo è tiranno ….Condivido che la disabilità si può capire del tutto solo se si ha un figlio handicappato. Ora dopo l’accettazione devo risolvere ancora il problema del “dopo di noi genitori” chi ci sarà….e purtroppo ho scelto a suo tempo di non fare altri figli,sbagliando . Bravo Massimiliano che hai avuto la forza di generare un altro figlio!
Grazie…senza altre inutili parole.
…Credo che indipendentemente da Moreno, Massimiliano abbia smesso di difendersi e di amarsi (potrebbe capitare a tutti noi un giorno di essere stanchi di darle, di diventare cattivi e non amarsi più)
… ma credo, anche, che con il suo libro Massimiliano abbia tirato un bel pugno a tutti, burocrazia, manuali, leggi, buona educazione e anche a Dio(qualunque sia l’idea che si abbia di Lui).
…credo che tutti, dopo aver letto “Zigulì” abbiano occasione di riflettere, sia chi ha avuto a che fare con la disabilità o chi non si è mai posto il problema (è arrivato il momento di farlo fosse anche solo per dire “mi è andata di culo…e lo riconosco”)
…credo che il buon senso, davvero, non sia più di moda (mi riferisco alla lotta contro la burocrazia e a molto altro…)
…credo che veramente quando Moreno ride non te ne fotte niente di ciò che succede intorno.
A voi, Massimiliano, Jacopo,Cosimo e alla mamma
una muta vicinanza di pensiero, anche perchè non posso altro.
A Moreno non posso molto ma, vorrei tu mi regalassi un sorriso…
un libro che non avrò il coraggio di suggerire alla mamma della mia utente, ma che suggerirò agli addetti ai lavori.
non ho capito tutto, è troppo personale per farlo, ma quello che ho capito è stato spiegato veramente bene.
ringrazio chi lo ha pubblicato, e verga che lo ha lascito fare.
questo libro mi ha scosso anche perchè è un padre. e tutto accudimento, l’elaborazione delle emozioni non me le aspetto, purtroppo, da un padre.
se serve, se arriva, un pensiero a Francesca , la mamma di Moreno.
Non ho ancora letto il libro, che mi è stato suggerito da una mia collega.
Sicuramente lo comprerò, ma dentro di me dovrò trovare il coraggio di leggerlo perchè, dalle poche righe che ho trovato sul web, ho già capito che troverò tanto di me, e la cosa mi fa un po’ paura.
Sono anch’io mamma di una piccola Zigulì, forse ancora più piccola di Moreno: Bea è invalida grave al 100%, non parla, non cammina, non mangia autonomamente (ma solo tramite sondino), è epilettica e ipovedente. Ha quasi 10 anni e non ha ancora una diagnosi se non una terribile definizione cha riassume tutte le sue patologie: pluriminorata.
Bea è arrivata dopo averla attesa 13 anni e dopo l’adozione di un fantastico bambino. E la nostra vita è finita in un tritacarne, assieme a quella del fratello che, sul più bello che aveva trovato una famiglia e due genitori che, finalmente, l’avrebbero amato, ha dovuto crescere più in fretta degli altri, rinunciando ad una parte del suo essere bambino (di tre anni).
E allora ti chiedi perchè. Perchè proprio a noi? Perchè proprio a lei? Durante la gravidanza mi immaginavo ai giardini assieme ai miei due cuccioli, e invece il primo anno di vita l’abbiamo passato completamente in ospedale: nata in agosto dimessa a luglio dell’anno successivo. Con il fratello sballottato tra nonni, zii, cugini… E poi un susseguirsi di ricoveri, interventi, periodi di benesse e nuovi ricoveri… Ora abbiamo trovato un discreto equilibrio e con l’aiuto di medici validi cerchiamo di gestire a casa la maggior parte delle emergenze.
Vogliamo un bene dell’anima al nostro “rottamino” (così la definisce il papà!), ma è una vita faticosa per tutti e la rabbia, la pena, l’angoscia non ci abbandonano mai.
Ammiro il coraggio di Massimiliano Verga, il coraggio di dire ciò che ogni genitore di un figlio disabile almeno una volta nella vita ha pensato.
E come ha scritto Patrizia Tatti, non voglio più sentirmi dire che sono una mamma speciale, che Dio ti dà solo ciò che sei in grado di sopportare, che se è capitato a me è perchè io posso gestire la situazione… Forse che se mia figlia fosse stata “normale” non ne sarei stata capace? Tutte banalità, frasi fatte… La verità è che la disabilità spaventa, tutti, e per primi noi genitori.
Un abbraccio a Massimiliano e a Moreno. E ai miei cuccioli: non vi cambierei con nessuno al mondo!
A questi genitori vorrei far conoscere l’associazione LEGA DEL FILO D’ORO
via Montecerno ,1 600027 Osimo (AN) specialista nelle patologie cognitive e sordo ciechi . http://www.legadelfilodoro.it
Avevo appena finito di urlare con i miei bimbi di 12 e 5 anni che non riescono a trovare 5 minuti per condividere con serenità le cose. Sempre a litigare per tutto ,a correre su e giù per casa, a mettere disordine in ogni stanza, quando ho letto le prime pagine del libro.Mi sono venuti i brividi ed ho pensato che sono fortunata perche’ i miei figli saltano,vedono urlano,quando c’e’ chi darebbe la propria vita per avere un figlio che si comporti allo stesso modo
Dove finisce il buonismo inizia la realtà.
Lavoro da molti anni con bambini disabili. Mi occupo di neuromotoria e in questo momento ho in trattamento una bambina di 3 anni con una sindrome genetica che coinvolge due cromosomi.
La disabilità ci permette di entrare in connessione con quella parte di noi che vorremmo rigettare. La parte egoista, che chiede sempre e non dà nulla in cambio.
La disabilità è una postazione strana dalla quale osservare manie e idiosincrasie di chi disabile non è.
Quando guardo gli occhi di M. so che la purezza è di questo mondo e che c’è speranza.
Proprio oggi pomeriggio parlavo con la madre, una ragazza di appena 23 anni che mi ha riempito di domande.
Come sarà la mia bambina? Parlerà? Sarà accettata dagli altri? Avrà una vita normale? Potrà sposarsi? Avere figli?
L’ho guardata perché dentro di me c’è la forza della ribellione e le ho detto che tutto questo si vedrà, che è più importante che M. non soffra, possa avere una vita dignitosa, allegra, spensierata. E per il momento è così.
Siamo noi adulti a riempire tutto ciò che ci circonda di aspettative non limitandoci a rispettare la natura delle cose.
Dobbiamo omologare, ricondurre, specializzare, quando invece l’esistenza è sfaccettata, mai conforme al nostro desiderio spesso ristretto.
Il problema siamo noi.
Non c’è malizia nel mondo di questo scricciolo con gli occhioni marrone scuro e la boccuccia incredula che dice aaaaammmmm! quando le porgo il cucchiaio con un po’ di pastina dentro.
Non c’è dolore nel suo viso ovale, modellato leggermente dalla sua patologia.
C’è serenità. C’è la delicatezza di un mondo che non ci appartiene perché troppo limitati, noi sì, nel nostro quotidiano di “normalità”.
Perché non c’è peggior sentimento di quello che si nasconde nell’intimo di un uomo che non è in grado di mettersi nei panni di un “disabile”.
A chi? A lei.
Cara M. io ti voglio bene.
Non c’è tenebra ma luce diversa. Pura.